L’autocontrollo, cos’è, come funziona, come si potenzia

La dipendenza viene definita come la perdita del controllo volontario sull’uso di una sostanza o su un comportamento, come accade per esempio nel gioco d’azzardo patologico. Per la sua comprensione e il suo razionale trattamento è quindi fondamentale comprendere cosa sia il controllo volontario del comportamento, l’autocontrollo.

Regolare le emozioniL’autocontrollo rappresenta una delle funzioni esecutive ed è la capacità di regolare intenzionalmente le proprie azioni a dispetto di un’emozione o di una tendenza ad agire in modo impulsivo o automatico. In generale, si potrebbe dire che l’autocontrollo è l’abilità di inibire una tendenza impulsiva ad agire in quanto in contrasto con la realizzazione di un obiettivo a lungo termine.

Ne ho scritto estesamente nel mio ultimo libro Regolare le emozioni. Teorie e metodi per lo sviluppo e il potenziamento dell’autocontrollo, pubblicato dall’editore Carocci, per molti mesi uno dei libri più venduti su amazon nei settori psichiatria e psicologia, presentato, tra gli altri in questo post e sul sito letture.org

 

Le funzioni dell’autocontrollo

L’abilità di controllare il proprio comportamento è alla base della capacità, tutta umana, di cooperare, di entrare in forme di relazioni sociali assai complesse e regolate. Sarebbe infatti impossibile e anche terribile vivere in comunità se tutti gli individui dessero corso in modo libero ai loro impulsi istintivi o egoistici. L’autocontrollo serve anche per l’interesse e il benessere dell’individuo, permettendo scelte non impulsive, di gestire il corso dei comportamenti necessari a raggiungere un determinato obiettivo, di resistere alle distrazioni, ai pensieri indesiderati e alle tentazioni presenti nell’ambiente.

La specie umana ha una elevata capacità di autocontrollo, questo ci rende in grado di gestire una massa esorbitante di stimoli che tendono a innescare automatismi, azioni istintive o spinte impulsive ed egoistiche, tese per la soddisfazione di desideri insorgenti. Diverse ricerche hanno dimostrato che ogni giorno realizziamo molte decine di atti di autocontrollo: reprimere l’impulso di prendere a male parole qualcuno che riteniamo averci fatto uno sgarbo, l’impulso di mangiare la terza fetta di dolce a un party, di bere l’ennesimo bicchiere di vino a una cena fuori perché sappiamo di dover guidare al ritorno, inibire il desiderio di procrastinare a un altro giorno il compito da fare perché ci hanno chiamato gli amici per un giro e così via. Purtroppo proprio il grande utilizzo di questa funzione esecutiva nell’arco della giornata tende a scaricarla e quindi rende molto elevata, in certe circostanze, la possibilità di fallimenti nell’esercizio dell’autocontrollo. Questi insuccessi, come le azioni violente d’impulso, le reazioni rabbiose, il bere e il mangiare sregolati, le distrazioni alla guida, l’uso di sostanze psicoattive, di droghe, il gioco d’azzardo, l’uso impulsivo dei soldi e della propria salute, hanno effetti cospicui non solo al livello degli individui, ma anche sul piano sociale ed economico.

È stato stimato che circa il 40% di tutte le morti sia attribuibile a scarse capacità di autoregolazione; ciò comprende sia le morti violente, per incidenti o per comportamenti rischiosi o violenti, sia le morti per comportamenti alimentari e stili di vita patogeni, come la sedentarietà, il fumo, l’alcol e così via[i]. Al contrario è noto che le capacità di autocontrollo correlano con relazioni più sane, carriera scolastica e lavorative migliori e basso rischio di patologia mentale e comportamenti devianti[ii].

La ricerca ha dimostrato che le emozioni negative facilitano la perdita del controllo. Ciò vale anche per la perdita di controllo sugli impulsi al consumo di droghe. Si ritiene in questo caso che le emozioni negative occupino l’attenzione e altri aspetti delle funzioni cognitive drenando così le risorse esecutive necessarie al controllo dell’impulso appetivo, del desiderio della sostanza. Per questi nelle problematiche del discontrollo, come le dipendenze, è fondamentale evitare o ridurre la presenza di emozioni negative, perché queste portano verosimilmente alle ricadute.

 

Le basi cerebrali dell’autocontrollo

Ossip Zadkine, Testa umana, 1923
Ossip Zadkine, Testa umana, 1923

Buona parte delle cose che si sanno a proposito dell’autocontrollo viene dai casi di studio neuropsicologici, dall’osservazione di pazienti con lesioni, danni o disfunzioni al cervello.

I pazienti con lesioni della corteccia prefrontale, della parte ventromediale in particolare, hanno costantemente manifestato l’apparizione di tratti di disinibizione, impulsività, aggressività, violenza. Queste persone sembrano incapaci di regolare i loro comportamenti emotivi e sociali e diventano aggressivi e antisociali e allo stesso tempo sembrano soffrire la mancanza di capacità nella pianificazione e nella regolazione degli appetiti (alimentari, sessuali, verso le sostanze psicoattive). I pazienti con danni alla corteccia prefrontale ventromediale hanno gravi difficoltà a incorporare i segnali e i feedback dalle altre persone, così come le norme sociali. Ciò non sembra dipendere, però, dalla compromissione della capacità di comprendere il comportamento e le emozioni degli altri così come le norme sociali. I pazienti, infatti, sono spesso pienamente consapevoli dell’inappropriatezza del loro comportamento, ma non riescono a controllarlo o inibirlo. Evidentemente questa area svolge una funzione inibitoria sui centri del cervello emotivo ed impulsivo e quando una lesione o un danno ne pregiudica l’attività, i comportamenti impulsivi, compresa l’aggressività, non riescono ad essere regolati.

