Alcolisti Anonimi e autoaiuto: quali meccanismi psicologici e neurobiologici?

Il sistema dei gruppi di autoaiuto è uno dei sistemi di recupero/aftercare dalle dipendenze più diffusi e più organizzati al mondo, il cui cuore storico e la cui potenza teoretica, risiede negli Stati Uniti dove la prima delle associazioni 12 Passi, Alcolisti Anonimi (A.A.), è nata nel 1935.

 

Alcolisti Anonimi: il prototipo dei gruppo di autoaiuto dei 12 passi

Barbara Hepworth, Forme verticali,1951

I gruppi di autoaiuto in sostanza propongono un metodo di recupero dall’alcolismo e da altre dipendenze di natura fondamentalmente spirituale. Per questa caratteristica, unitamente alla difficoltà di fare osservazioni sperimentali e quantitative sull’efficacia dell’autoaiuto, i gruppi 12 Passi ed i gruppi di autoaiuto in generale, sono generalmente considerati “altro” rispetto ai tradizionali trattamenti istituzionali.

A dispetto di questa debolezza scientifica, la trasmissione e l’insegnamento del metodo dei 12 passi, proposto da Bill W. e Bob S., i due cofondatori dell’associazione capostipite, ha assunto in questi ultimi 80 anni un carattere quasi pervasivo, in termini di numero di gruppi aperti nel mondo. In questi ultimi 80 anni, il suo successo è stato fonte di ispirazione per la nascita delle grandi e piccole fratellanze che si occupano di altre dipendenze (ad esempio: Narcotici Anonimi, Gamblers Anonimous, Overeaters Anonimous, Nicotine A., Sex Addict Anonimous…) e che nel loro insieme formano le associazioni dei 12 Passi, la cui diffusione nel mondo sembra essere incurante di diversità politiche e/o religiose.

I numeri sono impressionanti: solamente Alcolisti Anonimi è attualmente presente in 180 nazioni con 115.000 gruppi e conta approssimativamente 2 milioni di membri.

Il “Grande libro” (The Big Book), scritto da Bill Wilson, edito nel 1939 ed arrivato alla quarta edizione pressoché inalterato, è il testo in cui sono sviluppati principi ed azioni del metodo per la “rinascita spirituale” e per il cambiamento di stile di vita per diventare “uomini e donne nuovi” dedicato a tutti coloro che soffrono di una dipendenza da alcol e a coloro che li circondano. The Big Book è stato riprodotto in oltre 30 milioni di copie con una tiratura annuale di circa 1 milione ed è uno dei libri più venduti di sempre.

È considerato un testo di tale influenza da essere stato inserito nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti tra gli 88 libri che hanno plasmato l’America ( https://www.loc.gov/bookfest/books-that-shaped-america/).

Negli Stati Uniti più della metà dei programmi di trattamento professionali usa il concetto di recupero dei 12 Passi e secondo alcune stime il 6% degli americani (Witbrot, 2015), del 10% secondo altre (Laudet, 2013 – White, 2013), pari a 23,5 milioni di persone, dichiara di essere in recupero con Alcolisti Anonimi.

Tale modello ovviamente non può essere utile e gradito a tutti coloro che hanno un problema con le sostanze, e ovviamente non mancano voci dissonanti o che richiamano alla necessità di una maggiore presenza di molteplicità di opzioni terapeutiche (Walters, 2002).

Ma quali sono i meccanismi psicologici e neurobiologici che mediano l’azione di recupero del programma dei 12 passi?

 

 

Ingredienti attivi e meccanismi d’azione psicologici dei programmi 12 Passi.

Molti sono i mediatori al mantenimento dell’astinenza che sono stati considerati correlati alla frequenza dei gruppi 12 Passi. Quelli con maggior consenso sono: l’autoefficacia e la gestione degli stati emotivi negativi che vengono entrambi migliorati, il cambiamento della rete sociale che diviene più adattativa e funzionale, la pratica spirituale.

Secondo Moos (2008 e 2010) i gruppi dei autoaiuto mediano il supporto al recupero soprattutto attraverso: 1) l’identificazione con modelli di ruoli familiari e sociali ad essa orientati;  l’obiettivo di costruzione di uno stile di vita inserito in un sistema di valori coerente con l’assenza di sostanze; 3) il coinvolgimento in attività gratificanti senza sostanza; 4) la capacità di rafforzare l’auto-efficacia e le abilità di fronteggiamento del disagio e del desiderio della sostanza dei membri; 5) la funzione di aiuto agli altri per superare i problemi di uso di sostanze.

Un dibattito su AA comparso sulla rivista Addiction nel 2016 (AA VV, 2016) sullo stato dell’arte della ricerca sui meccanismi di azione di Alcolisti Anonimi ha sostanzialmente confermato le indicazioni di Moos e ha sottolineato l’importanza della spiritualità come meccanismo specifico, ed evidenziato l’azione di altri meccanismi ed effetti come la riduzione dei sintomi depressivi, la riduzione dell’impulsività, la riduzione del craving, del desiderio della sostanza. Queste ulteriori evidenze lasciano spazio alla considerazione che Alcolisti Anonimi agisca contemporaneamente su multipli meccanismi e probabilmente in maniera diversa su target differenti, con un peso relativo non ancora ben determinato.

