Personalità, tratti del comportamento, uso di droghe e rischio di dipendenza

Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica ha conclusivamente dimostrato che la dipendenza è una condizione comportamentale complessa determinata dall’interazione di numerosi fattori che interagiscono in modo circolare e su diversi piani causali. La dipendenza sarebbe cioè un processo dinamico che si manifesta non solo per l’attività sul cervello delle droghe, delle sostanze psicoattive, ma per tutta una serie di determinanti concorrenti di tipo genetico, biologico, ambientale, psicologico, culturale, economico.

Come tutte le condizioni somatiche o comportamentali, la dipendenza si sviluppa su un terreno biologico di vulnerabilità che dipende da tratti genetici. I carichi ereditari delle dipendenze sono assai elevati. Studi su gemelli separati alla nascita dai genitori sembrano dimostrano che per i figli di soggetti con abuso di droghe esiste una possibilità di diventare a loro volta abusatori che va dal 39% per gli allucinogeni al 72% per la cocaina[1]. Ma i geni da soli non bastano. La ricerca sulla genetica delle dipendenze e dell’abuso di droghe sembra incapace di indicare quali specifici geni rendano di fatto gli individui maggiormente inclini alla dipendenza. Questo è dovuto presumibilmente alla natura intrinsecamente multifattoriale del disturbo: alcuni geni assumono una maggiore significatività solo in risposta a particolari condizioni ambientali, per effetto di certe esperienze durante lo sviluppo, come conseguenza di disfunzioni organiche o di perdite e traumi psicologici.

In tanti provano le droghe e le sostanze psicoattive, ma solo pochi diventano consumatori problematici o dipendenti

In effetti, a dispetto di quanto intuitivamente ipotizzato secondo il senso comune, è altamente inverosimile che l’esposizione all’uso di sostanze, da sola, possa essere ritenuta causalmente responsabile dello sviluppo di forme di dipendenza. A tal proposito, basti pensare alla straordinaria differenza tra la percentuale di chi sperimenta un’esposizione occasionale a sostanze e chi sviluppa con esse un rapporto problematico o un’effettiva relazione di dipendenza. Ad esempio, praticamente il 100% della popolazione ha provato almeno una volta bevande alcoliche, ma solo circa un 10% ve ne dipende1. Ancor più esemplari a tal proposito sono i dati dell’ultimo World Drug Report of the United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC)[2]. Pubblicato nel 2016, il Report stima che a livello mondiale circa 243 milioni di persone, o il 4,5%, ovvero ancora uno su 22 della popolazione mondiale tra i 15 e i 64 anni, ha usato almeno una sostanza psicotropa illecita, una droga. Le persone che hanno sviluppato dipendenza per sostanze illegali sono invece circa 27 milioni, all’incirca lo 0.5% della popolazione adulta, vale a dire una persona su 200, ciò significa che solo il 9% dei consumatori di sostanze psicotrope illecite, di droghe, lo fa in modo patologico.

Deve quindi esistere una gamma assai vasta di fattori causali che interviene a modulare l’esito dell’incontro e del rapporto tra una sostanza psicoattiva, una droga e un cervello, un organismo che la assume.

Una sfida fondamentale per la comprensione delle dipendenze, per la loro prevenzione e il loro trattamento è dunque quella della composizione delle traiettorie complesse che dal livello genetico ai processi neurali, psicologici e sociali determinano la vulnerabilità all’uso problematico delle sostanze.

 

I tratti comportamentali associati all’uso problematico di droghe e sostanze psicoattive

Tiziano, Allegoria della prudenza, Olio su tela, 76,2×68,6 cm, 1565-70 ca. National Gallery, Londra

Se si ha come obiettivo la delineazione di un quadro d’insieme, capace di dar conto della complessa natura e pluridimensionale del disturbo da uso di sostanze, un buon punto di partenza è rappresentato dall’analisi dei tratti comportamentali, quello spettro di variabili individuali preesistenti alla prima esposizione alle sostanze e che quindi possono rappresentare fattori di rischio e determinanti critici.

L’idea che esista una personalità incline alla dipendenza è stata, verso la metà del secolo scorso, uno dei concetti principali nella ricerca e nella clinica delle tossicodipendenze. Verso la fine degli scorsi anni Sessanta, questa idea ha conosciuto poi un declino sino quasi a scomparire dal dibattito scientifico. Nelle ultime due decadi circa tuttavia, la ricerca riportato al centro questo tema, dimostrando come vi sia la possibilità di rintracciare una serie di correlazioni tra la predisposizione alla dipendenza e alcuni specifici tratti comportamentali. Al livello di base, quello neurobiologico, questi tratti sembrano associati a una maggiore attività nei sistemi cerebrali subcorticali che mediano le componenti profonde dei processi emotivi, impulsivi e motivazionali e a un diminuito controllo corticale prefrontale di questi stessi processi. Si tratta cioè di aspetti comportamentali in generale correlati a una relativa debolezza dei sistemi di controllo esecutivo, pianificazione mentale, inibizione della risposta e autocontrollo rispetto al complesso delle strutture cerebrali al centro dei processi emotivi, impulsivi, appetitivi e automatici.