Anche le ricerche neuroscientifiche sulle funzioni normali, sui soggetti sani, indicano che l’autocontrollo dipende in generale dalla corteccia prefrontale[iii]. L’autocontrollo sembra, così, essere una funzione top-down, dall’alto verso il basso, nel senso che le aree superiori della corteccia prefrontale, dove sono codificati valori, le rappresentazioni, le emozioni degli altri, le funzioni cognitive e sociali, regolano e inibiscono le funzioni dei centri emotivi ed impulsivi situati in profondità, nel centro del cervello affettivo, nelle parti più antiche del sistema limbico e del sistema di ricompensa. Esisterebbe, cioè, all’interno del cervello un sistema neurocomportamentale fatto di strutture funzionali in competizione con aree profonde di tipo impulsivo (amigdala, setto, accumbens nel sistema limbico) e aree inibitorie (corteccia prefrontale). Per ogni azione si attiverebbe, così, una specie di bilancia dove la spinta impulsiva tende ad essere contrastata da un controllo cognitivo ed inibitorio dalla corteccia prefrontale. Se l’attivazione emotivo-impulsiva è troppo intensa o i controlli cognitivi troppo deboli o assenti per disattenzione, stress, depressione, sovraccarico cognitivo, questo sistema cerebrale, allora, darà innesco al comportamento impulsivo, come potrebbe essere il consumo di una sostanza quando si vorrebbe smettere, un’abbuffata mentre si tenta di perdere peso, uno scatto d’ira. Questa bilancia tra attivazione comportamentale e controllo cognitivo inibitorio vale anche per gli automatismi. L’autocontrollo serve anche a presidiare l’inconsapevole scivolamento verso i comportamenti abituali e automatici, che pure caratterizzano certe forme di uso delle sostanze, come soprattutto il tabacco. Si pensi a come, senza una reale decisione consapevole, i tabagisti si accendano una sigaretta in certi momenti della giornata, come dopo un pasto o durante l’attesa di qualcosa che dà un certo livello di ansia. Ma esistono altre numerose abitudini e automatismi importanti ai fini del benessere psicologico e fisico che l’autocontrollo regola, spesso fallendo quando affaticato o scarica: prendere lo smartphone a ogni notifica e poi lasciarsi prendere dalla consultazione dei contenuti linkati o proposti che si incontrano nell’interazione col dispositivo; entrare in casa, accendere la televisione e buttarsi sul divano quando invece ci sono tutta una serie di altre incombenze cui provvedere e quando si dovrebbe usare il tempo prima della cena per fare un poco di moto ed esercizio fisico; aprire il frigorifero e la dispensa quando ci si sente nervosi o preoccupati e mangiare a caso le prime cose dolci e grasse che si trovano, e cosi via.

Molti studi di visualizzazione delle funzioni del cervello dimostrano che, quando un’emozione o la tendenza ad agire un impulso, soddisfare una gratificazione immediata, sono elaborati cognitivamente, si attivano le aree della corteccia prefrontale e in parallelo si disattivano i centri della reattività emotiva ed impulsiva, come soprattutto l’amigdala, il setto, il nucleo accumbens. Questi studi forniscono una descrizione delle basi neurali delle strategie del controllo volontario del comportamento le quali sono, infatti, fondamentalmente centrate sulla attivazione di meccanismi cognitivi a più livelli, dalla dislocazione dell’attenzione dallo stimolo innescante all’uso di forme di astrazione cognitiva dello stimolo, all’utilizzo di affermazioni, all’implementazione di intenzioni preformulate, alla previsione degli effetti del comportamento impulsivo, all’osservazione non giudicante dei processi emotivi secondo le tecniche mindfulness.

 

Potenziare l’autocontrollo

Una strategia generale di intervento per il miglioramento dell’autocontrollo è il potenziamento delle attività inibitorie della corteccia prefrontale, una cosa che può essere ottenuta lavorando sul potenziamento del lessico emotivo. L’espansione del numero di termini con cui rappresentare più finemente e precisamente i propri stati emotivi e quelli degli altri estende le possibilità di elaborare cognitivamente, quindi attraverso le aree corticali prefrontali e linguistiche, le spinte impulsive provenienti dai centri più primitivi del cervello.

Il potenziamento delle attività inibitorie della corteccia prefrontale si può ottenere anche con esercizi mirati al reclutamento di questa area, come la mindfulness o esercizi che sviluppano le capacità di attenzione, concentrazione, di gestione degli automatismi e dei comportamenti riflessi. Si veda in dettaglio in questo post. La reiterazione di questi esercizi, per effetto della neuroplasticità, potrà rendere più potenti ed efficienti le funzioni inibitorie di questa area del cervello.

Sarebbe così importante ai fini preventivi e anche nel corso del trattamento delle dipendenze, lavorare sul rafforzamento delle funzioni di autocontrollo. Senza un controllo volontario pienamente ristabilito un soggetto trattato è condannato a ricadere inevitabilmente nell’abuso della sostanza cui era legato o in una nuova dipendenza, magari comportamentali o affettiva, che sostituisce la prima, talora con esiti peggiori.

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[i] Schroeder, S.A. (2007) We can do better–improving the health of the American people.New Engl. J. Med.357, 1221–1228.

[ii] Tangney, J.P.et al.(2004) High self-control predicts good adjustment,less pathology, better grades, and interpersonal success. J. Pers.72, 271–324.

[iii] Davidson RJ, Putnam KM, Larson CL. Dysfunction in the neural circuitry of emotion regulation–a possible prelude to violence. Science. 2000 Jul 28;289(5479):591-4.

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