L’esperienza spirituale in Alcolisti Anonimi perciò e in considerazione di tutto quando detto sino ad ora, nel suo originario senso di “risveglio spirituale” inteso come una “conversione” improvvisa e salvifica è sperimentata da una minoranza di alcolisti in recupero, mentre la maggior parte di coloro che frequentano vivono comunque una esperienza di tipo “spirituale”. È un’esperienza che si manifesta gradualmente nel tempo come frutto di un processo che permette di sviluppare e mettere in pratica un insieme di valori che modificano il senso di sé e del proprio stare nel mondo.

 

Neurobiologia, neuroscienze e 12 Passi

Barbara Hepworth, Modelli in gesso per sculture in bronzo

La ricerca sui correlati neurobiologici sui meccanismi d’azione del metodo dei 12 passi è ancora scarsa.

Secondo Blum il Programma di Alcolisti  Anonimi agirebbe principalmente ripristinando l’interazione tra centri del cervello che mediano le funzioni di autoregolazione, autocontrollo e i processi decisionali (corteccia prefrontale) e nuclei e vie da cui dipende l’esperienza del piacere, il desiderio, gli impulsi, gli automatismi (sistema cerebrale della ricompensa, nucleo accumbens, striato ventrale) (Blum, 2015; Uhl, 2019).

Attraverso la neuroplasticità, la partecipazione ai gruppi e la fratellanza potrebbero riabilitare le normali funzioni di queste regioni e di questi circuiti del cervello, coinvolgendo anche altri importanti neuromediatori coinvolti nel benessere, nella gratificazione e nelle relazioni affettive “calde”, come la dopamina, gli oppiodi endogeni, gli endocannabinoidi, l’ossitocina.

Galanter invece sottolinea l’importanza delle attivitazioni delle funzioni prosociali nel cervello innescata dalla condivisione nei gruppi, riferendosi alla teoria della mente (ToM) basandosi quindi su neuroscienze sociali e cognitive (Galanter, 2014).

La reciprocità presente all’interno del gruppo è un elemento cruciale nel recupero. Il riconoscimento dell’altro come diverso da sé e della sua esperienza data dalla capacità di mentalizzare, vale a dire di capire e provare ciò che pensa e sente l’altro, permette di condividere l’esperienza comune attraverso il rispecchiamento.

La mentalizzazione e lo specchiamento permettono di provare empatia, condividendo emozioni ed attivando così l’aiuto reciproco (Labelle, 2018). Ma allo stesso tempo la mentalizzazione, il rispecchiamento e anche il racconto dell’esperienza personale (ne abbiamo parlato un un articolo specifico), che attivano i processi cognitivi mediati dalla corteccia prefrontale, danno la possibilità al soggetto di comprendere meglio se stesso, di integrare gli elementi dell’Io dissociati e di arrivare così a una identità più funzionale e maggiormente in grado di esercitare forme di controllo volontario del comportamento: condizione necessaria per vincere il desiderio della sostanza e superare la dipendenza.

Molti altri sono i determinismi soprattutto neurocognitivi attivati dalla partecipazione ai gruppi di autoaiuto dei 12 passi, ne parlerà Valeria Zavan durante la prossima edizione della Scuola di Neuroetica/corso ECM, 16-18 settembre 2019, presso la Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati – SISSA – Trieste.

Il programma e le informazioni per la partecipazione sono reperibili sul sito:

http://neuroetica.sissa.it/

 

Valeria Zavan e Stefano Canali

  

Riferimenti bibliografici

AA VV (2016). Addiction. 112, 929-945.

Blum, K., Thompson, B., Demotrovics, Z., Femino, J., Giordano, J., Oscar-Berman, M., … & Fratantonio, J. (2015). The molecular neurobiology of twelve steps program & fellowship: connecting the dots for recovery. Journal of reward deficiency syndrome, 1(1), 46.

Galanter, M. (2014). Alcoholics anonymous and twelve‐step recovery: A model based on social and cognitive neuroscience. The American journal on addictions, 23(3), 300-307.Labelle, O. (2018). Daily Associations Between Prosocial Behavior, Gratitude, and Selfishness in Members of Alcoholics Anonymous.

Laudet, A. (2013). ” Life in Recovery”: Report on Survey Findings. Faces & Voices of Recovery.

Miller, W. R., & Rollnick, S. (2012). Motivational interviewing: Helping people change. Guilford press.

Moos, R. H. (2010). Substance use-focused self-help groups: Processes and outcomes. In Addiction medicine (pp. 925-940). Springer, New York, NY.

Moos R (2008) Active ingredients of substance use focused self-help groups. Addiction 103:387–396.

Uhl, G. R., Koob, G. F., & Cable, J. (2019). The neurobiology of addiction. Annals of the New York Academy of Sciences.

Walters, G. D. (2002). Twelve reasons why we need to find alternatives to Alcoholics Anonymous. Addictive Disorders & Their Treatment, 1(2), 53-59.

White, W. (2007). In search of the neurobiology of addiction recovery: A brief commentary on science and stigma. Posted at: http://www. facesandvoicesofrecovery. org/pdf/White/White_neurobiology_2007. pdf.

Witbrodt, J., Kaskutas, L. A., & Grella, C. E. (2015). How do recovery definitions distinguish recovering individuals? Five typologies. Drug and alcohol dependence, 148, 109-117.

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Stefano Canali

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