Gli effetti delle droghe sono modulati dall’ambiente, dallo stress e da altri fattori sociali

Consumare una sostanza psicoattiva a casa e da soli, ad esempio l’ecstasy, non ha gli stessi effetti che dà assumerla insieme ad altre persone, in discoteca, o durante un rave. Lo sanno purtroppo bene i consumatori. Comunemente invece si pensa che gli effetti delle sostanze psicoattive legali, come alcol e tabacco, e delle droghe illegali siano determinati in modo specifico dall’azione che esercitano sul cervello in virtù delle peculiarità chimiche e farmacologiche che le distinguono tra di loro. Questa idea porta così a supporre che gli effetti delle sostanze e gli eventuali danni causati dal loro uso siano sostanzialmente indipendenti dalle differenze biologiche e psicologiche di chi le usa e slegati dalla diversità dell’ambiente in cui vengono consumate e dalle ragioni per cui vengono assunte.

Alcune linee di ricerca innovative sulla cosiddetta neurofarmacologia comportamentale stanno invece dimostrando in modo sperimentale in che modo e per quali meccanismi biologici l’azione delle sostanze psicoattive sia largamente modulata da fattori indipendenti dalle specifiche proprietà chimiche e farmacologiche di ognuna di loro.

Ne parlerà in dettaglio Aldo Badiani, direttore dell’Addiction Research & Intervention Centre dell’Università del SUSSEX alla prossima edizione della Scuola di Neuroetica – corso ECM per medici, psicologi, educatori professionali e professioni sanitarie, che si svolgerà a Trieste dal 16 al 18 settembre prossimi e sarà dedicata a “Emozioni, Linguaggio e Autocontrollo”. (tutte le informazioni sul programma, le modalità di iscrizioni e richiesta di borse di studio al sito http://neuroetica.sissa.it/).

 

Gli effetti delle droghe dipendono dall’ambiente in cui vengono consumate

Francis Gruber, Senza titolo, 1946

Ad esempio l’azione stimolante della cocaina è acutamente amplificata dalla sua assunzione in luoghi diversi da casa, in presenza di stimoli eccitanti o in contesti potenzialmente rischiosi. Ciò accade perché la novità, gli ambienti estranei, il rischio, la presenza di stimoli eccitanti reclutano i sistemi nervosi di allerta, i quali funzionano per l’attivazione dei circuiti cerebrali della dopamina e della noradrenalina: gli stessi che vengono sollecitati dalla specifica azione neurofarmacologica della cocaina. In questo modo si realizza un’azione sinergica di attivazione che rinforza gli effetti ricercati da chi assume la cocaina. Il contrario accade quando questa sostanza viene consumata in ambito domestico, nella propria casa.

L’ambiente domestico è un contesto che il cervello classifica come luogo sicuro, di conforto, di riposo. Questa codifica cerebrale della casa mette in moto i dispositivi nervosi e fisiologici correlati: l’attivazione del sistema nervoso parasimpatico (rallentamento del battito cardiaco, della pressione, ecc.) e in parte del sistema degli oppioidi endogeni, delle endorfine e anche del sistema degli endocannabinoidi e dunque dell’insieme dei processi che favorisco il rilassamento, il recupero, l’assimilazione dell’energia e dei nutrienti. Questi processi sono chiaramente in contrasto col tipo di azione che la cocaina innesca a livello cerebrale e fisiologico, ma risultano coerenti con quelli che tendono a sollecitare l’eroina e la cannabis, le quali, per queste ragioni, sono più comunemente consumate in ambienti domestici e in momenti della giornata, che evocano sicurezza, calma, abbandono.

Le ricerche sperimentali dimostrano che le variabili ambientali nel consumo di sostanze psicoattive influenzano grandemente anche le ricadute. Negli animali astinenti ma precedentemente resi dipendenti da una sostanza, ad esempio la cocaina, tende a ristabilirsi il consumo se la cocaina viene somministrata nuovamente in ambienti estranei. Ciò non avviene quando la cocaina viene fornita in quelli dove l’animale passa gran parte della giornata.

 

Stress, effetti delle sostanze e dipendenze

Altro fattore non farmacologico determinante nell’azione delle sostanze psicoattive è lo stress. La ricerca ha ormai ampiamente dimostrato come lo stress fisico e lo stress sociale favorisca l’avvicinamento alle sostanze psicoattive e, per chi già le usa abitualmente aumenti il desiderio, il craving, e quindi anche la ricerca e il consumo.

Lo stress attiva una imponente cascata di eventi fisiologici, endocrini e cerebrali che idealmente serve a migliorare la risposta comportamentale verso stimoli nocivi o comunque sgraditi e disadattativi. Ma quando le condizioni stressanti si mantengono a lungo nel tempo o non vengono rimosse queste risposte fisiologiche, come soprattutto la presenza di cortisolo nel cervello (che in acuto è invece una risposta adattativa perché genera allerta e attivazione), inducono una serie di lesioni funzionali che favoriscono la ricerca e il consumo di droghe, alcol e tabacco. La permanenza di elevati livelli di cortisolo nel cervello infatti causa degenerazione e morte neuronale per fenomeni di eccesso di eccitazione soprattutto nella corteccia prefrontale, la regione cerebrale che media la regolazione degli impulsi, delle emozioni e l’autocontrollo. Anche il sistema dopamina con lo stress cronico va incontro a una serie di trasformazioni che compromettono l’esperienza del piacere e della ricompensa e favoriscono così la ricerca di agenti farmacologici in grado di compensare il deficit percepito nei processi di gratificazione. Abbiamo parlato in dettaglio della relazione tra stress e vulnerabilità all’uso delle sostanze in diversi articoli su Psicoattivo, si veda ad esempio questo.

Tutte queste evidenze indicano che una migliore conoscenza delle variabili ambientali e sociali degli effetti delle sostanze psicoattive sarebbe una promettente via per mettere a punto strategie di intervento sulle dipendenze e la loro prevenzione più efficaci e razionali di quelle ideologicamente legate alla guerra alle droghe.

Stefano Canali

 

Riferimenti bigliografici

Ahmed SH, Badiani A, Miczek KA, Müller CP. Non-pharmacological factors that determine drug use and addiction. Neurosci Biobehav Rev. 2018 Sep 1. pii: S0149-7634(18)30364-6. doi: 10.1016/j.neubiorev.2018.08.015.

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