Meditazione Vipassana e dipendenze

La meditazione Vipassana è una delle tecniche di meditazione più antiche, quella che lo stesso Gautama, il Buddha, praticò e insegnò oltre 2500 anni fa[1]. Vipassana è la radice originaria delle pratiche Mindfulness oggi sempre più diffuse, studiate e usate in clinica. Nell’antica lingua indiana Pali, la lingua in cui è stato scritto il canone buddhista Theravada, Vipassana significa intuizione, comprensione della realtà, vedere con chiarezza e in profondità.

La pratica Vipassana

Giorgio De Chirico, La melanconia di una bella giornata. 1913, Parigi. Olio su tela, cm 89 x 104,5. Musées Royeaux des Beaux-Arts, Bruxelles

Nella pratica Vipassana la meditazione è comunemente svolta nella posizione seduta, l’attenzione viene ancorata sul respiro e ogni volta che insorge un pensiero o una sensazione distraente, si osserva, si riconosce e si lascia andare per tornare sul respiro[2]. Nella Vipassana è possibile anche l’osservazione consapevole del sorgere e passare delle sensazioni del corpo, delle emozioni e degli altri processi psicologici, al fine di riconoscerne la transitorietà e sviluppare così equanimità e non identificazione con gli oggetti della coscienza e gli stati mentali, in particolare con quelli che più conducono alla sofferenza e alimentano il ciclo della dipendenza, come il desiderio.

I testi del canone Buddhista Pali indicano che la continua attenzione consapevole sulle sensazioni e sui contenuti della coscienza, e la conseguente comprensione della loro natura impermanente sono state le condizioni che hanno portato il Buddha allo stato di illuminazione[3].

Gli obiettivi e il portato conoscitivo della Vipassana sembrano specificatamente puntare alla radice del disturbo da uso di sostanze, alla risoluzione della condizione desiderante, al superamento del craving. Satya Narayan Goenka, colui che più di tutti ha contribuito al recupero e alla diffusione della Vipassana nel mondo contemporaneo, scriveva: “la scoperta del Buddha che la reale causa del desiderio, del craving, giace nelle sensazioni è l’ineguagliabile dono che il Buddha ha regalato all’umanità. Con questa scoperta egli ci ha dato le chiavi per aprire le porte della liberazione dentro noi stessi”[4].

 

Vipassana nel disturbo da uso di sostanze

Nel disturbo da uso di sostanze i corsi di meditazione Vipassana sono finalizzati a sviluppare l’attenzione, la consapevolezza e l’accettazione verso le esperienze correlate al consumo come il craving, lo stress, l’ansia o gli stimoli interni ed esterni associati alle sostanze. Si cerca in questo modo di ottenere la non reattività verso questi stimoli e quegli stati psicologici che invece generalmente innescano il consumo. L’effetto del training Vipassana sul consumo di sostanze è stato studiato su una popolazione carceraria[5]. I risultati della ricerca hanno indicato che dopo il rilascio, rispetto ai soggetti di controllo trattati con interventi standard, i partecipanti al corso Vipassana presentano una significativa riduzione nel consumo di sostanze, una diminuzione dei sintomi psichiatrici e un incremento dell’esito positivo di tipo psicosociale.

Altri studi su popolazione non carceraria sembrano dimostrare che la Vipassana riduce l’impulsività e la tendenza ad agire automaticamente[6], aumenta la tolleranza ai comuni stressor[7] e migliora il senso di benessere soggettivo e i tratti mindfulness come la consapevolezza verso gli stimoli presenti, la non reattività[8]: tutti effetti fondamentali negli interventi nella clinica e nella prevenzione delle dipendenze.

Stefano Canali

Riferimenti bibliografici

[1] Ahir, D. C. (1999).Vipassana: A universal Buddhist meditation technique.New Delhi: Sri Satguru Publications.

[2] William Hart, Satya Narayan Goenka, La meditazione Vipassana come insegnata da S. N. Goenka. Un’arte di vivere, Edizioni Artestampa, Modena, 2011; Mahasi Sayadaw, Manual of Insight, Wisdom publication, Somerville, MA USA, 2016.

[3] Vipassana Research Institute. (1990). The importance of Vedana and Sampajañña: A seminar, February 1990, Dhamma Giri, Igatpuri. Igatpuri, India.

[4] Vipassana Research Institute. (1990). The importance of Vedana and Sampajañña: A seminar, February 1990, Dhamma Giri, Igatpuri. Igatpuri, India: Author. p. 4

[5] Bowen S, Witkiewitz K, Dillworth TM, Chawla N, Simpson TL, Ostafin BD, Larimer ME, Blume AW, Parks GA, Marlatt GA. (2006). Mindfulness meditation and substance use in an incarcerated population.Psychology of Addictive behaviors, 20(3), 343–347.

[6] G. Alan Marlatt, Katie Witkiewitz, Tiara M. Dillworth, Sarah W. Bowen, George A. Parks, Laura Marie Macpherson, Heather S. Lonczak, Mary E. Larimer, Tracy Simpson, Arthur W. Blume, and Rick Crutcher, Vipassana Meditation as a Treatment for Alcohol and Drug Use Disorders. in Mindfulness and acceptance : expanding the cognitive-behavioral tradition / edited by Steven C. Hayes, Victoria M. Follette, Marsha M. Linehan.  The Guilford Press, New York, 2004.

[7] Emavardhana,T.,&Tori,C.D.(1997).Changes in self-concept, ego defense mechanisms, and religiosity following seven-day Vipassana meditation retreats. Journal for the Scientific Study of Religion, 36(2), 194–206

[8] Szekeres RA, Wertheim EH. Evaluation of Vipassana Meditation Course Effects on Subjective Stress, Well-being, Self-kindness and Mindfulness in a Community Sample: Post-course and 6-month Outcomes. Stress Health. 2015 Dec;31(5):373-81. doi: 10.1002/smi.2562. Epub 2014 Feb 11.

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