Cannabis e falsi ricordi: implicazioni legali

I falsi ricordi

Il falso ricordo è, come si intuisce dall’espressione, un ricordo non autentico, o perché del tutto inventato, o perché derivante da altri ricordi reali, ma in parte alterati. Un falso ricordo può crearsi dal nulla, come una fantasia non ancorata a fatti realmente accaduti, o essere il risultato di un’aggregazione di memorie da cui alcuni frammenti sono stati estrapolati e ricombinati insieme.

Come nascono i falsi ricordi?

Le ragioni per le quali un soggetto sviluppa un falso ricordo possono essere di due tipi:

Salvador Dalì, La disintegrazione della persistenza della memoria, 1952-54
  • ragioni di ordine biologico (es. encefalite, sindrome di Wernicke-Korsakoff, lesioni corticali prefrontali, abuso prolungato di sostanze)
  • ragioni di ordine psicologico (es. suggestione, manipolazione o influenza esterna)

Cannabis e falsi ricordi

Alcuni tipi di sostanze psicoattive possono generare un falso ricordo. In particolare, chi consuma cannabis sembra essere maggiormente a rischio di generare false memorie, confondendo realtà e immaginazione.
L’effetto negativo della cannabis sull’apprendimento e sulla memoria è stato ampiamente studiato[i], ma ultimamente è emerso che un abuso di questa sostanza può anche favorire l’errato riconoscimento di episodi, fatti e parole del passato. Questo fenomeno è stato associata all’azione della cannabis sui recettori per i cannabinoidi di tipo 1 (CB1) nell’ippocampo, una struttura cerebrale cruciale per la memoria[ii]. Una recente ricerca, condotta dall’Università della California, ha messo in evidenza che la cannabis può indurre a riconoscere come ricordi fatti non realmente avvenute e discorsi non effettivamente ascoltati, in particolare riguardo a ipotetici scenari criminosi[iii].

Lo studio è stato condotto su 64 consumatori di cannabis sani e occasionali con un rigoroso protocollo randomizzato (partecipanti arruolati in modo casuale), controllato con placebo (con soggetti che hanno assunto nello stesso laboratorio e con la stessa procedura una sostanza inerte) e in doppio cieco (né sperimentatori né partecipanti erano a conoscenza di chi assumeva una dose di cannabis o il placebo). In ogni esperimento dello studio, i partecipanti hanno inalato il vapore di una singola dose di cannabis (300 microgrammi di THC per kg di peso corporeo) o di un placebo e poi hanno eseguito compiti di memoria immediatamente dopo o a distanza di una settimana.
In un primo test, gli individui che avevano fumato cannabis si sono rivelati più inclini al falso riconoscimento, indicando come note alcune parole che in realtà non erano state presentate in precedenza. In altri due distinti esperimenti di realtà virtuale, invece, dopo aver assistito a una rissa o a un furto, i volontari sono stati esposti a flussi di disinformazione sugli eventi di cui erano stati “testimoni”: una serie di domande che suggerivano possibili scenari (come può capitare durante un processo) durante un’intervista o attraverso il resoconto di un secondo testimone virtuale. Anche in questo caso i dati raccolti hanno indicato che, rispetto ai soggetti esposti al placebo, i fumatori di cannabis avevano un maggior numero di falsi ricordi sia nell’immediatezza, nella fase dell’intossicazione, sia a lungo termine, interrogati a distanza di una settimana.

Implicazioni legali

Il fenomeno delle false memorie è comune anche tra coloro che non fanno uso di sostanze e dipende dal modo stesso con cui funziona la memoria e il richiamo dei ricordi[iv]. Questo studio, tuttavia, pone una questione seria relativamente alla conduzione di indagini su atti criminosi e in ambito legale. La cannabis è la sostanza illecita più usata in tutto il mondo. E ciò purtroppo rende piuttosto frequente l’associazione tra uso di cannabis e atti criminosi, nei soggetti sospettati e soprattutto nei testimoni oculari[v]. Considerato che le testimonianze oculari e di soggetti di cui si sospetta il coinvolgimento sono spesso l’unica prova su cui incardinare i processi, la raccolta di testimonianze affidabili è cruciale.

La maggiore probabilità di false memorie dovrebbe essere tenuta in conto dagli inquirenti nel corso delle indagini e in sede di giudizio, soprattutto se si ritiene plausibile o si è al corrente di un effettivo consumo della sostanza da parte del sospettato o del testimone.

 

Riferimenti bibliografici

[i] M. Ranganathan, D. C. D’Souza, The acute effects of cannabinoids on memory in humans: A review. Psychopharmacology (Berl.) 188, 425–444 (2006); S. J. Broyd, H. H. van Hell, C. Beale, M. Yücel, N. Solowij, Acute and chronic effects of cannabinoids on human cognition—A systematic review. Biol. Psychiatry 79, 557–567 (2016);

[ii] R. Mizrahi, J. J. Watts, K. Y. Tseng, Mechanisms contributing to cognitive deficits in cannabis users. Neuropharmacology 124, 84–88 (2017).

[iii] Lilian Kloft, Henry Otgaar, Arjan Blokland, Lauren A. Monds, Stefan W. Toennes, Elizabeth F. Loftus, Johannes G. Ramaekers, Cannabis increases susceptibility to false memory. Proceedings of the National Academy of Sciences Mar 2020, 117 (9) 4585-4589

[iv] E. F. Loftus, Memories of things unseen. Curr. Dir. Psychol. Sci. 13, 145–147 (2004).

[v] J. R. Evans, N. Schreiber Compo, M. B. Russano, Intoxicated witnesses and suspects: Procedures and prevalence according to law enforcement. Psychol. Public Policy Law 15, 194–221 (2009).

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Stefano Canali

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