Capodanno e i buoni propositi sulle cattive abitudini. Formulare e porre in atto piani efficaci di cambiamento

Pablo Picasso, Les Soupeurs. 1901

Il capodanno, l’inizio dell’anno nuovo, è tempo di festeggiamenti, ma è anche il momento in cui si fissano nuovi obiettivi, è il tempo dei buoni propositi. Il nuovo anno inizia generalmente con l’intenzione di fare più esercizio fisico, mangiare meno o meglio, smettere di fumare o di bere, di non rimandare cronicamente le cose da fare, di dedicare più tempo alle persone care o a se stessi, di non buttare soldi nelle slot machine o in altri giochi d’azzardo. Per alcuni giorni rispettiamo i nostri proponimenti e poi, quasi inevitabilmente, scivoliamo verso le stesse identiche abitudini. L’anno nuovo procede e noi ritorniamo ai vecchi schemi.

Ma perché è così difficile raggiungere un obiettivo di cambiamento, perché gran parte dei buoni propositi restano mere intenzioni?

Una prima fondamentale ragione sta nella forza delle abitudini, nel fatto che i nostri comportamenti sono intessuti in una rete di automatismi appresi e interiorizzati attraverso innumerevoli riproduzioni di schemi d’azione simile dentro a contesti simili, in risposta a stimoli insieme di stimoli precisi (fisiologici, emotivi, relazioni, ecc.). Le abitudini sono modalità riflesse di azione che si innescano in presenza dei contesti e degli stimoli in cui nel tempo, ripetendole, abbiamo imparato a porle in atto. E questi schemi riflessi d’azione sono codificati in parti del cervello profonde e poco aperte all’influenza delle intenzioni, del controllo volontario del comportamento. Ne abbiamo parlato più in dettaglio in diversi post su Psicoattivo. Si veda ad esempio l’articolo a questo link, oppure il post a questo link.

A dispetto della forza, del potere delle abitudini e della persistenza dei circuiti cerebrali da cui dipendono, tuttavia, il cambiamento resta possibile. I meccanismi e i processi con cui gli schemi d’azione abituale sono stati appresi e fissati nel sistema nervoso centrale sono gli stessi su cui far leva per modificare le abitudini indesiderate o apprenderne nuove. Questo eventuale processo può realizzarsi quando esistono una serie di ingredienti fondamentali come gli obiettivi, i piani, certe spinte motivazionali. Vediamo come.

 

La centralità della definizione di obiettivi

In generale, per arrivare a un cambiamento è essenziale stabilire degli obiettivi. Gli scopi generano la motivazione ad agire per cambiare, indicano la direzione verso cui muoversi. Una buona norma sarebbe quella di scrivere gli obiettivi di cambiamento esplorando da un lato le conseguenze negative associate alla perpetuazione delle abitudini indesiderate e i benefici derivanti dal conseguimento degli obiettivi di cambiamento. Può essere utile costruire una tabella con l’elenco delle conseguenze negative delle cattive abitudini e dei benefici previsti nelle nuove assegnando ad ognuna un valore numerico.

Numerosi studi di neuroimmagine dimostrano che contemplare le conseguenze dei comportamenti, in particolare delle cattive abitudini (come ad esempio il fumo) è associato con alcuni chiari quadri di cambiamento nelle attività di centri e sistemi cerebrali alla base della consapevolezza e del controllo volontario del comportamento, come l’insula, il giro frontale inferiore, la corteccia orbitofrontale[i]. Queste funzioni e queste strutture sono cruciali nelle regolazioni cognitive e volontarie necessarie a controllare la tendenza a reiterare le abitudini e gli automatismi e a sviluppare così il cambiamento, conseguire gli obiettivi comportamentali desiderati e mantenerli nel tempo.

Per suscitare queste attivazioni e stimolare così consapevolezza, attenzione e autocontrollo può risultare utile anche scrivere affermazioni orientate al cambiamento, cioè frasi in cui si descrivono precisamente gli obiettivi di cambiamento, l’importanza che si attribuisce all’obiettivo di cambiamento, le strategie e i piani per arrivare al cambiamento, le risorse personali per arrivare a conseguire l’obiettivo di cambiamento, gli eventuali ostacoli che si prevede di incontrare e così via. Ne parleremo più diffusamente a breve.

