La guerra dell’oppio e le prime restrizioni all’uso

L’oppio era quindi un colossale affare commerciale ed attraverso il suo impero l’inghilterra ne controllava i traffici internazionali e monopolizzava il mercato mondiale. Per difendere questi cospicui interessi economici l’Inghilterra non esitò a scatenare vittoriosamente i reali eserciti contro la Cina, nella guerra dell’oppio (1840-42), prendendo a pretesto la distruzione da parte delle autorità cinesi di grandi quantità d’oppio che una compagnia britannica stava importando a Canton.

Le tensioni da cui originò la guerra dell’oppio erano in realtà molte di più e molto più antiche. Esse rimontavano alla legge che proibiva l’uso e lo spaccio di oppio, pena la morte, emanata nel 1729 dall’imperatore cinese Yung Chiang. Tale provvedimento dimostrava la gravità sociale assunta dal consumo d’oppio in Cina. In questo paese la presenza dell’oppio era documentata sin dall’VIII secolo, sebbene di esso si facesse soltanto uso terapeutico. Più tardi, a partire dal primo periodo della dinastia Ming (1368-1698), si sviluppò l’abitudine al consumo dell’oppio per pura evasione e per scopi mistici, nella ricerca di strumenti utili a facilitare gli stati meditativi nel taoismo. Questo tipo di abitudine e di consumo tuttavia rimanevano circoscritti a gruppi ben definiti di individui e non causavano quindi problemi sociali.

Serie conseguenze di carattere igienico-sanitario ed economico, erano prodotte invece da un’altra sostanza d’abuso, importata dalle compagnie occidentali dal Nuovo Continente: il tabacco. La gravità del tabagismo divenne tale da indurre l’imperatore Tsung Chen a proibire, nel 1644, il commercio e l’uso del tabacco. L’abitudine al fumo però era ormai estremamente radicata nella popolazione, cosicché il provvedimento imperiale, unitamente all’enorme aumento dell’offerta di oppio da parte degli stessi importatori europei di tabacco, ebbe per immediato effetto lo scoppio di una ancor più grave epidemia dell’abuso di oppio. Un cinese su quattro si trasformò quindi in un oppiomane. Il trattatto di Tientsin, con il quale si chiudeva la guerra dell’oppio e si sanciva la sconfitta della Cina, stabiliva la cessione perpetua di Hong Kong alla Gran Bretagna e ripristinava la legalizzazione del commercio e dell’uso dell’oppio, costringendo di fatto l’Impero celeste a sviluppare su vasta scala la coltivazione del papavero per sopperire alla domanda ormai presente nel mercato e ridurre la dipendenza cinese dall’importazione.

La Guerra dell’oppio apriva in Inghilterra un vivace dibattito sull’eticità del commercio di tale narcotico e pose la questione della regolamentazione del suo spaccio e uso. Agli inizi del Novecento, con l’introduzione dell’oppio negli Stati Uniti, in Australia ed in Sudamerica da parte degli emigranti asiatici, soprattutto cinesi, tale dibattito si trasformava in una importante controversia internazionale. Nel 1909 nasceva la Commissione Internazionale per l’Oppio e nel 1914 una lega di trentaquattro nazioni decideva di porre dei rigidi vincoli alla produzione e al commercio di tale droga. Dopo la Prima Guerra Mondiale un accordo internazionale siglato nel 1924 presso la neonata Società delle Nazioni dichiarava illeciti la produzione, il commercio e l’uso dell’oppio per tutti quei fini che non fossero di esclusivo interesse medico e scientifico.

Immagine: Wellcome Library, London, A busy stacking room in the opium factory at Patna, India. Lithograph after W. S. Sherwill, c. 185; 1850 By: W. S. Sherwill. Creative Commons

User Avatar

Stefano Canali

Read Previous

L’oppio tra Settecento e Ottocento

Read Next

L’oppio nella letteratura

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *