Giovani donne, sole, narcisiste e con bassa autostima. È il profilo più a rischio per la dipendenza da social media?

Negli ultimi anni sta generando allarme la diffusione esponenziale di modalità improprie di utilizzo di internet e dei social media – come facebook, twitter, instagram -, che ne sono almeno in parte un sottoinsieme. C’è una crescente preoccupazione ad esempio per il crescente uso per la divulgazione di notizie false, credenze antiscientifiche, ovvero per la manipolazione di fasce importanti dell’opinione pubblica in prossimità degli appuntamenti elettorali, oppure ancora per la diffusione delle aggressioni verbali: la diffamazione tra gli adulti e il cyberbullismo tra i ragazzi. Per quest’ultima tipologia di pubblico, un’apprensione per certi versi più acuta è data dalla diffusione di un uso sregolato ed eccessivo dei social media [1, 2, 3].

Ma è lecito parlare di dipendenza da social media? E, se sì, di fronte a quale schemi di uso? E nel caso, esiste un eventuale profilo psicologico, sociodemografico e culturale dei soggetti che possono essere definiti dipendenti dai social media?

 

Come si manifesterebbe una dipendenza da social media?

Partiamo da una precisazione, in questo post diamo per pacifico la possibilità di usare il concetto di dipendenza da internet o social media, quando invece questa idea presenta al momento non solo una relativa evidenza scientifica ma soprattutto si caratterizza per aspetti concettuali molto controversi che discuteremo in un altro articolo specifico [4, 5, 5.1, 5.2]. Per chi volesse approfondire gli aspetti problematici del concetto di dipendenza in generale legga il post a questo link. Secondo Griffiths siamo di fronte a una dipendenza da internet, in particolare da social media, se sussistono le seguenti manifestazione[6]:

– preoccupazione rispetto all’uso di social media (salienza);

– utilizzo dei social media per ridurre sentimenti negativi (modificazione dell’umore);

– aumento costante dell’uso dei social media per ottenere lo stesso piacere (tolleranza/desiderio);

– sofferenza se viene vietato l’utilizzo di social media (ritiro),

– l’uso dei social media porta a sacrificare altri obblighi e / o causa danni ad altre aree di vita importanti (conflitto / disabilità funzionale)

– desiderio o tentativo di controllare l’uso dei social media senza successo (recidiva / perdita di controllo).

 

Giovani donne, sole, personalità narcisistica e bassa autostima. È il profilo demografico e di personalità tipico nelle dipendenze da social media?

Edward Hopper, Automat (Tavola calda), 1927, Des Moines Art Center, Iowa (USA)

Gli studi sulle variabili demografiche e psicologiche di personalità suggeriscono che siano le donne giovani, con minori livelli d’istruzione, non impegnate in una relazione stabile, con tratti di personalità narcisistici e con minore autostima a costituire la popolazione maggiormente a rischio per l’uso sregolato e compulsivo dei social.

Come si può spiegare tale evidenza? È ad esempio note che le donne, rispetto agli uomini, sono più inclini a sviluppare dipendenza verso comportamenti che favoriscono l’interazione. La correlazione tra giovane età e perdita del controllo sull’uso dei social potrebbe spiegarsi con l’esposizione agli strumenti digitali e al loro potenziale additivo sin dall’infanzia. L’aspetto relativo all’uso maggiore in soggetti non impegnati in una relazione, potrebbe dipendere dal fatto che i social sono una piattaforma virtuale ideale in cui tentare di conoscere possibili partner. L’associazione tra personalità narcisistica e uso sregolato dei social sembra invece rimandare proprio ai tratti salienti del narcisismo: le manifestazioni di grandiosità egocentrica, arroganza, scarsa empatia. L’uso dei social potrebbe consentire alle persone con questi tratti di esprimere le proprie ambizioni, i propri interessi e successi a un pubblico potenzialmente ampio e ottenere riconoscimenti visibili in modo contingente attraverso “Mi Piace” e commenti positivi da altri utenti: riscontri che non solo agiscono da rinforzo al comportamento ma rispondono al desiderio di ostentazione e conferma sociale di tale temperamento.

