Le scommesse dei padri ricadono sui figli. Ereditarietà e ambiente nella trasmissione del rischio verso il disturbo da gioco d’azzardo

I figli di persone che soffrono di disturbo da gioco d’azzardo hanno un rischio aumentato di sviluppare lo stesso problema. Questo è un fatto evidenziato da numerosi studi, che peraltro rimanda al noto carico ereditario che hanno anche le altre forme di dipendenza da sostanze. Tuttavia, come per le altre dipendenze, anche per il disturbo da gioco d’azzardo, i meccanismi che portano a questa sorta di trasmissione generazionale del rischio sono, in larga parte, ancora ignoti. 

Il disturbo da gioco d’azzardo è caratterizzato da schemi cognitivi particolari e da tratti di personalità ricorrenti che sono ovviamente suscettibili di trasmissione tra generazioni in virtù dell’ereditarietà dei loro correlati biologici e per effetto dell’esposizione e assimilazione dei comportamenti dei genitori. Un gruppo di ricerca australiano ha quindi cercato di determinare le cause che portano a questa aumentata esposizione al rischio, analizzando aspettative e motivazioni nei confronti del gioco d’azzardo di oltre 500 bambini e ragazzi, e confrontandole – in maniera retrospettiva- con le attitudini dei genitori. 

L’indagine ha previsto innanzitutto la misurazione della severità dei problemi di gioco d’azzardo attraverso una scala di valutazione riconosciuta a livello internazionale (il Problem Gambling Severity Index); dopo di ché sono stati esplorati e studiati i fattori – aspettative negative e positive, motivazioni all’azzardo- che avrebbero potuto essere dei mediatori nella trasmissione dell’approccio al gioco dai genitori ai figli. 

Lo studio ha confermato che i figli dei giocatori di azzardo compulsivi risultano più esposti al rischio di diventare essi stessi giocatori problematici, ciò anche al netto della normalizzazione per i principali determinanti sociodemografici. Questo era un fatto già riconosciuto, la ricerca ha però dimostrato l’importanza dei seguenti mediatori: 

  • aspettative relative al senso di controllo della situazione;
  • aspettative relative al guadagno in termini monetari; 
  • coinvolgimento eccessivo e preoccupazione legata alla scommessa; 
  • aspettative con forte impatto emotivo (senso di colpa, vergogna, frustrazione) associate alla perdita di una scommessa;
  • voglia di giocare d’azzardo per eliminare, o quantomeno ridurre, emozioni negative.

Lo studio è stato pubblicato sulle pagine della rivista Addictive Behaviors, è accessibile a partire da questo link e, secondo gli stessi ricercatori, può fornire uno strumento in più per lo sviluppo di interventi di prevenzione destinati ai figli dei giocatori d’azzardo patologici o di trattamento precoce per i giovani giocatori “di seconda generazione”. 

Stefano Canali e Marcello Turconi

 

 

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