Premiare l’astinenza dal fumo per curare il tabagismo

E’ il metodo della cosiddetta gestione della contingenza di rinforzo alla luce degli studi di efficacia. Quanto funziona, come, quali sono le sue basi psicologiche e neurobiologiche?
Ne parlo in un mio intervento appena uscito su Repubblica online a proposito di un recentissimo studio di revisione sull’efficacia di questa tecnica per il trattamento del tabagismo (Notley C, Gentry S, Livingstone‐Banks J, Bauld L, Perera R, Hartmann‐Boyce J. Incentives for smoking cessation. Cochrane Database of Systematic Reviews 2019, Issue 7. Art. No.: CD004307):

Ho trattato questo argomento in precedenza anche in alcuni articoli qui sul sito Psicoattivo, ad esempio:
http://www.psicoattivo.com/gestione-della-contingenza-e-di…/

 

Ma cos’è la gestione della contingenza di rinforzo?

La gestione della contingenza di rinforzo è un modello di terapia comportamentale in cui un individuo viene rinforzato, vale a dire ricompensato, quando dimostra un cambiamento comportamentale nella direzione dell’obiettivo di cura. Nella cura delle dipendenze questo significa che il paziente viene ricompensato con denaro, voucher per servizi (ingressi in piscina, al cinema), oppure buoni per l’acquisto di generi alimentari, vestiti, e così via, ogni volta che gli esami tossicologici si dimostrano negativi, cioè ogni volta che dimostra di essere stato astinente.

Questo approccio è fondamentalmente basato sui principi del condizionamento operante o apprendimento strumentale definiti per la prima volta in modo sistematico da Burrhus Skinner, secondo cui un comportamento viene appreso o modificato in funzione delle sue conseguenze. Vale a dire, ciò che un individuo fa o impara a fare dipende dalle conseguenze del suo comportamento stesso. Schematicamente si può dire che se un determinato comportamento è seguito da una conseguenza positiva, una ricompensa, allora l’individuo tenderà a ripetere quel comportamento. Al contrario se una data azione è seguita da una conseguenza negativa, una punizione o un danno, allora l’individuo tenderà ad evitare quell’azione stessa.

 

Premiare l’astinenza funziona!

William Turner, Luce e colore (la teoria di Goethe). 1843

La letteratura sull’efficacia della gestione della contingenza nel trattamento delle dipendenze è molto vasta. Ad esempio uno studio multicentrico in 14 centri condotto su più di 800 soggetti in cura per abuso di stimolanti ha misurato l’effetto differenziale della gestione della contingenza rispetto al trattamento standard per 12 settimane. In entrambi i gruppi studiati era prevista la raccolta delle urine due volte a settimana. Nel gruppo arruolato nella gestione della contingenza i soggetti ottenevano una estrazione per un premio compreso tra 1 e 100 dollari ad ogni riscontro negativo, cioè ad ogni prova di astinenza. Nel corso del trattamento, il numero di estrazioni aumentava in relazione al numero di prove consecutive di astinenza. Una metà del campione era stata reclutata in gruppi trattati con interventi psicosociali, l’altra metà in gruppi trattati con farmaci. Tra i gruppi trattati con interventi psicosociali la gestione della contingenza ha aumentato la ritenzione in trattamento, con il 49% dei soggetti che ha completato le 12 settimane rispetto al 35% trovato nei gruppi senza ricompense. La media delle settimane consecutive di astinenza nel gruppo con gestione della contingenza è stata di 4,4 contro le 2,6 del gruppo senza ricompense. La percentuale di individui in astinenza per tutte le 12 settimane è stata circa 4 volte maggiore nei gruppi con gestione della continenza (18,7% contro 4,9%).

Tra i gruppi trattati con farmaci, l’astinenza da cocaina è stata significativamente aumentata con la gestione della contingenza con una media di 2,8 settimane rispetto a 1,2 settimane nei gruppi senza ricompensa. Allo stesso modo i gruppi con gestione della contingenza hanno visto aumentare la numerosità dei soggetti in astinenza per tutte le 12 settimane di studio rispetto ai gruppi senza rinforzo: 5,6% contro il solo 0,5%.

Analoghi effetti positivi di questa strategia di intervento sono stati riportati per altre forme di dipendenza come ad esempio per gli oppioidi, per la #cocaina, per #alcol#cannabis#benzodiazepine#tabacco e altre sostanze. Una metanalisi della letteratura su 34 studi di efficacia di interventi psicosociali per il trattamento delle dipendenze, come terapie cognitivo-comportamentali, prevenzione delle ricadute, gestione della contingenza e altre, ha dimostrato che la gestione della contingenza ha il più elevato tasso di efficacia per la ritenzione in trattamento e l’ottenimento dell’astinenza quando somministrata da sola e erogata in associazione alle altre terapie psicosociali ne raddoppia il tasso di efficacia.
Esistono alcuni limiti, soprattutto riguardanti la durata dell’efficacia dell’intervento. Sembrano presenti rischi di ricadute dopo alcuni mesi. D’altra parte questi rischi sono tipici di tutti gli interventi di recupero delle dipendenze.

 

Esiste un diffuso pregiudizio verso le tecniche di rinforzo da parte degli operatori dei servizi per le dipendenze

A dispetto dell’efficacia così chiaramente attestata, la gestione della contingenza continua a restare una delle forme di trattamento sperimentalmente validate meno conosciute e usate in clinica. A livello internazionale sono pochi gli operatori del settore che conoscono questa strategia di intervento e ancora meno sono quelli che effettivamente la usano in clinica. In Italia, verosimilmente la situazione è ancora peggiore, per tutta una serie di ragioni culturali, forse sarebbe meglio dire ideologiche, e organizzative che rendono difficile accettare questo approccio e innestarlo nella pratica.

Questa scarsa considerazione potrebbe dipendere in primo luogo dalle permanenti lacune formative del personale rispetto alle scienze del comportamento in generale e all’analisi comportamentale applicata e dunque alla gestione della contingenza in particolare. Sembra esistere, tuttavia, da parte del personale che opera nel settore un forte pregiudizio morale verso un approccio comportamentista e la cosiddetta token economy: quella delle tecniche psicologiche basate sui sistemi di rinforzo a gettoni e sui rinforzi monetari. Questo pregiudizio è inoltre mantenuto e alimentato dalla profonda disconnessione tra ricerca e pratica clinica, che continua a rendere scarsamente diffuse la scelta e l’adozione di interventi terapeutici basandosi su evidenze, su prove empiriche di efficacia.

Per ulteriori approfondimenti e bibliografia scientifica si vada sul sito Psicoattivo
http://www.psicoattivo.com/gestione-della-contingenza-e-di…/

Stefano Canali

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