Lo stress delle festività e il rischio di ricadute nelle dipendenze: perché e cosa fare per combatterli

Marc Chagall, La luge dans la neige, 1944

Il periodo natalizio è ormai diventato anche un momento di forte esposizione allo stress. Far fronte alle mille piccole incombenze dei festeggiamenti, agli stravolgimenti delle abitudini, alle riorganizzazioni della vita familiare, ai viaggi eventuali per riunirsi ai propri cari, all’esposizione economica cui si va incontro: tutte cose che richiedono un congruo impegno fisico e mentale. Allo stesso modo gravoso può essere constatare la discrepanza tra le proprie reali possibilità e il modello ideale del Natale riprodotto dai media. Ancor più dolorosa e stressante può risultare l’inevitabile rievocazione nella memoria di momenti sereni e felici vissuti nello stesso periodo e irrimediabilmente perduti, come può accadere purtroppo per le persone che stanno affrontando un lutto recente, oppure fanno fatica a elaborare una perdita o una separazione anche lontane. Tutto ciò può richiedere uno sforzo di fronteggiamento che è al di sopra della capacità attuali di una persona. In ogni caso, come tutti le alterazioni che intervengono a carico o intorno ai precari equilibri dei sistemi psicofisici della persona, le profonde variazioni nelle attività quotidiane, nelle relazioni, nei luoghi, nei comportamenti sociali vissute nei giorni natalizi costituiscono fonte di stress più o meno elevato. Ed è purtroppo noto che lo stress facilita le ricadute in tutti i disturbi del comportamento. Così, anche nelle persone che vivono una condizione di dipendenza il Natale può essere un periodo assai rischioso. Lo stress del periodo può aggravare i sintomi delle condizioni psichiatriche di cui soffre in comorbidità, come la depressione o l’ansia e portare a un aumento del consumo della sostanza; oppure, per chi è impegnato nel recupero, determinare una ricaduta.

 

Stress delle festività e dipendenze

In questo periodo il carico di stress vissuto da chi attraversa una fase di dipendenza si fa estremamente acuto. Per queste persone vengono esponenzialmente amplificati il problema dei soldi, del tener dietro al quadro complesso di riorganizzazioni delle giornate, le difficoltà dell’incontro con la famiglia. Sfortunatamente, ritrovarsi coi propri familiari talora più che un incontro, diventa un confronto, una sfida, carica di risentimenti, dolore, vergogna, bugie, inganni, problemi taciuti e irrisolti e per questo vivi e ancora più penosi. Ed è peraltro un confronto con un sistema di relazioni, di cose e di dinamiche che hanno certamente influito sull’insorgenza e sull’evoluzione della dipendenza e che quindi può acutizzare i comportamenti problematici, aggravare la compromissione dell’autocontrollo.

Opposte condizioni, ma parimenti stressanti, vengono affrontate dalle persone che soffrono una dipendenza nella solitudine: quelli senza supporto sociale, allontanate o ritirate dalla famiglia e dagli amici, incapaci di mantenere relazioni, perché segnate da traumi profondi o abusi, oppure cresciuti da genitori e in famiglie anaffettive. Per queste persone sole il Natale acuisce le condizioni e il senso di isolamento e con ciò lo stress: il disagio, il dolore, la vergogna, la rabbia e tutta la complessa costellazione di emozioni disturbanti che già normalmente i soggetti dipendenti tentano di medicare ricorrendo alle sostanze psicoattive.

La ricerca dimostra che l’esposizione allo stress impatta sui meccanismi neurocognitivi che mediano le funzioni esecutive, l’autocontrollo. Lo stress infatti si accompagna a una cascata di eventi neuroendocrini, come il rilascio di adrenalina e cortisolo, che, se troppo intensi o mantenuti nel tempo producono delle lesioni funzionali a livello della corteccia prefrontale [1]. Da queste aree del cervello dipendono i meccanismi del controllo volontario del comportamento e le capacità di regolazione e inibizione delle risposte emotive, impulsive e dei comportamenti profondamente appresi che diventano automatismi [2]: tutti processi che costituiscono alcuni dei tratti fondamentali delle dipendenze. Per questo lo stress rende più difficile il controllo degli impulsi, della gestione del pensiero desiderante, delle emozioni che tendono a far precipitare il consumo. E per lo stesso motivo lo stress facilita il riaffiorare di schemi di comportamento automatico o compulsivo, come il fumo, il consumo di alcol, il gioco d’azzardo, apparentemente estinti e superati da anni.