In questo post ci occuperemo dei principali tratti di personalità che sembrano associarsi alla vulnerabilità verso l’uso problematico di droghe, sostanze psicoattive e le dipendenze, un tema che sta suscitando crescente interesse per la ricerca e le potenzialità in clinica e nella prevenzione[3].

 

Neuroticismo

Ad occupare un ruolo di primo piano è il tratto del neuroticismo, definibile come quella caratteristica di personalità connessa alla tendenza a provare emozioni prevalentemente negative. pessimismo Questo tratto risulta associato tanto al disturbo da uso di sostanze  quanto ai disturbi depressivi e ai disturbi d’ansia[4]. Nonostante il tipo di meccanismi sottostanti sia ancora sconosciuto sembra evidente la correlazione di questo tratto comportamentale con una più elevata sensibilità allo stress[5].

Il fenotipo esternalizzante sembra un altro dei complessi comportamentali associati all’uso problematico di droghe e sostanze psicoattive. Questo fenotipo è caratterizzato dal sensation-seeking, cioè dalla tendenza alla continua ricerca del nuovo e dal costante bisogno di provare di forti emozioni, unitamente all’ipersensibilità verso le ricompense, il piacere e a una parallela insensibilità alla punizione[6]. Dati provenienti da studi condotti su animali e su esseri umani suggeriscono come proprio il tratto che si traduce nella continua ricerca di emozioni forti amplificherebbe la propensione a iniziare e perpetuare l’uso di droghe e faciliterebbe il passaggio dal consumo occasionale all’uso problematico e alle dipendenze[7].

 

 

Impulsività

Intimamente connessa al carattere di personalità appena descritto il tratto di impulsività anche conosciuto come disinibizione. Il tratto di impulsività si riferisce a un modello di comportamento sotto-controllato e privo di limiti, nel quale l’individuo, incapace a ritardare la gratificazione, agisce senza alcuna preoccupazione rispetto alle potenziali conseguenze4.

L’impulsività è il tratto comportamentale che sembra maggiormente correlato all’uso problematico di sostanze e alle dipendenze, comprese quelle comportamentali, come il gioco d’azzardo patologico. Questa associazione è talmente consistente che ricerche su modelli animali[8] e anche su soggetti umani[9] indicano la possibilità di predire il passaggio dall’uso all’abuso e alle dipendenze sulla base della misurazione del tratto di impulsività con paradigmi sperimentali che valutano la capacità di inibire una risposta prepotente, riflessa, istintiva. Sarebbe a questo proposito interessante provare a usare questo paradigma sperimentale per individuare precocemente i ragazzi a rischio cui suggerire eventualmente percorsi di abilitazione e training cognitivi di cui è nota la capacità di potenziare le funzioni esecutive e quindi anche la regolazione delle emozioni e l’inibizione delle risposte impulsive.

 

 

L’eccessiva reattività agli stimoli

La spiccata reattività agli stimoli esterni, rappresenta un ultimo tratto comportamentale accordato sulle frequenze del disturbo da dipendenza, nello specifico connesso alla fase della ricaduta. Ancora una volta, studi comparativi sul comportamento umano e animale dimostrano come gli individui a maggior rischio di ricaduta siano quei soggetti per i quali gli stimoli esterni presentano un elevato potere incentivante; questo è in linea con il fatto che la ricaduta è spesso determinata da quegli stessi stimoli ambientali (luoghi, persone, strumenti) o psichici (particolari emozioni, stati dell’umore, pensieri ricorrenti) precedentemente associati all’assunzione di droghe, di sostanze psicoattive[10].

Questi differenti tratti di personalità sembrano non soltanto associati a differenti fasi della dipendenza ma anche correlano anche in modo piuttosto specifico con la droga abusata. Le persone che dipendono dalla cocaina tendono a essere più impulsive di quelle che abusano di eroina e queste ultime sono generalmente più ansiose dei consumatori problematici di cocaina[11].

Sebbene piuttosto evidenti, coerenti e consistenti, queste ricerche non sono al momento in grado di chiarire conclusivamente nell’uomo se i diversi tratti comportamentali siano fattori che predispongono a certi tipi di dipendenza, verso specifiche sostanze psicoattive o piuttosto l’effetto dell’alterazione di processi psicologici innescato dall’azione prolungata delle sostanze sul cervello[12].

