Il recupero nelle dipendenze. Atteggiamenti e credenze dell’operatore sono i principali ingredienti attivi della cura

Koloman Moser, Annunzio di primavera. Illustrazione per una poesia di Rainer Maria Rilke

La ricerca sul trattamento dei disturbi da uso di sostanze e delle dipendenze ha dimostrato in modo evidente che il principale determinante del risultato del trattamento dei pazienti è il terapeuta che li segue e li aiuta, indipendentemente dall’approccio terapeutico adottato. Più che il tipo di terapia, è l’empatia del terapeuta il predittore fondamentale dell’efficacia del trattamento dell’uso di sostanze e delle dipendenze. In uno studio ormai classico condotto nel 1980, Miller, Taylor e West[i], hanno dimostrato che tra nove terapeuti che hanno offerto la stessa terapia comportamentale secondo un comune protocollo manualizzato, la correlazione più forte con l’esito del trattamento (riduzione del consumo di alcol in questo caso) era con il livello di empatia del terapeuta misurato con la scala dell’empatia di Truax Carkhuff. I pazienti del terapeuta più empatico hanno mostrato un miglioramento del 100%, mentre quelli del terapeuta meno empatico sono arrivato a un tasso di miglioramento solo del 25%. I risultati del consumo continuavano a correlare col livello di empatia del terapeuta anche dopo 6 mesi, 1 anno e 2 anni[ii]. Un precedente studio aveva già mostrato la forte relazione tra i tassi di ricaduta del paziente e le abilità interpersonali del terapeuta nell’uso della terapia centrata sul cliente. Più empatico e centrato sul cliente è lo stile del terapeuta, minore è il tasso di recidiva del paziente dopo il trattamento a 6, 12, 18 e a 24 mesi[iii].

Le aspettative degli operatori influenzano l’esito del trattamento

Alcuni studi hanno dimostrato che i terapeuti hanno atteggiamenti molto diversi e variegati rispetto ai pazienti con difficoltà nel percorso di recupero[iv]. Il modo in cui gli operatori pensano alle persone nel contesto della terapia può fare una grande differenza sull’esito della riabilitazione. In particolare il fattore cruciale sembra essere la credenza dell’operatore nelle capacità di cambiamento del paziente. In una nota ricerca di Leake e King[v], gli autori hanno studiato l’impatto delle aspettative degli operatori sul recupero degli alcolisti in condizioni di marginalità e provenienti da quartieri svantaggiati. Gli autori hanno informato i terapeuti impegnati in tre diversi programmi di riabilitazione alcologica che avevano individuato i pazienti col potenziale di recupero particolarmente elevato (HARP). I pazienti HARP sono stato indicati ai terapeuti e descritti come quelli con più probabilità di successo nel recupero in quanto più motivati e più capaci di aderire al trattamento. Questi soggetti hanno mostrato un recupero migliore, più alti tassi e più lunghi intervalli di astinenza, meno ricadute rispetto ai pazienti del gruppo di controllo anche a un anno dopo la dimissione. I pazienti HARP e non-HARP non differivano tra di loro rispetto alla gravità della condizione e alla precedente storia di trattamenti. Inoltre, i pazienti identificati HARP erano in realtà stati scelti a caso, non presentavano cioè nessuna variabile cognitiva, emotiva e motivazionale tale da far prevedere maggiori probabilità di successo. L’indicazione HARP data agli operatori serviva solo a suscitare una previsione ottimista sull’esito del percorso. I risultati hanno dimostrato eloquentemente che le aspettative del terapeuta possono influenzare significativamente il recupero dei pazienti con disturbi da uso di sostanze. Credere nel potenziale dei pazienti crea così una profezia che si autoavvera.

L’atteggiamento empatico fa bene anche a chi cura

Purtroppo, a causa dello stigma morale che ancora accompagna questa condizione, la vita e il trattamento delle persone con dipendenza sono spesso purtroppo segnate, anche nel contesto di cura, dalla mancanza di empatia, di rapporti compassionevoli, da autocritica, sensi di colpa. Potenti antidoti a queste criticità potrebbero essere le pratiche ed esercizi tesi allo sviluppo della compassione, della compassione di sé sia per i pazienti che per gli operatori. Numerosi studi ormai indicano che allenare l’empatia e la compassione con training appositamente sviluppati allo scopo fa diventare più empatici e compassionevoli producendo modificazioni nelle strutture e nelle funzioni cerebrali che mediano queste capacità prosociali. E inoltre, altre ricerche sperimentali stanno dimostrando che coltivare l’empatia, la compassione praticando questi esercizi non ha effetti benefici solo per il paziente ma anche per gli operatori della salute. Il training alla compassione attiva e rinforza il sistema della ricompensa cerebrale[vi]e stimola il rilascio di mediatori nervosi, come la dopamina, le endorfine, gli endocannabinoidi, che sembrano in grado di mediare la gratificazione, la motivazione, ridurre lo stress sul lavoro e prevenire il rischio di burnout[vii], che minaccia proprio quegli operatori della salute più coinvolti nei processi di cura e più capaci di empatia.

Come abbiamo scritto in un post precedente, un atteggiamento empatico e compassionevole non ha un effetto positivo solo su chi viene curato ma fa bene anche a chi cura.

Questa la poesia di Rilke, Annunzio della primavera, cui fa riferimento l’illustrazione inclusa nel post

“Se sciolto il gelo.

Un’ansia soccorrevole si stende

sui grigi campi ignudi, all’improvviso.

I ruscelletti mutano la voce.

Labili tenerezze

trascorron, giù dall’etere, la terra.

Vanno i sentieri, lieti d’apparire:

vanno lontano.

E per l’albero spoglio, ecco, d’incanto,

tu vedi – espressa – un’anima salire.”

Stefano Canali

Riferimenti Bibliografici


[i] Miller WR, Taylor CA, West JC. Focused versus broad spectrum behavior therapy for problem drinkers. J Consult Clin Psychol. 1980;48(5):590–601

[ii] Miller WR, Baca LM. Two-year follow-up of bibliotherapy and therapist-directed controlled drinking training for problem drinkers. Behav Ther. 1983;14:441–8.

[iii] Valle SK. Interpersonal functioning of alcoholism counselors and treatment outcome. J Stud Alcohol. 1981;42(9):783–90.

[iv] Project Match Research Group. Therapist effects in three treatments for alcohol problems. Psychother Res. 1998;8:455–74.

[v] Leake GJ, King AS. Effect of counselor’s expectations on alcoholic recovery. Alcohol Health Res World. 1977;11(3):16–22

[vi] Weng HY, Fox AS, Shackman AJ, Stodola DE, Caldwell JZ, Olson MC, Rogers GM, Davidson RJ. Compassion training alters altruism and neural responses to suffering. Psychol Sci. 2013 Jul 1;24(7):1171-80. doi: 10.1177/0956797612469537. Klimecki OM, Leiberg S, Ricard M, Singer T. Differential pattern of functional brain plasticity after compassion and empathy training. Soc Cogn Affect Neurosci. 2014 Jun;9(6):873-9. doi: 10.1093/scan/nst060. Epub 2013 Apr 10.

[vii] Engen HG, Singer T. Compassion-based emotion regulation up-regulates experienced positive affect and associated neural networks. Soc Cogn Affect Neurosci. 2015 Sep;10(9):1291-301. doi: 10.1093/scan/nsv008. Epub 2015 Feb 19.

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