Regolare le emozioni: rivalutazione cognitiva e racconto degli stati emotivi

La capacità di controllare la rabbia, attenuare la tristezza, prolungare l’allegria, vincere o contenere la paura, mascherare e superare la vergogna, o ancor meglio gestire uno stimolo emotivo prima che inneschi la concreta reazione emotiva, insomma, regolare le proprie emozioni è una competenza fondamentale a tutte le età. La ricerca indica che la regolazione delle emozioni è uno dei fattori più impattanti sulla salute mentale e fisica. Le emozioni negative fuori controllo si traducono in stress prolungato, possono portare a forme di ritiro sociale e apatia o al contrario a comportamenti impulsivi e violenti. Lo stress cronico attiva una cascata di eventi neuroendocrini capace di produrre lesioni ai circuiti cerebrali e compromettere strutture e funzioni nelle aree della corteccia da cui più dipendono i processi cognitivi superiori, come le funzioni esecutive e l’autocontrollo. Questi danni funzionali possono così favorire proprio i deficit nella regolazione delle emozioni e degli impulsi, in un micidiale circolo vizioso. Emozioni negative non regolate favoriscono inoltre comportamenti orientati a strategie distorte di automedicazione, come il consumo di cibo spazzatura, di sostanze psicoattive.

 

La rivalutazione cognitiva

Ferdinand Hodler, Ergriffenheit (emozione), 1900

Tra le forme più efficaci di regolazione delle emozioni c’è la rivalutazione cognitiva, cognitive reappraisal (Buhle et al., 2014[i]; Gross, 2015[ii]).

La rivalutazione cognitiva è una strategia di regolazione flessibile basata sul controllo cognitivo e sulle funzioni esecutive in grado di ristrutturare il quadro degli stimoli o delle situazioni nell’ambiente interno o esterno in vista del cambiamento del loro significato e della loro valenza emotiva.

Una strategia di reappraisal è, ad esempio, quella di riconsiderare l’effetto di una certa situazione emotiva, al di là dell’immediatezza, in un arco temporale più grande, oppure valutarne l’impatto confrontando situazioni simili o più complesse emotivamente vissute da altri, oppure ancora esplorando prospettive alternative per dare senso a ciò che stiamo pensando o a quello che sta accadendo;

 Attraverso la rivalutazione cognitiva di una situazione emotivamente rilevante è possibile modificare il significato affettivo dell’evento stesso e quindi il suo impatto, il livello di stress che porta e la forza dell’impulso a reagire, che quell’evento tende a determinare nell’immediato. Il reappraisal è un cambiamento cognitivo che avviene dall’alto verso il basso, un processo top-down, dalla corteccia frontale – sede dei processi cognitivi e di controllo volontario – al cervello emotivo-impulsivo profondo: amigdala, setto, accumbens e in generale il sistema limbico. Gli studi di neuroimmagine dimostrano che il reappraisal attiva le aree dell’elaborazione cognitiva sulla corteccia prefrontale e disattiva i centri del cervello emotivo-impulsivo (Ochsner et al., 2004[iii]). La capacità di attuare rivalutazione cognitive efficaci così riduce la reattività emotiva e di conseguenza lo stress percepito, con le sue attivazioni fisiologiche, dato che lo stress si innesca soltanto a seguito di un’emozione. Per questo, come suggeriscono studi empirici, un maggiore uso di reappraisal è associato a una più bassa morbilità psicologica, vale a dire a minori manifestazioni di disturbi mentali (Aldao, Nolen-Hoeksema, & Schweizer, 2010[iv]).

 

Rivalutazione cognitiva, distanziamento e racconto delle emozioni

Studi sperimentali sembrano indicare che le persone riducono spontaneamente l’uso dei verbi al presente e dei pronomi e dei termini riferiti alla prima persona singolare (per esempio, io, me, il mio) quando si impegnano in una rivalutazione cognitiva (Travers-Hill et al, 2017[v]; White, Kross, & Duckworth, 2015[vi]). Le parole che usiamo riflettono gli stati psichici e anche il modo in cui le emozioni vengono vissute. L’uso di verbi al presente, dei pronomi e di parole riferite alla prima persona denota il senso di diretto coinvolgimento in una azione o di identificazione in una situazione. In questo senso quindi le ricerche suggeriscono che la riduzione dei pronomi in prima persona e del tempo presente nelle verbalizzazione delle persone impegnate nella rivalutazione emotiva possa essere associata a un maggiore distanziamento dagli stimoli e dagli eventi emotivi e quindi a una più efficace regolazione delle emozioni.

 

Le strategie di rivalutazione cognitiva nell’età dello sviluppo

Uno studio recente ha dimostrato in un campione sperimentale di partecipanti compreso tra i 10 e i 23 anni che questo fenomeno di distanziamento linguistico e concomitante migliore regolazione delle emozioni non varia con l’età. Varia invece con l’età il tipo di strategia di rivalutazione prevalentemente usato (Nook et al. 2020[vii]).

Con l’aumento dell’età aumenta il ricorso alle strategie con cui si ristruttura cognitivamente il senso e il valore delle circostanze che hanno suscitato un’emozione, reinterpretando gli stimoli emotivi per renderli meno negativi. Ad esempio un guasto al treno rallenta la sua corsa a fa accumulare un ritardo crescente, la rabbia che monta può essere contrastata pensando che in questo modo si può godere con più agio del paesaggio oppure che questo tempo di attesa forzata in cui non è possibile far niente può essere usato per continuare a leggere, a scrivere, a vedere un film sul pc. Al crescere dell’età cresce anche il ricorso a strategie di distanziamento dagli eventi emotivi, di separazione, ciò ovviamente impedisce che l’emozione dilaghi in modo dirompente.

