Le parole, le emozioni e l’uso problematico di internet

Carlo Carrà, Madre e figlio, 1917. Milano, Pinacoteca di Brera

Per una specie ad elevata socialità come la nostra, la comunicazione è uno dei principali determinanti dell’adattamento e del benessere individuale. Per questa ragione, i processi comunicativi sono generalmente associati al piacere e alla gratificazione.

Gli studi sulle funzioni in vivo del cervello con tecniche di neuroimmagine, indicano che anche parlare di noi stessi attivi il sistema della ricompensa cerebrale e questa attivazione appare tanto più ricompensante quanto più è ampia l’apertura e la profondità dei messaggi e dei contenuti scambiati. L’apertura e la profondità della comunicazione di sé sono funzione della precisione e della vastità del lessico emotivo. Il numero delle parole con cui ci si riferisce alle emozioni e la capacità di comporre i segni linguistici in ragionamenti o enunciati sul sé dotati di senso, sono elementi cruciali non solo in questi processi di comunicazione. I termini del dizionario emotivo e la loro combinazione permettono infatti di individuare e dar forma a elementi del proprio vissuto psichico altrimenti magmatici e inafferrabili. Per questo i livelli di comprensione e di comunicazione linguistica delle emozioni sono così intimamente connessi al grado e all’articolazione della comprensione delle proprie dinamiche mentali e quindi alle capacità di regolare il proprio comportamento, di far fronte allo stress e al disagio. Come abbiamo illustrato in un post precedente, esprimere linguisticamente le emozioni disturbanti disinnesca i centri e le vie cerebrali che mediano l’esperienza soggettiva del disagio e l’attivazione dell’asse dello stress, con tutta la cascata di fenomeni fisiologici che possono poi determinare anche una malattia somatica.

 

Internet, social media e comprensione delle emozioni

L’avvento di Internet, l’uso diffuso di smartphone e social network hanno esponenzialmente aumentato la possibilità di parlare di sé. Purtroppo le modalità e il linguaggio con cui tipicamente si veicolano le comunicazioni attraverso questi media presentano diversi aspetti problematici.

 

La povertà della comunicazione emotiva senza corpo

Il primo difetto è intrinseco al funzionamento di tutte le comunicazioni a distanza. L’apertura e la comunicazione profonda nell’uomo si realizzano anche attraverso l’espressione delle emozioni, nei gesti, nelle espressioni facciali, nella postura, nell’attivazione motoria. Sono anzi questi segnali, piuttosto che le parole a trasmettere il senso più veritiero dei significati mediati dai segni linguistici. Come sembrano aver dimostrato le ricerche di Paul Ekman sulle microespressioni emotive, esiste un livello di codificazione motoria delle dinamiche affettive nel corpo e nel volto inaccessibile al controllo volontario e perciò non dissimulabile. Così, per chi li sa leggere, alcuni aspetti minuti dell’espressione corporea e facciale della vita psichica profonda sono decodificabili e possono rivelare la distanza delle parole dette dal senso e dalle intenzioni profonde di chi le produce.

Ma la comunicazione emotiva e di sé a distanza si svolge in assenza del corpo e resta di conseguenza un rapporto amputato.

 

Anafabetismo emotivo funzionale sui social media

Purtroppo, nella comunicazione su internet, social media, attraverso messaggi con smartphone, al difetto appena discusso si aggiunge comunemente una sconcertante povertà delle sfumature, della precisione, della profondità e delle articolazioni del discorso di sé e del racconto delle emozioni.

Una frontiera di ricerca si è aperta su questo tema e si sta cercando di capire come studiare gli effetti di questa modalità di comunicazione del sé e di espressione della propria vita psichica sul benessere emotivo degli individui che ne fanno maggior uso.

 

Nuove tecnologie della comunicazione e disturbi della comprensione e dell’espressione emotiva (alessitimia)

Ma cosa rischiano con l’uso consistente o con l’abuso di questi strumenti le persone che soffrono già di un disturbo della comprensione e dell’espressione delle emozioni come l’alessitimia?

