Stress sociale cronico, infiammazione, alterazioni genomiche e depressione

Lo stress sociale altera l’espressione genica, modifica la barriera ematoencefalica, favorisce l’infiammazione cronica e la compromissione dei centri cerebrali che mediano il piacere e la motivazione: avvia, mantiene e amplifica un loop depressivo.

“La più terribile di tutte le ire: l’ira dell’impotenza”
Michail Afanas’evic Bulgakov, Il Maestro e Margherita: Libro primo, cap. secondo – Ponzio Pilato

Lo stress sociale cronico

Negli studi su modelli animali di stress sociale vengono ricreate quelle diverse condizioni che nella specie umana determinano difficoltà esistenziali, stress poco fronteggiabile e alla lunga depressione o addirittura suicidio: situazioni di prevaricazione, bullismo, sconfitta, rigetto sociale, isolamento, deprivazione materiale, ambienti spogli e inospitali, punizioni costanti, stress e dolore per acquisire cibo e acqua, privazione di cure parentali e legami affettivi. È un campionario di strumenti terribili che tuttavia, spesso, non arriva a rappresentare lo sfacelo, il dolore e l’impotenza che sperimentiamo noi umani in certe situazioni cui ci costringe la nostra esistenza e soprattutto i nostri modelli di vita, certi spietati meccanismi socioeconomici.

 

La risposta immunitaria allo stress cronico

In questi modelli sperimentali di stress cronico sociale si determina una prolungata attivazione del sistema immunitario. Questa attivazione è normalmente una risposta adattativa che serve all’organismo per contrastare gli stimoli che possono produrre stress: infezioni, traumi, reazione fisica, lotta, fuga. Per orchestrare questa risposta il sistema immunitario usa, tra gli altri, le citochine, dei messaggeri pro-infiammatori che vengono rilasciati nel sangue dai linfociti T e dai macrofagi. Ma se lo stress persiste e la reazione infiammatoria viene mantenuta eccessivamente nel tempo l’eccesso di citochine sembra provocare danni infiammatori consistenti, concorrere ad esempio alla formazione di placche aterosclerotiche nelle arterie e favorire così infarti cardiaci e anche cerebrali. Ciò è ampiamente dimostrato in letteratura scientifica.

 

Le alterazioni genomiche, cerebrovascolari e psicologiche dello stress sociale cronico

Ma, come indicano alcuni studi sperimentali (ad esempio Menard et. al, 2017), nello stress sociale cronico, e con la correlata infiammazione cronica, si riscontrano anche modificazioni genomiche che in parte compromettono la sintesi di proteine importanti nella costruzione, nel mantenimento e nella costante riparazione della barriera ematoencefalica. In questo modo si modifica la permeabilità di questa fondamentale struttura e aumenta la penetrazione nel cervello delle citochine, come l’interleuchina-6. Questa è una citochina multifunzionale che può agire come agente pro-infiammatorio che come che messaggero anti-infiammatorio. Nel cervello questa citochina innesca anche una serie di comportamenti associati all’infiammazione. Come abbiamo visto, l’infiammazione quando non diventa cronica è una risposta riparatoria. E i processi di riparazione sono facilitati dal riposo, dal ritiro. Per questo le risposte comportamentali indotte da una più elevata presenza di certe citochine nel cervello somigliano a condizioni depressive: apatia, ritiro, isolamento, anedonia, vale a dire incapacità di provare piacere e motivazione a cercare il piacere. Un riscontro sperimentale comune nei pazienti depressi è il più elevato tasso di citochine nel sangue.
Le trasformazioni genomiche innescate dallo stress sociale cronico e la modificazione della permeabilità delle cellule endoteliali nel cervello che queste determinano alterano infine anche la struttura e il funzionamento dei vasi sanguigni del Nucleus accumbens il perno del sistema cerebrale della ricompensa, il cuore del cervello legato al piacere e alla motivazione ad agire per raggiungere un obiettivo desiderato (si vedano qui in dettaglio le funzioni di questo sistema). Questa ulteriore compromissione amplifica i sintomi depressivi e debilita ulteriormente le capacità di agire per fronteggiare la situazione, favorisce la resa di fronte alle condizioni avverse.

 

Quali implicazioni per la ricerca e il trattamento della depressione?

Dal punto di vista clinico questi studi sui meccanismi genomici attivati dallo stress sociale cronico possono contribuire alla messa a punto di trattamenti farmacologici tarati sulla specificità genetica del paziente; possono aiutare a comprendere meglio perché certe persone, e quindi certi profili genetici, e certe storie di vita, e quindi specifiche traiettorie epigenetiche, possono portare a decorsi depressivi diversi. In alcuni casi le persone riescono a guarire, in altre si ha remissione ma si vede una maggiore vulnerabilità a un nuovo evento depressivo, in altre ancora si assiste alla resa: il suicidio o quella specie di morte da vivi che è la depressione cronica, quella senza nemmeno la forza di farla finita.

Caspar David Friedrich Il Monaco in riva al mare (Der Mönch am Meer), 1808-10

Mi viene di rappresentare così questa condizione tanto spaventosa.

È una risacca lenta di onde della sfortuna
dei personali errori e dell’altrui prepotenza
che cresce e insegna dentro, nel silenzio
la tempesta più forte e distruttiva,
la calma piatta della propria impotenza.

Bisogna aver cura delle persone in affanno, di chi patisce la sconfitta senza reagire, di chi si arrende, di chi si isola. La tristezza e la depressione non sono un vezzo o il segno di una cattiva volontà, di indolenza. Sono il circolo vizioso della paralisi dell’anima e della rottura di meccanismi del cervello. Bisogna in tutti i modi aiutare a camminare queste persone come aiutiamo chi non riesce a muovere le gambe. Da sole spesso non possono più rialzarsi.

 

Riferimenti bibliografici

Menard C, Pfau ML, Hodes GE, et al. Social stress induces neurovascular pathology promoting depression. Nat Neurosci. 2017;20(12):1752–1760)

 

Stefano Canali

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