Adamo, Eva e il mercato: breve viaggio nella storia dell’Ecstasy

Contrariamente a quanto si suppone, la 3,4-metilenediossimetanfetamina, l’MDMA, comunemente conosciuta come Ecstasy, non è una nuova droga. Essa veniva sintetizzata per la prima volta nel 1912 nei laboratori dell’industria farmaceutica Merck, azienda da tempo leader nella produzione di cocaina, sostanza liberamente venduta sino al 1914. Molte note storiche sull’ecstasy raccontano che tale composto era stato sviluppato come farmaco anoressizzante. Nel brevetto firmato da Merck, tuttavia, si menziona soltanto un possibile utilizzo come molecola intermedia per la produzione di altre sostanze terapeutiche.

Il primo studio tossicologico di cui si abbia notizia veniva effettuato molti anni più tardi, nel 1953. Condotta dall’Università del Michigan e finanziata dall’esercito americano, l’indagine sull’EA1475, questo il codice militare assegnato all’ecstasy, sembra fosse anche finalizzata alla messa a punto di un “siero della verità” da utilizzare in operazioni belliche e dei servizi segreti militari.

Struttura molecolare dell’MDMA
credits: Jynto (talk) – Own work Crystallographic data from B. H. Morimoto, S. Lovell and B. Kahr (February 1998). “Ecstasy: 3,4-Methylenedioxymethamphetamine (MDMA)”. Acta Cryst. C54, 229-231. DOI:10.1107/S0108270197012390 This chemical image was created with Discovery Studio Visualizer.

Era il chimico Alexander Shulgin, a riscoprire l’MDMA alla fine degli anni ’60 nel corso dei suoi studi sistematici sulle fenetilamine, un gruppo di sostanze ad azione empatogena.

Shulgin all’epoca era consulente per la Drug Enforcement Administration, l’amministrazione federale statunitense per il controllo e la repressione del consumo di droghe. Con piena autorizzazione poteva così sperimentare gli effetti dell’MDMA e delle altre fenetilamine su se stesso e su un gruppo di amici per circa dieci anni. La particolarità degli stati mentali indotti dall’MDMA convincevano Shulgin che l’uso dell’MDMA poteva dare grandi vantaggi nella ricerca psicologica e nella psicoterapia.

A partire dalla metà degli anni ’70, così, un numero sempre maggiore di psichiatri statunitensi cominciava ad utilizzare l’MDMA nelle sedute analitiche. Essi trovavano “Adam” (il nome con cui tale sostanza veniva chiamata nella comunità medica) un potente sussidio terapico, capace di facilitare la comunicazione, l’empatia tra paziente e terapista, l’introspezione e la riduzione dell’ansia. Uno di questi terapisti stimava che nelle cinque ore di una seduta con Adam, un paziente poteva attivare ed analizzare un quantità di materiali psichici che normalmente richiederebbe cinque mesi di sessioni terapiche.

Nonostante la fede riposta nell’efficacia terapeutica dell’MDMA, questi psichiatri furono riluttanti a realizzare e a pubblicare studi sistematici, temendo che ciò avrebbe accelerato, come era accaduto solo una decina d’anni prima per l’LSD, la mescalina e gli altri allucinogeni, la criminalizzazione della sostanza.

Parallelamente a questa diffusione in clinica, Adam trovava accoglienza nella schiera elitaria di “esploratori” della coscienza, tra coloro che avevano vissuto l’avventura psichedelica della fine degli anni ’60 con LSD, mescalina e Psylocibe. La diffusione e la commercializzazione di Adam cresceva così, almeno fino ai primi anni ’80, in una sorta di circuito chiuso, all’interno dei più o meno bizzarri circoli della controcultura americana: in un mercato animato più dalla volontà di diffondere un nuovo strumento per la ricerca introspettiva e “metafisica”, che dal miraggio del facile profitto.

Le motivazioni e le attitudini dei fornitori di droga sono estremamente importanti nel determinare chi potrà avere accesso alla droga e come essa sarà usata. La rete di distribuzione gioca un ruolo chiave nella formazione delle norme che dettano le modalità d’uso, le aspettative e la percezione degli effetti piacevoli e dei pericoli connessi all’uso di una droga. Questo vale in particolar modo per il periodo iniziale di diffusione di una sostanza d’abuso, quando la conoscenza “folkloristica” dei consumatori riguardo le dosi appropriate, le forme di riduzione del rischio ed i modelli “culturali” del consumo è ancora largamente indefinita.

Dal chiuso del mercato elitista, dove il consumo era controllato dal singolare valore mistico-terapeutico attribuito ad Adam, l’MDMA veniva inevitabilmente attratta nei meccanismi della florida e cinica economia delle sostanze ad uso voluttuario. Mutarono così immediatamente i sistemi e le finalità di commercializzazione, come testimonia il nuovo battesimo imposto dai distributori clandestini ad Adam: Ecstasy, un nome certamente più adatto ad una sostanza utile all’evasione, al divertimento, alla soddisfazione sensuale.