L’alessitimia è un disturbo della regolazione affettiva ed è caratterizzata da una capacità ridotta di identificare, analizzare le emozioni proprie e degli altri. L’alessitimia si accompagna anche con un’evidente incapacità di esprimere le proprie emozioni e di entrare in empatia con la dimensione affettiva dell’altro. Conseguentemente, il soggetto con alessitimia, ha grosse difficoltà sul piano sociale e relazionale in quanto non è in grado di produrre comunicazioni dotate di valore affettivo, che è ciò che conferisce spessore ed evidenza all’oggetto della comunicazione, motivazione a corrisponderla da parte degli altri (1, 2). Da qui, a maggior ragione, l’enorme fatica che incontrano questi individui a stabilire e alimentare relazioni che abbiano una connotazione emotiva adeguata.

 

Le strategie disfunzionali di adattamento nell’alessitimia

Una delle strategie disfunzionali, che spesso l’individuo alessitimico mette in atto per tentare di regolare le sue emozioni nell’ambiente in cui vive è quella di mettere in atto comportamenti compulsivi che in molti casi, è stato osservato, consistono nell’uso e abuso di sostanze o di pratiche quali l’uso incontrollato di internet, attraverso le quali il soggetto cerca di far fronte alla scarsa gratificazione ottenuta dalle insoddisfacenti relazioni sociali (3, 4).

I risultati di alcune ricerche sembrano indicare che la presenza di alessitimia, intesa anche come scarsa intelligenza emotiva, sia un forte predittore di comportamenti legati all’uso compulsivo di internet e social media. L’uso privilegiato e poi l’abuso di questi strumenti potrebbe dipendere dal fatto che nelle comunicazioni a distanza che permettono viene meno la difficoltà di sostenere il peso e la complessità dei segnali legati alla presenza fisica dell’interlocutore (5, 6). Col tempo, l’uso continuativo di questa comunicazione a distanza, in modo circolare, viene rinforzato perché comunque può rappresentare una risposta rinforzante e compensativa delle mancanti relazioni sociali e in tal modo l’uso di internet e dei social media può trasformarsi in abuso, una forma di dipendenza (addiction), e diventare problematico.

 

Internet e social media addiction

Il concetto di Internet addiction, come variante del comportamento di dipendenza è stato introdotto nel 1998 da Young, il quale aveva evidenziato che l’uso eccessivo di internet può causare problematiche personali, familiari e professionali simili a quelle documentate in altre dipendenze consolidate (es. gioco d’azzardo, dipendenza da sostanze psicoattive, alcol, etc.) (7). Tuttavia, diversi autori hanno criticato tale definizione in quanto troppo basata sul modello delle dipendenze e troppo restrittiva per catturare tutta la popolazione di utenti che potrebbero adoperare internet in un modo disfunzionale.

Per queste ragioni, si preferisce spesso il termine “Problematic Internet Use” (8). L’uso problematico di internet si manifesta prevalentemente nei giovani adulti, con tassi di prevalenza assai elevati. Si stima sino al 38% della popolazione giovanile e dei giovani adulti possa avere un rapporto problematico con internet e i social media (9).

 

Uso problematico di internet/social media e alessitimia

Sono in corso numerosi studi per esplorare i correlati fisiologici, psicosociali e biologici del Problematic Internet Use / Internet Addiction. Tra i tratti psicologici che più sembrano accompagnarsi all’uso problematico di internet e social media troviamo l’alessitimia, la difficoltà a riconoscere ed esprimere le emozioni.

In uno studio di revisione sui più recenti articoli scientifici sull’argomento, Mahapatra e collaboratori hanno evidenziato l’esistenza una marcata correlazione tra alessitimia e dipendenza da internet. Esistono certamente altri fattori che sembrano ricorrere in associazione diretta o indiretta all’alessitimia e all’uso problematico di internet e social media: maltrattamenti infantili, dissociazione, presenza di patologie psichiatriche, attaccamento insicuro in infanzia (10).

Tutti gli studi inclusi nella revisione sono trasversali e seguono un disegno correlazionale. Ma i rapporti di causa effetto non possono essere stabiliti dalla correlazione, dalla associazione di fattori, dalla compresenza di particolari fatti o condizioni. Di conseguenza non si può dire che esista un rapporto di causa-effetto tra alessitimia e uso disfunzionale di internet e social media.

