Il piacere di mangiare e il cibo come droga

Spesso si dice “quel cibo per me è come una droga!”. Sembra un’espressione iperbolica ma la ricerca sembra suggerire che contenga un fondo di verità. Perché è così difficile resistere alla tentazione di mangiare i cibi più gustosi, quelli a più alto contenuto di grassi e zuccheri, che però sono esattamente proprio i più pericolosi per la nostra salute (in termini di aumento del rischio di sviluppare patologie metaboliche e/o cardiovascolari)? 

Un gruppo di ricerca del Max Planck Institute ha fatto luce su questo aspetto misterioso del piacere, scoprendo che i cibi ricchi di grassi o di carboidrati (patatine fritte, torte farcite, dolciumi confezionati) attivano in maniera particolarmente efficace il sistema della ricompensa presente nel nostro cervello, che è il principale bersaglio delle sostanze psicoattive con potenziale d’abuso e a rischio di dipendenza. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell Metabolism, ha poi dimostrato che tanto più elevato è il tenore di grassi e carboidrati, tanto maggiore è questo effetto. Per arrivare a questa conclusione i ricercatori hanno impegnato 40 volontari in un compito al computer, in cui fondamentalmente veniva chiesto loro di attribuire un’offerta, cioè un valore, a diverse tipologie di cibo: la maggior parte dei soldi veniva offerta per i cibi ricchi di grassi e carboidrati, indicando come essi fossero i più attraenti per i partecipanti. Ma perché accade ciò? Per risolvere questo secondo dilemma il gruppo di ricerca ha eseguito ai partecipanti, contemporaneamente al compito al pc, una tomografia a risonanza magnetica, in modo da monitorare la loro attività cerebrale.

I risultati, perfettamente concordanti con quelli emersi dalle analisi comportamentali (ossia dalla cifra che veniva offerta per i diversi alimenti) hanno dimostrato che quando vengono anche solo visualizzati cibi contenenti molti grassi o molti carboidrati, nel nostro cervello si attivano in maniera marcata i circuiti cerebrali preposti alla ricompensa. Tali circuiti, dipendenti dal rilascio di un neurotrasmettitore specifico, la dopamina, si attivano ogni volta che proviamo piacere o percepiamo che siamo di fronte a stimoli che predicono l’ottenimento del piacere e per questo ci spingono ad agire per consumare.

La dopamina è anche il neurotrasmettitore che media le principali componenti della motivazione ad agire in vista della soddisfazione di un bisogno o di un piacere. Allo stesso tempo la dopamina sembra al centro dei meccanismi che favoriscono l’apprendimento profondo dei comportamenti associati al piacere, spesso sino a determinare la costruzione dei circuiti neurali che mediano azioni compulsive e automatiche rispetto agli oggetti del piacere. Questi ultimi circuiti neurali imperniati sul sistema della ricompensa rappresentano le strutture cerebrali da cui originano le dipendenze e le difficoltà a controllare la ricerca e il consumo delle cose che ci danno piacere: dal cibo al sesso, dalle droghe al gioco d’azzardo. E alla loro azione si deve così, come suggerisce lo studio sperimentale, la difficoltà a regolare il consumo degli alimenti più gustosi e saporiti, che purtroppo sono quelli ad alto contenuto calorico. Ciò vale questo soprattutto per i ragazzi, i soggetti in cui il sistema della ricompensa è più sensibile e al contrario più debole il controllo cognitivo e volontario del comportamento, la capacità di inibire gli impulsi innescati dal desiderio del piacere.

Marcello Turconi e Stefano Canali

Riferimento: https://www.cell.com/cell-metabolism/abstract/S1550-4131(18)30325-5

 

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