Era il 1983 quando un’organizzazione texana cominciava un’imponente opera di produzione e commercializzazione dell’Ecstasy. La creazione della domanda venne perseguita attraverso un’accorta politica di propaganda: bassi prezzi e capillare distribuzione. L’Ecstasy veniva venduta apertamente nei bar di Austin e di Dallas, tanto che l’acquisto poteva essere fatto anche tramite carta di credito. Si organizzavano e si pubblicizzavano i primi “Ecstasy parties” in cui si acquistava, unitamente al biglietto, il diritto alla consumazione di una dose di MDMA, descritta ora come droga del divertimento e del ballo.

Nel 1985, l’uso silenzioso e limitato di Adam si era trasformato in un fenomeno epidemico: l’MDMA era stata “riformulata” culturalmente. L’Ecstasy aveva sostituito la cocaina tra i giovani Yuppies e il suo uso ormai in larga parte voluttuario ed assoggettato agli interessi di mercato aveva smesso di essere tranquillo. Si originò così l’allarme sociale e la richiesta di una regolamentazione del consumo.

La proposta di criminalizzazione dell’Ecstasy suscitava la reazione del nutrito gruppo di psichiatri che credevano nel valore terapeutico della sostanza. Il dibattito che in tal modo si creava trovava largo spazio sui media. Programmi televisivi, articoli praticamente su ogni pubblicazione popolare, inclusi Life, Newsweek, Time, Washington Post, Harpers Bazaar, Psychology Today, Rolling Stones, narravano l’uso e la cultura dell’Ecstasy con toni sensazionalistici, finendo per offrire una straordinaria propaganda gratuita alla “nuova” droga.

I produttori dell’Ectasy incrementavano la manifattura e il commercio, cercando di vendere il più possibile e di radicare la domanda di MDMA sul mercato prima che la sostanza venisse bandita. Sembra che nei due mesi prima che l’Ecstasy venisse resa illegale si distribuirono negli USA, ad un costo unitario ridotto di un terzo, oltre due millioni di dosi: circa lo stesso quantitativo venduto fino a quel periodo.

Il primo luglio 1985, l’Ecstasy veniva inserita nella prima tabella delle sostanze psicotrope, quelle vietate per ogni uso, compreso quello medico e della ricerca, come l’eroina, la cocaina, l’LSD. La giustificazione primaria del provvedimento si incentrava su uno studio non ancora pubblicato che dimostrava nei ratti la tossicità dell’MDA (non dell’MDMA, si badi) sulle terminazioni dei neuroni che usano la serotonina come neurotrasmettitore.

Seguendo l’esempio americano, tutti gli stati europei proibirono in breve il consumo dell’Ecstasy. Ciononostante, l’Ecstasy diventava un fenomeno popolare, conquistando il mercato illegale e quindi le simpatie del pubblico giovane. Ad Ibiza, l’MDMA si univa alle amfetamine, all’hashish e all’LSD nelle notti danzanti, mentre in Inghilterra si originava il fenomeno dei rave-parties, feste immense animate dall’Ecstasy ed organizzate in casa, in magazzini, all’aperto, con impianti luce e di amplificazione da discoteca.

In seguito alla messa al bando dell’MDMA, le organizzazioni criminali hanno tentato di mantenere la stessa fetta di mercato, e al contempo evitare la persecuzione penale, commercializzando una nuova sostanza di sintesi (quindi non ancora inserita nelle tabelle delle molecole soggette a controllo) ottenuta per etilazione dall’ecstasy, l’MDEA (3,4 Metilendiossi-etilamfetamina, anche chiamata MDE o Eve). Eve non ha conquistato gli stessi successi commerciali dell’ecstasy, non sembra infatti possedere gli stessi effetti “empatogeni” tanto ricercati da coloro che usano l’MDMA, mentre rispetto a quest’ultima presenta maggiore attività allucinogena.

L’ascesa della cultura e soprattutto la crescita dell’economia dell’Ecstasy, ormai in buona parte sovrapponibili alla cultura e all’economia della scena dance, erano diventati inarrestibili. Ancora nel 1993 gli analisti di mercato dello Henley Centre stimavano il valore di questo sistema in Gran Bretagna in quasi due miliardi di sterline, un valore pari a quello dell’industria del libro o dei giornali.

L’assimilazione dell’Ecstasy nei meccanismi dell’industria e del mercato del tempo libero sanciva la definitiva cacciata di Adam dall’Eden chimico prefigurato da Shulgin. Niente è più diverso dalla ricerca dei contenuti profondi della psiche, della comunicazione intima, dell’empatia con gli altri e col mondo, delle esperienze da viversi in standard e stereotipi commerciali spacciati da una merce prodotta in serie, intorno al quale prospera il mercato più ricco del mondo.

Stefano Canali

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