Training cognitivi per il trattamento delle dipendenze: allenare la memoria di lavoro

I training cognitivi per il trattamento delle dipendenze sono diventati negli ultimi anni un modello di strategie di intervento di grande interesse per la ricerca clinica. D’altra parte, la fondatezza teorica di questo approccio è stata ripetutamente corroborata anche dalle indagini sull’efficacia delle terapie farmacologiche[1] e comportamentali[2], [3]. Questi studi infatti sembrano aver definitivamente chiarito che l’effetto delle terapie delle dipendenze sia correlato anche al miglioramento delle funzioni cognitive ed esecutive, al recupero della funzionale dei sistemi cerebrali per il controllo volontario e cognitivo.

Gli interventi di training cognitivo sono generalmente basati sulla pratica ripetuta di un determinato compito cognitivo, con l’obiettivo di beneficiare dello specifico dominio cognitivo del compito, e anche di utilizzare tale vantaggio per altri domini cognitivi. Uno dei training cognitivi attualmente più studiati è quello per la memoria di lavoro [4].

La memoria di lavoro è un sistema complesso per la selezione, l’immagazzinamento temporaneo dell’informazione e la sua manipolazione in vista del controllo dell’azione. Tra le sue diverse funzioni troviamo infatti processi fondamentali per il controllo volontario del comportamento, come quello del controllo dell’attenzione, l’interfacciamento con la memoria a lungo termine e i sistemi decisionali[5].

Studi con training per la memoria di lavoro hanno dimostrato promettenti risultati nel trattamento di diversi disturbi neurologici, psichiatrici come l’ADHD[6], i disturbi cognitivi in età evolutiva[7], il declino delle funzioni cognitive ed esecutive nell’anziano sano e con lieve disturbo cognitivo[8], i sintomi depressivi in adolescenza[9]. Il training della memoria di lavoro inoltre sembra costituire un efficace sussidio nella riabilitazione di pazienti con traumi e lezioni cerebrali[10] e migliora le funzioni esecutive e le performance scolastiche in età evolutiva[11].

In generale, seppure ci siano studi che non riportano analoghi effetti, le indagini indicano che la pratica ripetuta di compiti specifici per la memoria di lavoro produca non solo un miglioramento delle performance legate alla memoria di lavoro stessa, ma porti anche un sensibile incremento per altri domini cognitivi, come l’intelligenza fluida e in particolare il controllo cognitivo e volontario del comportamento.

Bickel e i suoi colleghi[12] hanno rilevato che il training della memoria di lavoro, in pazienti dipendenti da stimolanti, migliora il controllo cognitivo sulla gestione delle potenziali ricompense. Questa è una funzione generalmente compromessa nei soggetti dipendenti, i quali hanno la tendenza a valutare eccessivamente le ricompense prossime, come l’effetto ricercato della sostanze, e a scontare quelle future, come i benefici psicologici, economici e sociali derivanti dall’astinenza. In questi soggetti l’allenamento della memoria di lavoro sembra diminuire lo sconto temporale e quindi l’impulsività, il peso relativo delle ricompense prossime rispetto a quelle future.

Ad oggi, sono però ancora pochi gli studi che hanno esaminato specificamente l’efficacia di un training della memoria di lavoro per incrementare e migliorare i risultati del trattamento delle dipendenze.

L’idea di allenare la memoria di lavoro per trattare le dipendenze è coerente alle evidenze sugli effetti di questo training sull’attività della corteccia prefrontale[13] e al fatto che quest’ultima attività sembra mediare il controllo del craving verso la sostanza[14] e in generale verso il controllo degli impulsi[15].