Con l’età diminuisce invece il ricorso all’uso di strategie di rivalutazione cognitiva con cui vengono cambiate le rappresentazioni delle circostanze, vale a dire vengono reinterpretate le situazioni e gli eventi per renderli meno negativi di quanto inizialmente pensato.

 

Il rischio di strategie disadattative di regolazione emotiva nell’adolescenza

Lo studio ha inoltre rilevato negli adolescenti un elevato uso della strategia di respingere, contestare, la realtà per regolare le emozioni che questa può innescare e allo stesso tempo di un basso ricorso a strategie di problem solving.

In alcune situazioni, negare la realtà degli stimoli emotivi può essere una strategia utile per ridurre nell’immediato il loro effetto negativo. Purtroppo spesso nel medio e lungo termine questa strategia finisce per risultare problematica, poiché pensare irreali gli inneschi emotivi e i fattori di stress non risolve i problemi sottostanti che li generano e impedisce che vengano messe in atto strategie di rivalutazione cognitiva o di fronteggiamento più efficaci.

In tal senso questo studio sembra confermare che, rispetto a bambini e adulti, gli adolescenti tendono maggiormente a scivolare da strategie di regolazione ottimali verso strategie di regolazione potenzialmente disadattive o addirittura disturbanti. Purtroppo ciò si assomma anche al concomitante aumento dell’impulsività, della reattività emotiva e della ricerca del rischio che accompagna la delicata fase dell’adolescenza. Se a questo aggiungiamo il fatto contingente dello straordinario carico di stress ed emozioni problematiche suscitate dalla pandemia covid, dai provvedimenti di lockdown, dalla drastica restrizione dei contatti sociali, delle occasioni di svago, dl gioco, delle offerte culturali dal vivo, della pratica sportiva, possiamo immaginare quale micidiale cortocircuito emotivo debbano affrontare i giovani in questo periodo di straordinaria sospensione della vita normale e dovremmo provare a prevederne gli effetti nel loro futuro.

 

L’utilità di training e pratiche per lo sviluppo delle strategie di rivalutazione cognitiva delle emozioni

Ciò dovrebbe forse suggerire di incorporare nei curricula scolastici, a tutti i livelli, e in particolare dalle scuola media inferiori in poi, percorsi di addestramenti alle strategie di regolazione emotiva più efficaci come quelle imperniate sul distanziamento, la defusione, il problem solving, il cambiamento delle circostanze. Come indica inoltre il lavoro scientifico di cui ho parlato nell’articolo, si dovrebbe puntare anche al miglioramento delle competenze verbali, narrative, in particolare del lessico delle emozioni, dato che queste competenze mediano lo sviluppo di concetti emotivi multidimensionali che a loro volta favoriscono lo sviluppo delle capacità di regolare le emozioni e l’autocontrollo (Nook et al., 2017[viii]).

Su questi temi a febbraio uscirà un mio libro per l’editore Carocci: “Regolare le emozioni. Teorie e metodi per lo sviluppo e il potenziamento dell’autocontrollo”. Il volume offre una panoramica aggiornata delle conoscenze sui meccanismi cerebrali e cognitivi del controllo volontario del comportamento e delle emozioni. Illustra in modo dettagliato 40 diverse pratiche per il miglioramento dell’autoregolazione con efficacia sperimentalmente comprovata e fornisce le indicazioni per realizzare un percorso validato dalla ricerca all’interno di contesti educativi e sociali.

 

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[i] Buhle, J. T., Silvers, J. A., Wager, T. D., Lopez, R., Onyemekwu, C., Kober, H., … Ochsner, K. N. (2014). Cognitive reappraisal of emotion: A meta-analysis of human neuroimaging studies. Cerebral Cortex, 24, 2981–2990. http://doi.org/10.1093/cercor/bht154

[ii] Gross, J. J. (2015). Emotion regulation: Current status and future prospects. PsychologicalInquiry, 26(1), 1–26. http://doi.org/10.1080/1047840X.2014.940781

[iii] Ochsner K. N., Ray R. R., Cooper J. C., Robertson E. R., Chopra S., Gabrieli J. D. E., Gross J. J. (2004), For better or for worse: Neural systems supporting the cognitive down- and up-regulation of negative emotion, NeuroImage 23, pp.483–99.

[iv] Aldao, A., Nolen-Hoeksema, S., & Schweizer, S. (2010). Emotion-regulation strategies across psychopathology: A meta-analytic review. Clinical Psychology Review, 30(2), 217–237. http://doi.org/10.1016/j.cpr.2009.11.004

[v] Travers-Hill, E., Dunn, B. D., Hoppitt, L., Hitchcock, C., & Dalgleish, T. (2017). Beneficial effects of training in self-distancing and perspective broadening for people with a history of recurrent depression. Behaviour Research and Therapy, 95, 19–28. http://doi.org/10.1016/j.brat.2017.05.008

[vi] White, R. E., Kross, E., & Duckworth, A. L. (2015). Spontaneous self-distancing and adaptive self-reflection across adolescence. Child Development, 86(4), 1272–1281. http://doi.org/10.1111/cdev.12370

[vii] Nook EC, Vidal Bustamante CM, Cho HY, Somerville LH. Use of linguistic distancing and cognitive reappraisal strategies during emotion regulation in children, adolescents, and young adults. Emotion. 2020 Jun;20(4):525-540. doi: 10.1037/emo0000570.

[viii] Nook, E.C., Sasse, S.F., Lambert, H.K. et al. Increasing verbal knowledge mediates development of multidimensional emotion representations. Nat Hum Behav 1, 881–889 (2017). https://doi.org/10.1038/s41562-017-0238-7

 

Foto di Sammy-Sander da Pixabay 

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