Linguaggio, autocontrollo e disturbi del comportamento

La capacità di regolare e controllare volontariamente le proprie emozioni, i desideri, il comportamento, il modo in cui la nostra mente si rivolge al mondo, orienta l’attenzione, sostiene un ragionamento, prende una decisione o produce, gestisce, lascia spazio o reprime oppure subisce pensieri ruminazioni, ricordi i suoi contenuti è uno dei principali aspetti delle cosiddette funzioni esecutive. Attività come quelle descritte sono ovviamente processi che hanno uno straordinario impatto sull’adattamento dell’individuo all’ambiente e alle relazioni sociali e quindi anche sulle sua eventuale tendenza a sviluppare disturbi fisici o comportamentali.

Negli ultimi anni la ricerca il dibattito scientifico sull’autocontrollo sono diventati assai vivaci e articolati, dalla filosofia alle scienze cognitive, sino alla clinica. In filosofia l’indagine sull’autocontrollo è centrale nella spiegazione dell’azione e della condotta umana; nel dibattito sul rapporto tra desiderio, intenzioni, ragione; nella discussione sul libero arbitrio, l’autonomia e la responsabilità morale.

Nelle scienze cognitive i modelli di spiegazione dell’autocontrollo stanno tentando di organizzare coerentemente la complessità, la molteplicità e la diversità delle dimensioni e delle rappresentazioni teoriche dell’autocontrollo, nonché dei modi e dei processi in cui quest’ultimo viene meno. Che rapporto c’è, ad esempio, tra i fenomeni e i concetti di inibizione, volontà, regolazione, decisione, pianificazione, memoria di lavoro? Quali sono le differenze e le sovrapposizioni tra le forme di autocontrollo che è possibile esercitare su diversi aspetti dei processi psichici e comportamentali, ad esempio tra controllo delle emozioni e dell’attenzione; controllo degli impulsi e delle attività cognitive, del pensiero, delle decisioni; controllo dei desideri e controllo degli automatismi o delle abitudini? E quali sono i tratti specifici e comuni che caratterizzano il fallimento o il venir meno di queste diverse forme di autocontrollo? Quali peculiarità caratterizzano i processi di controllo cognitivo e volontario che intervengono quando si sceglie di sacrificare un incentivo, un piacere, un vantaggio immediati per una ricompensa futura ma giudicata più grande?

Sono questioni di straordinaria importanza per la comprensione del comportamento umano, dell’azione morale, ma anche per la spiegazione delle dinamiche dello sviluppo della personalità, delle abitudini e degli stili di vita che sostengono nel tempo l’eventuale sviluppo e il decorso delle malattie croniche, somatiche e comportamentali. Tutti i disturbi del corpo e della mente che sono infatti in buona parte correlati al modo in cui l’autocontrollo viene esercitato. Si pensi al rapporto che esiste da autocontrollo, alimentazione e malattie del metabolismo (ad es. il diabete), o malattie cardiovascolari.

 

Il rapporto tra linguaggio e autocontrollo, regolazione delle emozioni, degli impulsi e della condotta

John-Ferren,-Composition

Una linea di ricerca innovativa e stimolante è quella sul rapporto tra linguaggio e autocontrollo, regolazione delle emozioni, degli impulsi e della condotta. Nella specie umana una parte importante dei processi di autocontrollo e di regolazione delle emozioni, degli impulsi passa attraverso il linguaggio, è condizionata dal modo in cui un individuo rappresenta, descrive, analizza, pondera, linguisticamente le dinamiche, i processi e i contenuti mentali. Si veda questo post sui meccanismi neurocognitivi attraverso cui il linguaggio regola i processi emotivi. Il linguaggio ci permette di osservare, far diventare oggetti manipolabili i contenuti altrimenti magmatici, inarticolati e inafferrabili della nostra mente. Da qui la nostra capacità di ragionare, concepire pensieri nuovi, fare programmi, elaborare strategie. Questa capacità di oggettivazione inoltre rende possibile la separazione, il distanziamento, la defusione dalle manifestazioni psichiche. Pensiamo alla distruttività che può avere un contenuto ossessivo, a causa sua natura invasiva e intrusiva, di oggetto che dilaga e si impossessa della nostra mente, la occupa interamente, coincide con la nostra soggettività. È nel distacco che riusciamo a raggiungere attraverso la descrizione linguistica di questi contenuti che possiamo renderli oggetti, staccarli dalla nostra soggettività e così controllarli. In questo distacco possiamo dare un nome alle cose che abbiamo in mente, possiamo usare il linguaggio per costruire nessi esplicativi e così diventare consapevoli e più capaci di autocontrollo.