Seppur con motivazioni diverse, anche il soggetto con bassa autostima può trovare nei social un’arena perfetta per esprimersi. Chi ha una scarsa considerazione di sé in situazione relazionali reali, infatti, potrebbe compensare tale difficoltà in un contesto virtuale, nel quale è molto più semplice venire apprezzati e nel quale vi è poco coinvolgimento personale.

Sulla base di tali evidenze Andreassen et al. [16], hanno condotto uno studio sperimentale sulle possibili correlazioni fra variabili demografiche, narcisismo, e dipendenza da social media usando un questionario così composto:

– Bergen Facebook Addiction Scale (BFAS): valuta la dipendenza da diverse tipologie di social sulla base dei criteri diagnostici redatti da Griffhits [6];

– Narcissistic Personality Inventory-16 (NPI-16), una versione abbreviata dell’originale 40 pezzi NPI: valuta su scala unidimensionale la presenza di tratti narcisistici [17];

– Scala dell’autostima di Rosenberg (RSES) [18]: una scala di 10 elementi per la valutazione dei livelli di stima di sé;

-questionario sui dati demografici: età, sesso, occupazione, livello d’istruzione, stato civile etc.

Le persone sono state invitate a partecipare anonimamente al sondaggio attraverso i siti web ufficiali di cinque giornali norvegesi a tiratura nazionale nel corso del 2014. Il vastissimo campione ottenuto è di 23.532 partecipanti comprendenti 8.234 uomini (35%) e 15.298 donne (65%). Le età andavano da 16 a 88 anni, con un’età media di 35,8 anni. Queste proporzioni differivano significativamente dalla corrispondente distribuzione della popolazione norvegese del 2014 (50,3% uomini vs 49,7% donne) e c’era anche una differenza statisticamente significativa tra il campione presente e la popolazione generale norvegese in termini di fasce di età: 16 e 30 anni (40,7% vs 25,0%), 31 e 45 anni (35,0% vs 26,3%), 46-60 anni (19,8% vs 24,5%) e 61-88 anni (4,5% vs.24,2%).

Al di là di questi limiti, dovuti all’autoselezione del campione, i risultati ottenuti sono assai interessanti. Le variabili demografiche sembrano l’insieme degli elementi più importanti tra quelli correlati all’uso sregolato dei social media; e incidono così molto più delle variabili psicologiche e dei tratti di personalità. Ancora una volta, come da noi spesso segnalato in molti altri post, l’ambiente, la società, la cultura sembrano essere i fattori critici nei rapporti problematici che gli uomini tendono a sviluppare con le loro emozioni, i loro impulsi, con le cose e con gli altri.

La presenza maggiore tra gli individui che manifestano schemi comportamentali associabili a un rapporto problematico coi social è quella dei soggetti di sesso femminile, giovani, con basso livello d’istruzione e non impegnati in una relazione. Anche le aspettative relative ai tratti “narcisismo” e “autostima” sono state rispettate, le due correlazioni rispetto alla variabile “dipendenza da social media” sono inversamente proporzionali. I soggetti tanto più sono narcisisti tanto più trovano nelle piattaforme online una risposta al bisogno di affiliazione e conferma verso il senso di un sé idealizzato ed ostentato. Al contrario, tanto più bassi sono i livelli di autostima tanto più forte è il valore attribuito ai social e all’approvazione che può derivare da un’interazione mediata da uno schermo, senza l’implicazione necessariamente di un investimento affettivo.

I risultati dello studio, come alcune precedenti ricerche, individuano così una precisa fetta di popolazione vulnerabile e di conseguenza forniscono la possibilità di individuare precocemente i soggetti a rischio e fare prevenzione mirata, attivare precocemente percorsi di recupero. La diffusione dei risultati di questi studi invece ha significative ricadute per la prevenzione primaria. Anche se non sufficiente, la conoscenza dei meccanismi, dei processi e delle variabili che influenzano il comportamento e il suo controllo è la condizione necessaria per mantenere una regolazione del rapporto con gli strumenti che ci espongono alla perdita del controllo.