 

Enunciare, scrivere, affermazioni orientate al cambiamento

Gli studi di neuroimmagine dimostrano, come per la valutazione cognitiva delle conseguenze dei vecchi e nuovi comportamenti, che enunciare affermazioni orientate al cambiamento induce una più elevata attivazione nelle aree e nei sistemi cerebrali da cui dipende l’autoconsapevolezza e il controllo volontario. Ciò quindi rende verosimilmente più conseguibili gli obiettivi del cambiamento stesso[ii].

 

Obiettivi di cambiamento e dissonanza cognitiva

Georgia O’Keeffe, Radiator building, night, New York. 1927

Gli obiettivi di cambiamento chiaramente enunciati permettono poi di rilevare la discrepanza, l’incongruenza tra la situazione o il comportamento manifesto che si intendono cambiare con il livello ideale di realizzazione del cambiamento. Come ha evidenziato per primo Leon Festinger, l’uomo tende a perseguire la coerenza e a sperimentare disagio e stress di fronte alla discrepanza tra condizioni desiderate e situazione di fatto, in cui pure si tende a restare, a ricadere o a essere ambivalenti[iii]. E questo stress percepito suscita una tensione verso il suo superamento, la motivazione ad agire per risolvere la contraddizione vissuta, l’ambivalenza tra desideri, obiettivi, comportamenti oscillanti: a rimuovere cioè la dissonanza cognitiva.

La dissonanza cognitiva è così un elemento fondamentale nei processi motivazionali che sostengono il processo di cambiamento,

Dal punto di vista cerebrale, la dissonanza cognitiva recluta la corteccia anteriore cingolata e l’insula. La prima delle due sembra costituire il centro cerebrale che media le funzioni di monitoraggio in itinere di un comportamento, cioè l’area che rileva la discrepanza tra un comportamento osservato e gli obiettivi previsti: una funzione cruciale nei processi di cambiamento. Diversi studi peraltro indicano che l’attivazione di queste due aree predice l’attitudine al cambiamento e l’effettivo conseguimento dell’obiettivo di cambiamento.

Anche la corteccia cerebrale prefrontale dorsolaterale viene attivata in un soggetto che sperimenta una forma di dissonanza cognitiva. Questa area cerebrale interviene nel controllo del comportamento e negli aggiustamenti comportamentali suscitati dalla percezione di una incongruenza, di un conflitto, tra condizioni attuali e obiettivi desiderati[iv].

 

L’azione e le decisioni creano le preferenze

Il senso comune suggerisce che le scelte, gli obiettivi e le azioni conseguenti sono generati dalle preferenze. Gli studi sulla dissonanza cognitiva sembrano suggerire il contrario. Le preferenze cioè sarebbero anche conseguenza delle azioni, delle affermazioni verso il cambiamento, delle scelte verso il cambiamento[v].

L’osservazione del comportamento passato, e anche l’affermazione orientata al cambiamento enunciata a famigliari, amici, oppure scritta in più occasioni su un diario, un quaderno, costituiscono le base cognitiva su cui vengono organizzate le preferenze. Studi di neuroimmagine dimostrano che i comportamenti e gli oggetti associati a scelte già prese sono in grado di attivare i sistemi cerebrali che mediano la previsione del piacere legato a un comportamento e la propensione all’azione[vi]. In questo senso, le scelte già prese, come verosimilmente l’enunciazione di obiettivi di cambiamento e la descrizione dei piani per conseguirli attivano segnali cerebrali che marcano una preferenza e generano quindi una motivazione a proseguire nella scelta già presa.

Torniamo adesso al modo in cui conviene fissare gli obiettivi e costruire piani d’azione per arrivare al cambiamento desiderato.

 

Formulare obiettivi e piani specifici per il cambiamento

Le persone che si danno obiettivi hanno più successo delle persone che non perseguono consapevolmente degli scopi. L’impostazione dell’obiettivo generalmente migliora le prestazioni, ma il tipo di obiettivo che una persona stabilisce è un fattore determinante nella sua effettiva realizzazione. Tra i fattori principali dell’efficacia di un obiettivo di cambiamento ci sono la sua specificità e la sua difficoltà.