Stefano Canali e Serena Nicchiarelli

 

Riferimenti bibliografici

 

[1] Goldman D, Oroszi G, Ducci F. The genetics of addictions: uncovering the genes. Nat Rev Genet. 2005 Jul;6(7):521-32.

[2] http://www.unodc.org/doc/wdr2016/WORLD_DRUG_REPORT_2016_web.pdf

[3] Morrow JD, Flagel SB. Neuroscience of resilience and vulnerability for addiction medicine: From genes to behavior. Progress in Brain Research, 2016, 223:3-18.

[4] Kotov, R., Gamez, W., Schmidt, F., Watson, D., 2010. Linking “big” personality traits to anxiety, depressive, and substance use disorders: a meta-analysis. Psychol. Bull. 136 (5), 768–821.

[5] Ersche, K.D., Turton, A.J., Chamberlain, S.R., Muller, U., Bullmore, E.T., Robbins, T.W., 2012. Cognitive dysfunction and anxious-impulsive personality traits are endophenotypes for drug dependence. Am. J. Psychiatry 169 (9), 926–936.

[6] Dick, D.M., Aliev, F., Latendresse, S.J., Hickman, M., Heron, J., Macleod, J., et al., 2013. Adolescent alcohol use is predicted by childhood temperament factors before age 5, with mediation through personality and peers. Alcohol. Clin. Exp. Res. 37 (12), 2108–2117; Hicks, B.M., Foster, K.T., Iacono, W.G., McGue, M., 2013. Genetic and environmental influences on the familial transmission of externalizing disorders in adoptive and twin offspring. JAMA Psychiatry 70 (10), 1076–1083; Pingault, J.B., Cote, S.M., Galera, C., Genolini, C., Falissard, B., Vitaro, F., Tremblay, R.E., Childhood trajectories of inattention, hyperactivity and oppositional behaviors and prediction of substance abuse/dependence: a 15-year longitudinal population-based study. Mol. Psychiatry 18 (7), 806–812.

[7] Belin, D., Mar, A.C., Dalley, J.W., Robbins, T.W., Everitt, B.J., 2008. High impulsivity predicts the switch to compulsive cocaine-taking. Science 320 (5881), 1352–1355; Ersche, K.D., Jones, P.S., Williams, G.B., Smith, D.G., Bullmore, E.T., Robbins, T.W., 2013. Distinctive personality traits and neural correlates associated with stimulant drug use versus familial risk of stimulant dependence. Biol. Psychiatry 74 (2), 137–144.

[8] Belin, D., Mar, A.C., Dalley, J.W., Robbins, T.W., Everitt, B.J., 2008. High impulsivity predicts the switch to compulsive cocaine-taking. Science 320 (5881), 1352–1355.

[9] Verdejo-Garcia, A., Lawrence, A.J., Clark, L., 2008. Impulsivity as a vulnerability marker for substance-use disorders: review of findings from high-risk research, problem gamblers and genetic association studies. Neurosci. Biobehav. Rev. 32 (4), 777–810.

[10] Saunders, B.T., Robinson, T.E., 2010. A cocaine cue acts as an incentive stimulus in some but not others: implications for addiction. Biol. Psychiatry 67 (8), 730–736; Saunders, B.T., Robinson, T.E., 2011. Individual variation in the motivational properties of cocaine. Neuropsychopharmacology 36 (8), 1668–1676; Janes, A.C., Pizzagalli, D.A., Richardt, S., deB Frederick, B., Chuzi, S., Pachas, G., et al., 2010. Brain reactivity to smoking cues prior to smoking cessation predicts ability to maintain tobacco abstinence. Biol. Psychiatry 67 (8), 722–729.

[11] Bornovalova, M.A., Daughters, S.B., Hernandez, G.D., Richards, J.B., Lejuez, C.W., 2005. Differences in impulsivity and risk-taking propensity between primary users of crack cocaine and primary users of heroin in a residential substance-use program. Exp. Clin. Psychopharmacol. 13 (4), 311–318; Lejuez, C.W., Bornovalova, M.A., Daughters, S.B., Curtin, J.J., 2005. Differences in impulsivity and sexual risk behavior among inner-city crack/cocaine users and heroin users. Drug Alcohol Depend. 77 (2), 169–175; Lejuez, C.W., Paulson, A., Daughters, S.B., Bornovalova, M.A., Zvolensky, M.J., 2006. The association between heroin use and anxiety sensitivity among inner-city individuals in residential drug use treatment. Behav. Res. Ther. 44 (5), 667–677.

[12] Morrow JD, Flagel SB. Neuroscience of resilience and vulnerability for addiction medicine: From genes to behavior. Progress in Brain Research, 2016, 223:3-18.

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Stefano Canali

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