Capire e curare le dipendenze attraverso le storie

Si possono capire e curare le dipendenze studiando e facendo leva sulle capacità narrative, sulle abilità delle persone di raccontare storie coerenti, precise e sensate? Ne parlerò estesamente nella prossima edizione della Scuola di Neuroetica – corso ECM per medici, psicologi, educatori professionali e professioni sanitarie, che si svolgerà a Trieste dal 16 al 18 settembre prossimi e sarà dedicata a “Emozioni, Linguaggio e Autocontrollo”. (tutte le informazioni sul programma, le modalità di iscrizioni e richiesta di borse di studio al sito http://neuroetica.sissa.it/).

 

Comprendere e trattare le dipendenze con le narrazioni

Ma cosa significa comprendere e trattare le dipendenze attraverso le narrazioni? Sembra qualcosa a dir poco stravagante, ma negli ultimi anni, la ricerca narrativa si è rivelata un valido strumento per l’indagine di molti aspetti legati alle funzioni cognitive normali e patologiche (come sembrano le dipendenze), ai processi di regolazione delle emozioni, all’autocontrollo e alla struttura del Sé. Questi aspetti possono essere rintracciati analizzando il modo in cui gli individui organizzano le proprie esperienze in una narrazione coerente, precisa, dotata di chiari significati, capace di dar senso alle vicende accadute.

Le narrazioni personali si riferiscono a quel tipo di racconti e di discorsi caratterizzati da un ordine sequenziale che connette eventi, variabili ambientali, soggettive, sociali, aspettative e motivazioni in un insieme significativo fatto di nessi causali e di rapporti sensati tra gli elementi della propria storia. Per questa ragione, le narrazioni personali sono allo stesso tempo indice e strumento di personale comprensione dei fatti e della propria vita, come può essere ad esempio una storia di dipendenza. Ma non solo.

Nella letteratura psicologica, da vari autori è condivisa l’idea che le narrazioni personali favoriscono l’integrazione di diversi aspetti dell’esperienza personale in una rappresentazione unitaria. In questo modo i racconti personali contribuiscono alla costruzione di un senso del Sé coerentemente strutturato e di conseguenza al miglioramento della capacità di autoregolazione e di autocontrollo, di inibizione degli impulsi e delle automaticità. Il processo di attribuzione di significato connaturato allo strumento narrativo permette, infatti, al soggetto di organizzare gli avvenimenti della propria vita e di definirsi come agente dotato di scopi e intenzionalità, capace di ricostruire la propria esperienza in linea con l’idea del proprio Sé.

Le narrazioni personali, nella forma e nei contenuti, costruiscono di fatto le identità di una persona. I racconti personali non costituiscono soltanto un modo per parlare di una vita, ma sono uno dei principali strumenti attraverso cui le identità personali vengono modellate.

 

L’Io come agente narrativo

Le scienze cognitive descrivono l’Io come un sistema complesso composto di diversi agenti e subsistemi, di diverse identità quindi. L’Io stesso viene descritto come un agente narrativo costantemente impegnato a tessere storie e interpretazioni che tengono assieme i diversi agenti interni della mente e i diversi sé che un soggetto impersona nei vari ambienti e contesti in cui vive.

Nelle dipendenze si osserva tipicamente una scarsa integrazione tra le diverse componenti dell’Io (viscerali/emotive/impulsive/motivazionali/cognitive) e una limitata, talora assente, unità tra le diverse dimensioni temporali dell’Io, in particolare tra identità, funzioni, emozioni e comportamenti presenti e futuri. La scarsa integrazione delle componenti dell’Io porta a una minore coerenza delle scelte e delle valutazioni, di conseguenza a una più elevata oscillazione delle preferenze a maggiori difficoltà di mantenere nel tempo l’autocontrollo e la regolazione emotiva e del comportamento.

La rappresentazione dell’Io nel futuro inoltre tende ad essere molto debole nelle dipendenze e questo si associa all’elevata impulsività dei soggetti dipendenti, alla loro propensione a scegliere le ricompense immediate, sebbene piccole, a scapito di ricompense maggiori ma posticipate nel tempo.

Sia la frammentazione dell’Io che l’integrazione delle sue dimensioni e la sua proiezione nel tempo si manifestano nelle narrazioni dei racconti personali. Per questo l’analisi del racconto dei pazienti può permettere una valutazione del livello di integrazione dell’Io.

 

Medicina narrativa delle dipendenze

L’approccio narrativo si riferisce anche a un metodo di entrare in rapporto col paziente centrato sul racconto personale di storie. Ancora troppo trascurata nello studio e nel trattamento delle dipendenze, la narrazione personale fornisce invece alla ricerca, alla clinica, ai policy maker, alla prevenzione una straordinaria quantità di informazioni, significati, relazioni e spiegazioni di prima mano sulla natura dei processi interni, sociali e materiali che costituiscono le reti causali e la quotidianità delle dipendenze, nella loro genesi e nella loro cronicizzazione, nelle dinamiche che precipitano le ricadute.

Questa specifica natura delle narrazioni peraltro conferisce ai racconti un valore che va ben al di là di quello di strumento di ricerca e che può avere un enorme potenziale terapeutico. I racconti dei pazienti infatti implicano forzatamente l’analisi, l’interpretazione dei fatti, l’individuazione delle variabili cognitive, emotive, sociali e materiali a più elevato impatto nella motivazione a usare una droga, una sostanza psicoattiva, a continuare a giocare d’azzardo. Le narrazioni sollecitano la costruzione di spiegazioni del senso dei comportamenti in relazione ai fattori contingenti, alle altre storie che descrivono la vita di chi racconta, o le differenti identità che incarna nelle diverse situazioni. Allo stesso modo, i racconti stimolano la ricostruzione di una identità soggettiva compiuta e unitaria a partire dai lembi delle storie vissute e delle proiezioni verso il futuro, ricucendo la frammentarietà dell’Io, particolarmente accentuata nelle dipendenze e parte fondamentale nel discontrollo dell’oggetto della dipendenza. Tutte queste dinamiche attivate possono essere efficacemente sfruttate durante il percorso di cura e recupero di una persona che soffre una dipendenza perché concorrono in modo integrato a espandere l’orizzonte cognitivo, con i suoi nodi e le sue vie, dentro cui un soggetto inscrive il rapporto con le cose e con la sua eventuale dipendenza. E la dimensione di questo orizzonte, la quantità di nodi esplicativi al suo interno, la sua capacità di tenere uniti in modo coerente le storie e i tempi della vita, tra passato e futuro, determinano il grado di controllo che un soggetto ha col suo mondo e coi suoi comportamenti, incluse le dipendenze.

Per avere maggiori informazioni sul programma, le modalità di iscrizioni e richiesta di borse di studio al corso dove presenterò i risultati della ricerca sul racconto personale nelle dipendenze, tra altri relatori tra i massimi studiosi italiani sui temi del linguaggio, emozioni, autocontrollo, dipendenze, si consulti il sito http://neuroetica.sissa.it/

Stefano Canali

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