La specificità dell’obiettivo si riferisce a quanto chiaramente uno scopo è in grado di fornire informazioni esatte e puntuali su cosa deve fare un individuo per raggiungerlo. Più l’obiettivo è specifico o esplicito, più precisamente le prestazioni sono regolate. L’alta specificità dell’obiettivo viene raggiunta principalmente attraverso la quantificazione o l’enumerazione. Funziona meglio cioè porsi come obiettivo la riduzione del numero di sigarette fumate da 40 a 25 in tre mesi che il proponimento “quest’anno fumerò meno” o “smetto di fumare”. E funziona meglio un obiettivo con un piano particolareggiato di come può essere raggiunto, ad esempio: a gennaio inizio passando alla sigaretta elettronica, poi mi unisco a un gruppo del vicino centro antifumo, intensifico la mia attività fisica camminando almeno 2 ore a settimana aumentando la durata di 10 minuti a settimana, non porto le sigarette a casa, e così via.In tal modo è possibile avere un insieme di istruzioni chiare cui appoggiarsi per contrastare l’inerzia delle abitudini quando per stanchezza, stress, noia, viene a mancare l’attenzione volontaria e il controllo del comportamento verso il cambiamento. 

 

Costruire, scrivere, un piano di cambiamento

La costruzione di un piano dettagliato di cambiamento è così un elemento cruciale nell’efficacia di un progetto di ristrutturazione delle abitudini. Vediamo come può essere formulato.Un primo suggerimento d’ordine generale riguarda la scrittura. Potrebbe essere più funzionale scrivere fisicamente, a penna, i piani e gli obiettivi su un diario, un’agenda, un calendario. La scrittura a mano ha un impatto cognitivo molto più elevato che digitare parole su una tastiera di un computer, su un tablet o uno smartphone[vii]. E questo impatto si riverbera sulle capacità di controllare cognitivamente e volontariamente le abitudini, gli automatismi, il craving nelle dipendenze. 

Esplorare i vantaggi del cambiamento

Nella formulazione dei piani particolareggiati per arrivare all’obiettivo potrebbe essere utile formulare domande aperte per attivare una riflessione attiva e critica sui vantaggi del cambiamento, del raggiungimento dell’obiettivo. Una migliore consapevolezza dei vantaggi del cambiamento garantisce una più forte motivazione all’impegno necessario a realizzarlo. Si potrebbe fare un elenco scritto dei vantaggi conseguibili e consultarlo periodicamente.

 

Esplorare le risorse personali e i supporti sociali

Nella costruzione di un piano vanno poi accuratamente esplorate le risorse personale e i supporti sociali utilizzabili per arrivare all’obiettivo. Potrebbe essere ad esempio utile interrogarsi su quali sono le abilità personali già precedentemente usate con successo su cui far leva nel raggiungimento del nuovo obiettivo. Allo stesso modo è utile domandarsi se e in che modo nel percorso di cambiamento è possibile trovare sostegno e aiuto nei famigliari, amici e nelle situazioni sociali. Nel caso è buona norma chiedere la disponibilità all’aiuto nelle situazioni in cui si prevede che potrebbe essere necessario, concordare delle modalità concrete di sostegno e simulare qualche volta la loro messa in atto.

 

Prevedere gli ostacoli e immaginare piani d’azione per superarli

Un altro elemento importante nella formulazione di un piano di cambiamento è immaginare il tipo di ostacoli al raggiungimento dell’obiettivo, il modo in cui potranno manifestarsi, dove, in quali situazioni, in quali giorni o momenti della giornata, la loro intensità e mettere a punto delle strategie preventive di evitamento o dei piani d’azione di fronteggiamento. Sarebbe utile provare a mettere in atto questi piani per aumentare la loro efficienza e la loro capacità di essere innescati dal presentarsi dell’ostacolo.  

