Traumi, abusi, stress nell’infanzia e gioco d’azzardo patologico

Odilon Redon, Le Joueur, 1879

Le persone con problemi di gioco d’azzardo rispetto alla media hanno subito più frequentemente traumi infantili come l’abuso fisico o la violenza a casa. I percorsi di cura e riabilitazione dovrebbero affrontare meglio questo fattore di stress profondo.

Traumi, abusi, violenze, stress cronico nell’infanzia producono ferite, lesioni sullo sviluppo del macchinario cerebrale che media l’autocontrollo, la regolazione delle emozioni, le capacità di fronteggiare relazioni, ambienti, fattori di stress e in questo modo stabilisce una debolezza, una vulnerabilità: la suscettibilità a sviluppare una certa gamma di disturbi psicologici da adulti.

Ciò peraltro induce la persona già vulnerabile a ricorrere a meccanismi di difesa che affaticano cronicamente o diminuiscono ulteriormente le capacità di regolazione dell’Io, i livelli di competenza nella gestione degli eventi stressanti, delle sue azioni, della sua stessa vita mentale.

 

 

L’uso di droghe, sostanze psicoattive e comportamenti patologici come automedicazione del trauma

L’uso di sostanze psicoattive è uno dei comportamenti più comuni a questo proposito. Alcuni degli effetti delle sostanze sulle dinamiche emotive riescono a produrre una momentanea azione di compensazione dei deficit affettivi, della difficoltà di gestire le emozioni disturbanti e della capacità di provare piacere, di sentirsi coinvolti e motivati rispetto all’ambiente e alle relazioni. Il consumo di droghe e sostanze psicoattive anche legali, il gioco d’azzardo, certi disturbi del comportamento alimentare possono per questo rappresentare una strategia di automedicazione[i] (abbiamo illustrato questa tesi in alcuni precedenti articoli) rispetto alla disregolazione della propria vita affettiva ed emotiva, al dolore di una ferita aperta subita nel passato.

 

Stress cronico, traumi e abusi in età infantile e gioco d’azzardo

Negli ultimi anni diversi studi hanno indagato l’associazione tra traumi infantili e gioco d’azzardo[ii]. Tra queste ricerche, per importanza merita di essere descritta una condotta nel Regno Unito su un campione di 3.025 uomini dai 18 ai 64 anni[iii]. Lo studio ha determinato che nel campione circa il 5% aveva problemi di gioco evidenti e circa il 7% erano tossicodipendenti.

Rispetto al sottogruppo senza problemi di gioco, il sottogruppo degli uomini con gioco d’azzardo patologico ha riportato un numero doppio di episodi in cui ha assistito a scene di violenza in casa o ha subito abusi fisici o aggressioni durante l’infanzia. I soggetti con gioco d’azzardo problematico inoltre hanno indicato un numero triplo di episodi di infortuni gravi o in cui sono stati addirittura in pericolo di vita.

Circa uno su quattro degli uomini con gioco d’azzardo patologico o tossicodipendenti che giocano indipendentemente dal loro umore o dal fatto di vincere o perdere, hanno assistito a episodi di violenza da bambini, così come il 23% degli uomini classificati come giocatori d’azzardo problematici. In confronto, solo l’8% degli uomini senza problemi di gioco ha assistito da bambino a violenza in casa.

Circa il 10% dei giocatori compulsivi e problematici ha anche subito abusi fisici o aggressione da bambini, un tipo di trauma grave accaduto invece a meno del 4% degli uomini del sottogruppo senza problemi di gioco.