Inoltre, gli studi sono stati condotti esclusivamente in una popolazione di adolescenti o giovani adulti. C’è una possibilità che in un questo specifico campione l’associazione tra alessitimia e uso problematico di internet dipenda da una sfida tipica dell’età evolutiva. Questa sfida sta nella difficoltà che soprattutto gli adolescenti incontrano nel processo di individuazione e separazione, oltre che nello sviluppo di relazioni intime e strette. Soggetti che in questa particolare presentano un tratto di alessitimia potrebbero trovare difficile gestire la tipica intensità che nei giovani accompagna gli stati emotivi vissuti durante le relazioni sociali, le esperienze di condivisione, la novità. Per evitare livelli dolorosi di ansia e ansia sociale, questi individui preferirebbero il ritiro. In tali casi, garantendo la distanza, l’assenza fisica, e l’osservazione diretta degli altri, Internet e i social media possono rappresentare una forma più conveniente di mezzo di comunicazione capace di colmare almeno in parte bisogni fondamentali di relazioni che restano altrimenti totalmente insoddisfatti (11).

Prospettive interessanti per la ricerca futura, sono sicuramente quelle di esplorare la direzione dell’associazione tra alessitimia e uso disfunzionale di internet. Sarebbe cioè opportuno comprendere se l’alessitimia favorisce l’uso problematico di internet e social media oppure se è l’abuso di internet e social media a facilitare lo sviluppo dell’alessitimia. Si dovrebbero realizzare in studi longitudinali, cioè nel tempo, in contesti variegati, per cercare di delineare gli eventuali aspetti interculturali ed ambientali medianti che contribuiscono a mediare l’associazione tra alessitimia e uso problematico di internet. In questo modo sarebbe possibile avviare strategie preventive e mirate, rivolte ai gruppi con più alto rischio e allo stesso tempo mettere a punto strategie terapeutiche più razionali ed efficaci.

Stefano Canali e Alessia Bassi

 

Riferimenti bibliografici

  1. Timoney, L. R., & Holder, M. D. (2013). Correlates of Alexithymia. Springer, pp. 41–60. http://dx.doi.org/10.1007/978-94-007-7177-2_6.
  2. Feldmanhall,O.,Dalgleish,T.,&Mobbs,D.(2013).Alexithymia decrease saltruism in real social decisions. Cortex, 49(3), 899–904. http://dx.doi.org/10.1016/j.cortex.2012. 10.015.
  3. Morie, K. P., Yip, S. W., Nich, C., Hunkele, K., Carroll, K. M., & Potenza, M. N. (2016). Alexithymia and addiction: A review and preliminary data suggesting neurobiological links to reward/loss processing. Current Addiction Reports, 3(2), 239–248.
  4. Taylor, G. J., Bagby, R. M., & Parker, J. D. (1991). The alexithymia construct. A potential paradigm for psychosomatic medicine. Psychosomatics, 32(2), 153–164.
  5. McKenna, K. Y. A., & Bargh, J. A. (2000). Plan 9 from cyberspace: The implications of the internet for personality and social psychology. Personality and Social Psychology Review, 4(1), 57–75. http://dx.doi.org/10.1207/S15327957PSPR0401_6.
  6. Engelberg, E., & Sjöberg, L. (2004). Internet use, social skills, and adjustment. Cyberpsychology & Behavior, 7(1), 41–47. http://dx.doi.org/10.1089/ 10949310432282010.
  7. Young, K. S. (1998a). Internet addiction: The emergence of a new clinical disorder. Cyberpsychology & Behavior, 1(3), 237–244. http://dx.doi.org/10.1089/cpb.1998.1. 237.
  8. Shapira, N. A., Lessig, M. C., Goldsmith, T. D., et al. (2003). Problematic internet use: Proposed classification and diagnostic criteria. Depression and Anxiety, 17(4), 207–216. http://dx.doi.org/10.1002/da.10094.
  9. Chakraborty, K., Basu, D., & Vijaya Kumar, K. G. (2010). Internet addiction: Consensus, controversies, and the way ahead. East Asian Arch Psychiatry, 20(3), 123–132.
  10. Ananya Mahapatraa, Pawan Sharma (article in press).Addictive Behaviors: Association of Internet addiction and alexithymia – A scoping review
  11. McKenna, K. Y. A., & Bargh, J. A. (2000). Plan 9 from cyberspace: The implications of the internet for personality and social psychology. Personality and Social Psychology Review, 4(1), 57–75. http://dx.doi.org/10.1207/S15327957PSPR0401_6.

 

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