Monitoraggio e feedback

La precisione e la chiarezza degli obiettivi e dei piani permette poi di monitorare il percorso di cambiamento, avere un feedback costante sugli esiti in corso e favorisce il controllo individuale delle prestazioni. Il feedback, il riscontro in itinere dei risultati delle nostri azioni orientante al cambiamento è cruciale per l’efficacia dell’impostazione degli obiettivi[viii]. È più facile raggiungere un obiettivo quando c’è un feedback che mostra se la direzione e i passi del nostro comportamenti sono direzionati adeguatamente o col ritmo previsto. E un riscontro sarà tanto più chiaro quando più precisi e dettagliati sono gli scopi e i piani formulati per arrivare al cambiamento desiderato. Senza feedback, le prestazioni possono essere emotivamente poco importanti e non coinvolgenti. Il riscontro costante al contrario permette a un individuo di constatare il raggiungimento dei traguardi intermedi previsti nel percorso di cambiamento. E la consapevolezza dei successi intermedi conseguiti genera soddisfazione emotiva e sostiene la motivazione a stare nell’impegno verso il cambiamento[ix]

L’autoefficacia

Umberto Boccioni, Elasticità, 1912, Museo del Novecento

La motivazione al raggiungimento dell’obiettivo dipende anche dalla cosiddetta autoefficacia, cioè dal credere nelle proprie capacità di organizzare, dare luogo e sostenere per un tempo dato i comportamenti necessari per affrontare una specifica situazione che si prospetta[x]. Maggiore è il senso di autoefficacia, maggiore è lo sforzo e l’investimento che un individuo sosterrà in un percorso di cambiamento. L’autoefficacia ha una natura soprattutto soggettiva ma è fortemente influenzata dal rapporto con gli altri individui. Una fonte di autoefficacia deriva dall’esperienza vicaria ad esempio. Questo è il caso di un individuo che conosce o ha addirittura partecipato in qualche modo a un percorso di cambiamento di successo realizzato da un’altra persona. La partecipazione ai gruppi di auto mutuo aiuto, come ad esempio Alcolisti anonimi, può garantire numerose esperienze vicarie di successo attraverso la condivisione delle storie delle persone che sono riuscite a raggiungere l’astinenza e mantenerla per anni. Analogamente l’autoefficacia di una persona si nutre della fiducia delle sue persone care. Famigliari, partner e le altre persone significative devono perciò fare grande attenzione all’atteggiamento che hanno nei confronti di chi è alle prese con un obiettivo di cambiamento. Il loro scetticismo, pure se fondato sull’osservazione di precedenti insuccessi, potrebbe minare la fiducia di chi sta cercando di raggiungere un obiettivo significativo e sabotare così la sua motivazione a stare nel difficile percorso di cambiamento. 

Il peso della motivazione

L’autoefficacia dipende anche dalla percezione della gravosità del percorso verso l’obiettivo prefissato. Un certo livello di complessità dell’impegno a cambiare può essere di stimolo alla motivazione. Ma un obiettivo troppo ambizioso e dei cambiamenti troppo rilevanti possono favorire il fallimento e alimentare la frustrazione e quindi l’abbandono del compito. In questo senso potrebbe essere utile formulare obiettivi e piani realistici ed effettivamente alla portata delle risorse e delle capacità personali. È fondamentale quindi iniziare con piccoli passi e percorsi di cambiamento contenuti e brevi, in modo tale da aumentare le probabilità di successo e quindi del verificarsi della spinta motivazionale a proseguire che deriva dal conseguimento dell’obiettivo prefissato. Le abitudini sono schemi complessi di azione, di microabitudini e pezzi di automatismi, edificati attraverso successive integrazioni e apprendimenti. Per questo il cambiamento è più semplice se interviene per gradi, per mezzo dell’acquisizione di obiettivi limitati, di microabitudini separate ma conseguenti e concatenate.

 

Ricadere nelle vecchie abitudini

In un percorso verso la realizzazione di un obiettivo, di un cambiamento, interverranno inevitabilmente degli inciampi. E la constatazione di questi insuccessi potrebbe erodere la motivazione a continuare. Una strategia per contrastare questo scaricamento motivazionale potrebbe essere quella di prendere nota e riflettere invece sulle contingenze, i comportamenti e le percezioni soggettive che accompagnano l’effettiva realizzazione delle tappe verso l’obiettivo. Ci si potrebbe chiedere cosa succede, dove sono, con chi sono, come mi sento quando effettivamente riesco a stare nel processo di cambiamento, a gestire l’inerzia delle abitudini, la ricaduta negli automatismi? Questo accorgimento allo stesso tempo fornisce una spinta motivazionale e diventa uno strumento di consapevolezza delle condizioni, degli stati d’animo, delle azioni, delle situazioni che facilitano il perseguimento dell’obiettivo.