 

Cervello, trauma e incapacità di riconoscere e verbalizzare le emozioni

Le tecniche di visualizzazione in vivo delle funzioni cerebrali, come la risonanza magnetica funzionale, usate su persone con trauma e dipendenze sembrano indicare l’alterazione dell’attività di aree e vie cerebrali correlate alle emozioni, del piacere, della ricompensa, dei processi cognitivi, del linguaggio, dell’autocontrollo. In particolare sembrano evidenti: 1) una diminuzione dei centri e delle vie cerebrali che mediano le funzioni cognitive e di inibizione e controllo cognitivo delle emozioni e degli impulsi; 2) una attivazione delle aree e delle connessioni che mediano l’innesco delle componenti corporee e viscerali delle emozioni, delle reazioni fisiologiche prodotte dal cosiddetto asse dello stress (talamo-amigdala-ipotalamo-ipofisi-surrenale) con l’aumento del battito cardiaco, della tensione muscolare, del rilascio di adrenalina e il conseguente aumento della pressione arteriosa, del rilascio di cortisolo. I dati sperimentali sulla preponderanza di questa attivazione fisiologica rispetto alla elaborazione cognitiva delle emozioni vissute e del vissuto affettivo associato al trauma, sembrerebbero confermare la difficoltà per i soggetti traumatizzati e dipendenti ad accedere a specifici contenuti della memoria, così come a identificare, comunicare le emozioni, distinguendone la relativa controparte fisiologica, quella delle sensazioni corporee. Quest’ultimo tipo di difficoltà di comprendere e verbalizzare le emozioni viene anche detta alessitimia, un tratto psicologico che sembra associato a diversi disturbi del comportamento.

Tutto ciò tuttavia non significa, che ogni persona con un’infanzia traumatica diventerà un giocatore compulsivo o svilupperà una dipendenza da sostanza. Il potenziale patogeno dei traumi in infanzia si manifesta eventualmente in un individuo in funzione di molte altre variabili: i suoi tratti biologici, le caratteristiche della sua personalità, i fattori educativi, ambientali e culturali in cui prende corpo il suo sviluppo, il suo diventare adulto. In particolare la regolazione emotiva o la capacità delle persone di riconoscere e modificare le reazioni emotive possono influenzare lo sviluppo della dipendenza delle persone che hanno subito stress cronico, abusi o violenza nell’infanzia[iv].

Per tali ragioni, il potenziamento delle strategie di regolazione emotiva tra i giocatori che segnalano una storia di avversità infantili potrebbe aiutare i giocatori a utilizzare strategie di fronteggiamento del vissuto penoso più efficaci e vivere una vita meno condizionata o sperabilmente del tutto libera dalle loro dipendenze. E tra queste strategie in particolare quelle in grado di migliorare le capacità di verbalizzare, di raccontare le emozioni, le competenze narrative, il lessico affettivo. Tra i prossimi articoli cercherò di illustrarne alcune possibili.

 

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[i] Khantzian, E. (1997). The Self-Medication Hypothesis of Substance Use disorders: A Consideration and Recent Applications. Harvard Review Psychiatry, 4, 231-244.

[ii] Ad esempio: Dowling NA, Ewin C, Youssef GJ, Merkouris SS, Suomi A, Thomas SA, Jackson AC. Problem gambling and family violence: Findings from a population-representative study. J Behav Addict. 2018 Sep 1;7(3):806-813. doi: 10.1556/2006.7.2018.74; Lotzin A, Ulas M, Buth S, Milin S, Kalke J, Schäfer I. Profiles of childhood adversities in pathological gamblers – A latent class analysis. Addict Behav. 2018 Jun;81:60-69. doi: 10.1016/j.addbeh.2018.01.031.

[iii] Roberts A, Sharman S, Coid J, Murphy R, Bowden-Jones H, Cowlishaw S, Landon J. Gambling and negative life events in a nationally representative sample of UK men. Addict Behav. 2017 Dec;75:95-102. doi: 10.1016/j.addbeh.2017.07.002.

[iv] Poole JC, Kim HS, Dobson KS, Hodgins DC. Adverse Childhood Experiences and Disordered Gambling: Assessing the Mediating Role of Emotion Dysregulation. J Gambl Stud. 2017 Dec;33(4):1187-1200. doi: 10.1007/s10899-017-9680-8.

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