D’altra parte, durante il periodo del Natale un eventuale ritorno nella casa dove ha avuto inizio il rapporto con la sostanza e nei luoghi dove più frequentemente si dava il consumo andare incontro a una prepotente esposizione a stimoli che funzionano da innesco e riattivano, anche in modo inconscio e automatico, desideri, motivazioni all’uso e memorie motorie del consumo fissate nella parti più profonde e inconsce del cervello. In questo caso l’abbassamento delle funzioni di autocontrollo prodotto dallo stress potrebbe indurre l’espressione, la messa in atto della sequenza emotivo-comportamentale associata all’effettivo consumo. Ciò vale, per altri versi, anche per chi vive il Natale in solitudine. In questo caso l’innesco al consumo come forma di automedicazione è rappresentato dalle circostanze associate a una intensificazione delle emozioni negative e che la persona ha imparato a modulare facendo ricorso a qualche agente psicoattivo, bevendo alcol, assumendo eroina o usando altre sostanze legali o illegali.

 

Come affrontare lo stress delle festività che acuisce l’uso delle sostanze e facilita le ricadute?

Un primo fondamentale strumento è la consapevolezza dei rischi, quella che cerchiamo di suscitare scrivendo questo post. Solo in questo modo può darsi la necessaria attenzione all’insieme degli elementi che in questo periodo favoriscono lo stress, aggravano i sintomi o favoriscono le ricadute. Questa consapevolezza deve riguardare anche i familiari, gli amici della persona, i quali devono fornire tutto il sostegno e l’aiuto possibile per facilitare il fronteggiamento dello stress da parte di chi soffre una dipendenza o è alle prese con il recupero. Familiari e amici dovrebbero soprattutto evitare che i momenti di incontro diventino occasione di discussione, confronto e recriminazione sulla dipendenza, e quindi aumentino addirittura lo stress, la tendenza al consumo da un lato e la perdita del controllo dall’altro. Lo stile di comunicazione confrontazionale peraltro genera chiusura proprio in quanto vissuto come una espressione di una condizione di lotta, qualcosa che attiva l’asse dello stress, a sua volta fattore facilitante l’espressione impulsiva delle emozioni o la riattivazione di schemi comportamentali stereotipati o compulsivi. Un atteggiamento empatico, non giudicante e di totale accettazione potrebbe al contrario favorire l’apertura, l’ascolto e anche contribuire a dar forza alla motivazione al cambiamento. Studi sperimentali di neuroimmagine sembrano indicare che l’ascolto non giudicante e l’accettazione determinano l’attivazione dei sistemi cerebrali che mediano la ricompensa e i comportamenti prosociali.

Familiari e amici inoltre dovrebbero aver cura di scongiurare situazioni ricche di tentazioni e inneschi al consumo. In questo senso dovrebbero anche modificare l’ambiente per renderlo meno corrispondente alle memorie del consumo, quindi più distante dalle associazioni implicite tra elementi di un luogo e schemi di azione appresi ed evitare l’invito a consumare sostanze come alcol, tabacco, cannabis anche per le persone che hanno smesso di usare da tempo.

Per chi è invece alle prese con la dipendenza o è in fase di recupero, la consapevolezza dei rischi di aggravamento o ricadute è cruciale per arrivate preparati, per mettere a punto delle strategie di fronteggiamento delle situazioni più stressanti o più pericolose per l’induzione al consumo.

Se si prevede che in famiglia si avranno richieste più o meno pressanti sul problema o su come eventualmente va il recupero, può essere utile prepararsi e provare qualche risposta appropriata, oppure far pratica a non sentirsi obbligati a rispondere. Simulando queste situazioni, sarebbe importante addestrarsi a saper dire di no alle domande, gentilmente, a gestire l’impulso a rispondere in modo brusco, con disappunto, cose che tendono ad aumentare lo stress percepito nella situazione e a far perdere il controllo non solo sulla comunicazione ma anche sulla sostanza.