 

Le ricadute come parte del percorso di apprendimento delle nuove abitudini

Non farsi scoraggiare dalle ricadute. Raggiungere un obiettivo nuovo attraverso una serie di azioni pianificate e contro abitudini radicate è un compito assai complesso. In questo percorso, che dipende da innumerevoli variabili, possono intervenire i più diversi e imprevisti ostacoli. Alcuni giorni la stanchezza o lo stress o il bisogno di evasione possono rendere insufficiente l’attenzione e l’energia necessaria a tenere sotto controllo il comportamento. È praticamente impossibile non cadere. Ma cadere non significa fallire. Cadere è parte dell’itinerario di apprendimento dei nuovi comportamenti desiderati. Allo stesso modo in cui da bambini abbiamo appreso a camminare, ogni volta che cadiamo impariamo un poco come evitare di cadere ancora.

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[i] Kober H, Kross EF, Mischel W, Hart CL, Ochsner KN. Regulation of craving by cognitive strategies in cigarette smokers. Drug and Alcohol Dependence. 2010;106:52–55; Feldstein Ewing SW, Filbey FM, Sabbineni A, Hutchison KE. How psychosocial alcohol interventions work: A preliminary look at what fMRI can tell us. Alcoholism: Clinical and Experimental Research. 2011;35(4):1–9; Feldstein Ewing SW, Houck JM, Truitt D, McEachern AD. The role of impulsivity, anger, verbal ability, and abstract reasoning in emerging adults’ treatment outcomes. Journal of Addiction and Prevention. 2013;1(1):5; Krishnan-Sarin S, Balodis IM, Kober H, Worhunsky PD, Liss T, Xu J, Potenza MN. An exploratory pilot study of the relationship between neural correlates of cognitive control and reduction in cigarette use among treatment-seeking adolescent smokers. Psychology of Addictive Behaviors. 2013;27:526–532.

[ii] Houck JM, Moyers TB, Tesche CD. Through a glass darkly: some insights on change talk via magnetoencephalography. Psychol Addict Behav. 2012;27(2):489-500.

[iii] Festinger L. Carlsmith J.M. Cognitive consequences of forced compliance J. Abnorm. Soc. Psychol. 1959; 58: 203-211

[iv] Mansouri FA, Tanaka K, Buckley MJ. Conflict-induced behavioural adjustment: A clue to the executive functions of the prefrontal cortex. Nat Rev Neurosci. 2009;10:141–152; Kerns JG, et al. Anterior cingulate conflict monitoring and adjustments in control. Science. 2004;303:1023–1026.

[v] Ariely D, Norton MI. How actions create–not just reveal–preferences. Trends Cogn Sci. 2008 Jan;12(1):13-6. Epub 2007 Dec 11.

[vi] Sharot T., Benedetto De Martino B., Dolan RJ. How choice reveals, and shapes, expected hedonic outcome. J Neurosci. 2009 Mar 25; 29(12): 3760–3765. doi: 10.1523/JNEUROSCI.4972-08.2009.

[vii] Mangen, A., and Velay, J. –L. (2010). Digitizing literacy: reflections on the haptics of writing. In Advances in Haptics, edited by M. H. Zadeh. http://www.intechopen.com/books/advances-in-haptics/digitizing-literacy-….

[viii] Erez, M., & Kanfer, F. H. (1983). The role of goal acceptance in goal setting and task performance. Academy of Management Review, 8(3), 3454-463; Reeve, J. (2005). Understanding motivation and emotion (4th ed.). Hoboken, NJ: John Wiley & Sons.

[ix] Bandura, A. (1991). Social cognitive theory of self-regulation. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 50(2), 2248-287. doi:10.1016/0749-5978(91)90022-L

[x] Bandura, A. (1986). Social foundations of thought and action: A social cognitive theory. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.

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