Per queste ragioni gli studi sul rapporto tra linguaggio e autocontrollo, regolazione delle emozioni, degli impulsi e della condotta possono avere eccezionali ricadute in ambito educativo e nella cura e nella prevenzione dei disturbi del comportamento. Infatti, al fine di prevenire l’insorgenza dei disturbi cronici, sin dalla prima infanzia ed eventualmente ridurne i sintomi col trattamento quando la malattia è manifesta, sarebbe utile comprendere meglio in che modo in un soggetto il linguaggio influenza la regolazione emotiva, il controllo dei desideri e dell’impulsività, la gestione del piacere, degli appetiti e delle ricompense, e quindi contribuisce alla costruzione delle abitudini e degli stili di vita, sani o patogeni. Allo stesso modo sarebbe fondamentale capire in che modo usare più efficacemente il linguaggio e la comunicazione nel contesto educativo, dagli insegnanti, e in ambito terapeutico, dal medico, dal personale sanitario. Si veda ad esempio questo post sul linguaggio e la comunicazione in ambito terapeutico. Questa nuova comprensione potrebbe favorire la messa a punto di metodologie di insegnamento e di comunicazione terapeutica più in grado di sostenere lo sviluppo delle capacità di autoregolazione; più capaci di promuovere la riabilitazione e il rinforzo dell’autocontrollo e della motivazione al cambiamento.

Le dipendenze sono uno degli ambiti attualmente più studiati e interessanti per il dibattito sull’autocontrollo e le sue implicazioni sociosanitarie. Le dipendenze vengono oggi definite dalla perdita del controllo volontario sull’uso di una sostanza psicoattiva o su un comportamento, come ad esempio il gioco d’azzardo. In questo senso la ricerca di base e clinica sui processi che intervengono nelle dipendenze sta producendo una massa di dati sperimentali di estremo interesse anche per la filosofia morale e le scienze cognitive. È tuttavia evidente come la ricerca biomedica sulle dipendenze stia usando in modo disinvolto e talora molto superficiale o palesemente scorretto concetti e modelli di spiegazione relativi alla sfera dell’autocontrollo (volontà, desiderio, motivazione, incentivo, piacere, intenzione, linguaggio ecc) con cui la filosofia della mente, l’etica e le scienze cognitive si misurano da tempo in modo assai articolato e fine.

 

Un imminente Convegno/corso ECM all’Università

A tal proposito stiamo lavorando all’organizzazione di un convegno/corso ECM che si terrà alla fine del prossimo ottobre presso il dipartimento di filosofia e comunicazione dell’Università di Roma Tre.

La prima giornata si concentrerà sugli aspetti di base dell’autocontrollo (dalle analisi concettuali sviluppate nel dibattito filosofico ai modelli teorici dell’autocontrollo oggi discussi nelle scienze cognitive) e sul rapporto tra linguaggio, azione e condotte umane ma con costanti riferimenti ai disturbi del comportamento e alle dipendenze e alla clinica delle dipendenze in particolare.

Paleremo:

  • dei meccanismi dell’autocontrollo, di come questa funzione sia modificata in certi disturbi del comportamento come le dipendenze;
  • del rapporto che esiste tra linguaggio sé narrativo e regolazione della condotta umana; del modo e dei meccanismi con cui è possibile influenzare il comportamento dell’altro con le emozioni e la comunicazione multimodale;
  • del linguaggio, dei significati e degli stili narrativi dei soggetti dipendenti e di come il modo di raccontarsi influenzi la loro condizione. Si veda sull’argomento questo post.

Avremo anche una intera giornata di taglio pratico, volta a fornire strumenti operativi e ad addestrare nuove competenze comunicative per chi lavora in clinica o in ambito educativo. Ci concentreremo sul linguaggio e la comunicazione nella clinica dei disturbi del comportamento in generale e delle dipendenze in particolare, sul modo in cui significati, discorsi e stili comunicativi incidono sull’efficacia di un rapporto pedagogico o di un trattamento in clinica, sull’alleanza terapeutica, e sulla motivazione e le capacità di cambiamento e recupero di un soggetto in cura. In quest’ultima giornata di proporranno gli strumenti concettuali e pratici, le abilità del colloquio motivazionale, con simulazioni ed esercizi che si alterneranno a momenti di spiegazione dei meccanismi neurocognitivi alla base di queste strategie linguistiche e di comunicazione che favoriscono il cambiamento.

Il programma definitivo, con i nomi dei docenti e le modalità di iscrizione usciranno entro la prima decade di agosto.

Seguite Psicoattivo per avere aggiornamenti.

Stefano Canali

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