Soma, il più antico allucinogeno del Vecchio Mondo

Amanita Muscaria, foto di H. Krisp via Wikipedia
Amanita Muscaria, foto di H. Krisp via Wikipedia

Il più antico riferimento scritto all’uso e agli effetti di sostanze allucinogene si dà nelle culture del Vecchio Mondo. Il succo di un vegetale inebriante e psichedelico pervade centinaia di inni del Rigveda, il primo testo della letteratura religiosa indiano, compilato in un arco di tempo compreso tra il 1500 e il 1200 a.C.: è il soma, una bevanda sacra consumata dai sacerdoti. Il soma era stato donato agli uomini da Indra, la divinità massima dell’antica mitologia indiana e ad esso si attribuivano straordinarie proprietà terapeutiche ed eccezionali virtù magiche: guariva le malattie, dava fecondità e felicità, ravvivava e acuiva le facoltà percettive ed intellettuali, ispirava i profeti, regalava infine l’immortalità e la trascendenza. Il soma fu una costante antropologica delle antiche popolazioni ariane ed è presente, con il nome mutato in haoma, nell’Avesta, il libro sacro dello zoroastrismo, la religione riformata degli Arii iranici, i Persiani.

Il soma ha costituito uno dei più grandi misteri dell’etnofarmacologia e della botanica farmaceutica sino a quando Gordon Wasson ipotizzò nel 1968 che tale bevanda veniva prodotta a partire da estratti di Amanita muscaria, un comune fungo a cappello di colore rosso vivo con verruche bianche, da lunghissimo tempo conosciuto per le sue proprietà allucinogene. L’Amanita muscaria, con il nome di wapaq, era infatti nota ad una popolazione paleoasiatica che abitava la penisola della Kamchatka, i Koryaki. I Koryaki credevano che wapaq consentisse a chi se ne cibava di curare i propri mali e, soprattutto, di decifrare i sogni, accedere al mondo divino e prevedere il futuro. Come raccontava nel 1730 Filip von Strahlenberg, un colonnello svedese tenuto per dodici prigioniero dei Koryaki, l’Amanita muscaria era la pianta che veicolava l’ebbrezza e l’estasi sacra. Ricercatissima dai Koryaki, il suo prezzo elevato ne impediva il consumo ai più poveri: – un fungo solo valeva, infatti, una renna – che, tuttavia,  avevano imparato a bere le urine di se ne era cibato, che sembravano mantenere le proprietà allucinogene.

Il principio attivo principale dell’amanita muscaria, la muscarina, fu isolato verso la metà dell’Ottocento e il suo uso nelle ricerche farmacologiche dette un grandissimo contributo alla scoperta dei meccanismi chimici della trasmissione nervosa.

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Stefano Canali

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