La prevenzione del consumo di droghe a scuola (giornata mondiale dell’insegnante)

Oggi 5 ottobre, è la giornata mondiale degli insegnanti. Tra le mille e spesso improprie attese che si nutrono nei confronti degli insegnanti e della scuola c’è quello della prevenzione del consumo di droghe e sostanze psicoattive.

Alla scuola e agli insegnanti si chiede tanto per la prevenzione delle dipendenze. Ma si chiedono cose inappropriate, spesso cose che la scuola non può e anche non dovrebbe fare. Mentre purtroppo si trascurano le condizioni e i fattori attraverso cui la scuola naturalmente potrebbe ottenere, anche solo come indiretta conseguenza, la prevenzione di questi comportamenti.

 

La prevenzione come educazione

Mauritius Cornelius Escher, Nella classe di de Mesquitas, 1920

La parola che dà senso e collega i termini “scuola” e “prevenzione” è “educazione”. La scuola e la prevenzione riguardano infatti l’educazione – l’atto o il processo con cui si sostiene e si facilita l’acquisizione di conoscenze e competenze, lo sviluppo della capacità di ragionare e giudicare, la formazione di un individuo autonomo, intellettualmente ed emotivamente maturo per la vita adulta.

Per questo, una scuola che funziona come dovrebbe contribuisce per definizione a prevenire il consumo problematico di sostanza. Ma una scuola può educare veramente e veramente fare prevenzione solo se ciò che è e ciò che fa è riconosciuto a livello sociale e politico, se ciò che insegna è riflesso a livello sociale e politico. Una scuola può educare veramente e veramente fare prevenzione solo se l’istruzione è vista come qualcosa che coinvolge l’intero sistema che contribuisce a educare: non solo la scuola, ma anche i genitori, la comunità del territorio, il sistema produttivo. Purtroppo è evidente quanto questa condizione ideale sia lontana e appaia addirittura irrealizzabile data la situazione attuale.

Dentro a questo sistema educativo che non gira la scuola cerca di fare qualcosa di specificamente dedicato alla prevenzione delle dipendenze, spesso purtroppo però le buone intenzioni, quando non accompagnata da una solida conoscenza degli ingredienti attivi della prevenzioni e delle valutazioni scientifiche di efficacia delle strategie messe in campo finiscono per produrre effetti opposti a quelli attesi[i].

Fare prevenzione delle dipendenze a scuola può essere utile ma bisogna fare molta attenzione[ii].

 

5 approcci alla prevenzione del consumo di sostanze da evitare a scuola

 

1. Usare la paura

William H. Johnson, Classroom scene, 1946

È comprensibile il motivo per cui si ritiene comunemente che si possa fare prevenzione mostrano le conseguenze più terrificanti dell’abuso di droghe “mettere le persone fuori” usandoli. La ricerca tuttavia dimostra che questa strategia non funziona[iii].

Il terrorismo può avere un impatto a breve termine su alcuni. Può anche avere un impatto a lungo termine. Ma questo generalmente riguarda proprio quei giovani già non a rischio, i ragazzi meno impulsivi e meno propensi a porre in atto comportamenti devianti o di ricerca di sensazioni forti, eccitazione. Nei soggetti più vulnerabili al consumo, più impulsivi e suscettibili al fascino dei comportamenti devianti, del rischio e delle sensazioni forti, proprio la conoscenza di certi effetti avversi, soprattutto psicologici, può addirittura favorire la voglia di esplorare e consumare le sostanze.

In generale quindi, mettere paura è una strategia fallimentare. I giovani tenderanno a leggere il messaggio terroristico come informazione distorta o irreale, generalmente non corrispondente alla loro esperienza o all’osservazione di ciò che accade agli altri. Infatti, sebbene una parte cospicua dei ragazzi usi una qualche sostanza psicoattiva, compreso alcol e tabacco, solo pochi, per fortuna, sviluppano comportamenti problematici, dipendenze o danni fisici gravi.

I ragazzi peraltro tendono a rispondere a questi messaggi con ragionamenti o discorsi elusivi: “questo non potrà succedere a me” e “mio nonno beve sempre alcol ed è vivo e tutto sommato sano a 80 anni “.

Inoltre le scienze psicologiche e le neuroscienze hanno dimostrato ampiamente come i ragazzi vivano entro un orizzonte temporale molto ritretto, qui e ora, non siano in grado di sentire emotivamente e motivazionalmente il futuro, le conseguenze future dei propri comportamenti. Così, sebbene possano sapere perfettamente che usare un sostanza fa male e ha conseguenze negative sul loro sviluppo e la lo salute futura, questa conoscenza non riesce a tradursi in un sentire emotivo e in una motivazione a non consumare.

 

2. Invitare a parlare gli ex tossicodipendenti a scuola

Si tratta di un’altra strategia comune e comprensibile, ma ancora una volta un metodo che le valutazioni scientifiche di efficacia hanno dimostrato essere inadeguata e talora anche controproducente. A riassumere le ragioni di questa inefficacia il commento di un quattordicenne a uno di questi testimoni fatto durante un incontro a scuola: “Quindi se fai uso di droghe puoi goderti le cose buone che ti danno e una volta che quelle cattive vengono fuori puoi fermarti e poi ottenere un lavoro che ti permette di essere un esperto e salire sul palco per parlare con la gente ed essere visto come una persona speciale. Non male.”