L’applicabilità del training della memoria di lavoro nelle dipendenze richiederà studi ulteriori per la misurazione della sua effettiva efficacia e della sua capacità di mantenere gli effetti nel tempo, considerata la durata e lo sforzo relativo che richiede a individui i quali tendono ad avere difficoltà a gestire i processi esecutivi. Tuttavia, dal punto di vista teorico, delle prime evidenze sperimentali, e anche per la facilità con cui questi compiti possono essere erogati attraverso tecnologie digitali a disposizione di tutti – come uno smartphone, un tablet, un pc, il training della memoria di lavoro sembra rappresentare un nuovo promettente strumento da affiancare ai tradizionali strumenti della clinica delle dipendenze.

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[1] Castells X, Casas M, Perez-Mana C, Roncero C, Vidal X, Capella D. Efficacy of psychostimulant drugs for cocaine dependence. Cochrane Database Syst Rev. 2010:CD007380.

[2] Sofuoglu M, DeVito EE, Waters AJ, Carroll KM. Cognitive enhancement as a treatment for drug addictions. Neuropharmacology. 2013; 64:452–463.

[3] Zgierska A, Rabago D, Chawla N, Kushner K, Koehler R, Marlatt A. Mindfulness meditation for substance use disorders: a systematic review. Subst Abus. 2009; 30:266–294.

[4] Morrison AB, Chein JM. Does working memory training work? The promise and challenges of enhancing cognition by training working memory. Psychon Bull Rev. 2011; 18:46–60. Articolo che fornisce un’ampia sintesi della letteratura empirica sul working memory training, evidenzia le questioni metodologiche e concettuali più rilevanti per la letteratura e suggerisce le direzioni future per valutare l’efficacia del training sulla memoria di lavoro.

[5] Baddeley A. Working Memory: Theories, Models, and Controversies Annual Review of Psychology, 2012, Vol.63:1-29.

[6] Rapport MD, Orban SA, Kofler MJ, Friedman LM. Do programs designed to train working memory, other executive functions, and attention benefit children with ADHD? A meta-analytic review of cognitive, academic, and behavioral outcomes. Clin Psychol Rev. 2013 Dec;33(8):1237-52.

[7] Kirk HE, Gray K, Riby DM, Cornish KM. Cognitive training as a resolution for early executive function difficulties in children with intellectual disabilities. Res Dev Disabil. 2015 Mar;38:145-60.

[8] Klimova B. Computer-Based Cognitive Training in Aging. Front Aging Neurosci. 2016 Dec 20;8:313; Martin M, Clare L, Altgassen AM, Cameron MH, Zehnder F. Cognition-based interventions for healthy older people and people with mild cognitive impairment. Cochrane Database Syst Rev. 2011 Jan 19;(1):CD006220.

[9] Leone de Voogd E, Wiers RW, Zwitser RJ, Salemink E. Emotional working memory training as an online intervention for adolescent anxiety and depression: A randomised controlled trial. Aust J Psychol. 2016 Sep;68(3):228-238.

[10] Lindeløv JK, Dall JO, Kristensen CD, Aagesen MH, Olsen SA, Snuggerud TR, Sikorska A. Training and transfer effects of N-back training for brain-injured and healthy subjects. Neuropsychol Rehabil. 2016 Oct;26(5-6):895-909.

[11] Titz C, Karbach J. Working memory and executive functions: effects of training on academic achievement. Psychol Res. 2014 Nov;78(6):852-68.

[12] Bickel WK, Yi R, Landes RD, Hill PF, Baxter C. Remember the future: working memory training decreases delay discounting among stimulant addicts. Biol Psychiatry. 2011; 69:260–265.

[13] Olesen PJ, Westerberg H, Klingberg T. Increased prefrontal and parietal activity after training of working memory. Nat Neurosci. 2004; 7:75–79.

[14] Hester R, Garavan H. Neural mechanisms underlying drug-related cue distraction in active cocaine users. Pharmacol Biochem Behav. 2009; 93:270–277.

[15] Bickel WK, Jarmolowicz DP, Mueller ET, Gatchalian KM, McClure SM. Are executive function and impulsivity antipodes? A conceptual reconstruction with special reference to addiction. Psychopharmacology. 2012; 221:361–387.

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