Può anche essere utile immaginare e simulare situazioni in cui i familiari evocano storie e confronti dal passato o nel presente che possono suscitare vergogna o rabbia e prepararsi e provare reazioni meno impulsive, minimamente distaccate, consapevoli e funzionali. Occorre sempre tenere presente che l’emozione cui si dà corso in modo non regolato rappresenta in effetti il mediatore centrale dello stress e quindi l’induttore della cascata patogena di eventi fisiologici, affettivi e cognitivi che facilita la perdita del controllo volontario del comportamento e la riattivazione di comportamenti compulsivi in apparenza estinti. Può essere utile in questo caso dare il nome ed esprimere verbalmente agli interlocutori il tipo di emozione penosa vissuta. Dare il nome agli stati affettivi vissuti è processo che favorisce la regolazione emotiva e la disattivazione dell’asse dello stress, come abbiamo visto in un precedente post. In questo caso per gli interlocutori, è consigliabile fare ascolto riflessivo, cioè riprendere e riportare, rispecchiandoli, gli stati affettivi e le parole usate per descriverli dalla persona con dipendenza. L’ascolto riflessivo, attivando i processi di imitazione, sembra infatti favorire la sincronizzazione neurocognitiva e quindi anche la comunicazione, l’accettazione, la comprensione profonda e l’aiuto. È possibile provare questi comportamenti con un amico, diventeranno più realistici. Certamente continueranno a restare in qualche modo distanti da quelli che effettivamente potranno viversi, ma la familiarizzazione con la situazione e con la sua connotazione affettiva renderanno più semplice gestire i suoi aspetti problematici di natura materiale e soggettiva e quindi la regolazione della risposta dello stress sia sul piano fisiologico che su quello emotivo.

Importante anche immaginare l’incontro con situazioni o persone associate al consumo e che quindi possono rappresentare inneschi per il ritorno all’uso. In questo modo è possibile prepararsi a riconoscere e gestire il vissuto emotivo, l’eventuale desiderio e l’impulso all’uso, la minaccia della ricaduta, ma anche a pensare strategie di fronteggiamento attivo della tentazione o di evitamento preventivo, strategie che potranno essere simulate per stimolare la capacità di porle in pratica al momento del bisogno. La tecnica dell’implementazione delle intenzioni (Gollwitzer, 1999; Gollwitzer, Sheeran, 2006), in cui si formula e ci si addestra all’esecuzione di un piano d’azione precaricato in presenza di stimoli determinati, come la visione o l’odore della sostanza, sembra essere una strategia efficace a tal proposito. Abbiamo descritto questa tecnica in un post precedente.

Per le persone sole invece il suggerimento potrebbe essere quello di pianificare preventivamente attività da condividere con altri, trovare situazioni sociali, momenti da vivere in gruppo anche se ciò risulta complesso o associato ad ansia all’inizio. Per un animale sociale come l’uomo, la solitudine è una delle maggiori fonti di stress e pericolo percepito, quindi in questo caso, pure se può sembrare la condizione meno stressante, scegliere di stare soli finisce per aumentare drammaticamente i livelli dello stress già prodotti dalla condizione delle festività.

Al contrario, la partecipazione ad attività sociali, lo stare in relazione e magari in associazione a una forma di espressione motoria come ad esempio il ballo, attivano una serie di meccanismi neurocognitivi alla base della ricompensa, della gratificazione, innescando il rilascio di sostanze endogeni, neuromodulatori, neurormoni, come la dopamina, gli endocannabinoidi, gli oppiodi endogeni, che contribuiscono da un lato a ridurre l’ansia, dall’altro a promuovere la capacità di provare piacere e motivazione ad agire, a cambiare, a entrare in relazione con gli altri: tutti processi che possono prevenire il desiderio della sostanza e il rischio del consumo e delle ricadute.

D’altra parte per quanto possano sembrare complesse e ansiogene, le nuove esperienze e la partecipazione a qualche attività in gruppo sono sempre enormemente preferibili alla illusoria ricerca del rifugio nello stesso vecchio, stereotipato e distruttivo schema di comportamento.

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[1] Hains AB, Arnsten AF. Molecular mechanisms of stress-induced prefrontal cortical impairment: implications for mental illness. Learn Mem. 2008 Aug 6;15(8):551-64; Amy F. T. Stress signalling pathways that impair prefrontal cortex structure and function. Nat Rev Neurosci. 2009 Jun; 10(6): 410–422; Arnsten AF. Stress weakens prefrontal networks: molecular insults to higher cognition. Nat Neurosci. 2015 Oct;18(10):1376-85.

[2] Girotti M, Adler SM, Bulin SE, Fucich EA, Paredes D, Morilak DA. Prefrontal cortex executive processes affected by stress in health and disease. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry. 2017 Jul 6. pii: S0278-5846(17)30365-2.

[3] Gollwitzer, P. M. (1999). Implementation intentions: Strong effects of simple plans. American Psychologist, 54, 493-503; Gollwitzer, P. M., & Sheeran, P. (2006). Implementation intentions and goal achievement: A meta-analysis of effects and processes. Advances in Experimental Social Psychology, 38, 69-119.

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