 

3. Informare, fornire semplicemente i fatti

I comportamenti di un individuo dipendono certamente da ciò che sa ed è giusto informare i ragazzi sui meccanismi d’azione e gli effetti delle sostanze psicoattive. Purtroppo le azioni sono solo in parte determinate dalla conoscenza. Tutti i fumatori, quelli che usano l’alcol e i consumatori di sostanze illecite conoscono in misura più o meno rilevante i rischi cui vanno incontro, ma ciò non li trattiene dal consumo. Il ruolo marginale della conoscenza e dell’informazione nelle decisione è ancora più marcato nei giovani rispetto agli adulti. Nei ragazzi, le decisioni sui comportamenti da intraprendere sono maggiormente dettate da impulsività, ricerca della gratificazione immediata, sottovalutazione delle conseguenze future e pressioni dei pari.

Come per le strategie viste sopra, questo approccio può rafforzare l’attitudine a non consumare per chi già la possiede, ma da sola offre poco altro in termini di miglioramento delle competenze decisionali, di autocontrollo, di fronteggiamento delle pressioni al consumo dei pari. Piuttosto che informazioni sulle droghe sarebbero quindi molto più utili le conoscenze sulle strategie di rafforzamento delle capacità di autoregolazione, per migliorare l’autoefficacia, per la gestione delle emozioni indesiderate e dello stress, per saper resistere in modo efficace all’influenza sociale verso il consumo[iv].

 

4. Just say no! Alla droga dico no!

Un slogan lanciato dalla più vasta e più lunga campagna di prevenzione mai realizzata al mondo, quella avviata nel 1982 dall’amministrazione Reagan negli USA. Un motto sintetico, memorabile e apparentemente incisivo. Ma è stato ed è efficace? La ricerca fatta sugli esiti di questa campagna e di questo approccio indicherebbe che la strategia non funziona[v]. Essa può contribuire a rafforzare la convinzione a non consumare nelle persone che già hanno un’attitudine negativa verso l’uso. Purtroppo ai soggetti più vulnerabili non offre strumenti utili a resistere alle pressioni verso il consumo oppure a regolare emozioni e stati d’animo negativi che possono favorire la ricerca e l’uso di droghe. E intendiamo “dire di no” a tutte le sostanze psicoattive? Che dire dell’uso di farmaci psicoattivi che possono essere utili? Che dire dell’uso di alcol per lo sballo? Non si chiama droga ma è parimenti se non ancora più pericoloso e cosa dire infine, al contrario, dell’uso regolato dell’alcol e del tabacco in situazioni sociali?

 

5. Usare esperti Portare specialisti medici, poliziotti, farmacologi, ecc.

Le occasioni di incontro con esperti e specialisti a scuole possono essere molto interessanti – in particolare per gli adulti o gli insegnanti, ma hanno meno probabilità di essere efficaci per gli studenti[vi]. Prima di tutto di solito significa stare seduti ad ascoltare passivamente e sappiamo che senza un coinvolgimento attivo non c’è reale interiorizzazione dell’apprendimento e non è quindi possibile ottenere la prevenzione. In secondo luogo, con questo approccio piuttosto che rispondere alle domande e alle esigenze sentite dai ragazzi, gli adulti impongono la trasmissione di contenuti e prospettive, spesso sbagliando mira e generalmente senza riuscire a intercettare la fiducia e l’ascolto reale. In terzo luogo specialisti ed esperti esterni non sono di solito formati e competenti per la gestione di processi educativi, lavoro in cui gli insegnanti sono esperti. Ciò non significa che questi interventi vanno esclusi a priori ma che vanno accortamente studiati e organizzati insieme a insegnanti e studenti affinché rispondano a esigenze di comprensione specifiche e si svolgano con la massima efficienza pedagogica, guidati e regolati dagli insegnanti stessi[vii].

 

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[i] McBride N. A systematic review of school drug education. Health Educ Res. 2003 Dec;18(6):729-42; Hawthorne G, Gerrad J, Dunt D. Does life education’s drug education program have a public health benefit? Addiction, 1995; 90: 205-216.

[ii] Prevention of Drug Use in Schools – World Health Organization

[iii] Tobler N, Stratton H. Effectiveness of school-based drug prevention programs: A meta-analysis of the research. Journal of Primary Prevention, 1997; 18: 71-128.

[iv] Scheier L, Botvin D, Diaz T, Griffin K. Social skills, competence and drug refusal efficacy as predictors of adolescent alcohol use. Journal of Drug Education, 1999; 29: 251-278.

[v] Scott O. Lilienfeld and Hal Arkowitz, Why “Just Say No” Doesn’t WorkScientific American (January 1, 2014)

[vi] Rigg, K. K., & Menendez, K. M. (2018). Drug prevention programmes in schools: Selecting programme providers. Health Education Journal77(5), 586–597. https://doi.org/10.1177/0017896918763454

[vii] Ennett S, Ringwalt C, Thorne J, Rohrbach L, Vincus A, SimonsRudolph A, Jones S. A comparison of current practice in schoolbased substance use prevention programs with meta-analysis findings. Prevention Science, 2003 Mar; 4(1): 1-14

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