Alessia Bassi e Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

1. Kuss, D. J., & Griffiths, M. D. (2011). Online social networking and addiction: A literature review of empirical research. International Journal of Environmental and Public Health, 8, 3528–3552.
2. Allen, K. A., Ryan, T., Gray, D. L., Mclnerney, D. M., & Waters, L. (2014). Social media use and social connectedness in adolescents: The positives and the potential pitfalls. The Australian Educational and Developmental Psychologist, 31, 18–31.
3. Ryan, T., Chester, A., Reece, J., & Xenos, S. (2014). The uses and abuses of Facebook: A review of Facebook addiction. Journal of Behavioral Addictions, 3, 133–148.
4. Young, K. (1999). The research and controversy surrounding internet addiction. CyberPsychology and Behavior, 2, 381–383.
5. Young, K. (2015). The evolution of internet addiction disorder. In C. Montag and M. Reuter (Eds.), Internet addiction, Studies in neuroscience, psychology, and behavioral economics (pp. 3–17). New York, NY: Springer
5.1 Jennifer Czincz & Regina Hechanova (2009) Internet Addiction: Debating the Diagnosis, Journal of Technology in Human Services, 27:4, 257-272, DOI: 10.1080/15228830903329815
5.2 Young. K. (1999) The Research and Controversy Surrounding Internet Addiction,
CyberPsychology & Behavior. DOI: http://doi.org/10.1089/cpb.1999.2.381
6. Griffiths, M. D. (2005). A components model of addiction within a biopsychosocial framework. Journal of Substance Use, 10, 191–197.
7. Andreassen, C. S. (2015). Online social network site addiction: A comprehensive review. Current Addiction Reports, 2, 175–184
8. Andreassen, C. S., & Pallesen, S. (2014). Social Network Site Addiction – An Overview. Current Pharmaceutical Design, 20, 4053–4061.
9. Griffiths, M. D., Kuss, D. J., & Demetrovics, Z. (2014). Social networking addiction: An overview of preliminary findings. In K. P. Rosenberg and L. C. Feder (Eds.), Behavioral addictions: Criteria, evidence, and treatment, (pp. 119–141). London, UK: Academic Press
10. Kuss, D. J., Griffiths, M. D., Karila, L., & Billieux, J. (2014). Internet addiction: A systematic review of epidemiological research for the last decade. Current Pharmaceutical Design, 20, 4026–4052.
11. La Barbera, D., La Paglia, F., & Valsavoia, R. (2009). Social network and addiction. CyberPsychology & Behavior, 12, 628–629.
12. Malik, S., & Khan, M. (2015). Impact of Facebook addiction on narcissistic behavior and self-esteem among students. Journal of Pakistan Medical Association, 65, 260–263.
13. Ryan, T., & Xebos, S. (2011). Who uses Facebook? An investigation into the relationship between Big Five, shyness, narcissism, loneliness, and Facebook usage. Computers in Human Behavior, 27, 1658–1664.
14. Wang, J.-L., Jackson, L. A., Zhang, D.-J., & Su, Z.-Q. (2012). The relationships among Big Five personality factors, self-esteem, narcissism, and sensation-seeking to Chinese University students´ uses of social networking sites (SNSs). Computers in Human Behavior, 28, 2313–2319
15. Forest, A. L., & Wood, J. V. (2012). When social networking is not working: Individuals with low self-esteem recognize but do not reap the benefits of self-disclosure on Facebook. Psychological Science, 23, 295–302
16. Andreassen, C.S. St˚ale Pallesen, Mark D. Griffiths (2016)The relationship between addictive use of social media, narcissism, and self-esteem: Findings from a large national survey. S0306-4603(16)30109-5
17. Raskin, R. N., & Terry, H. (1988). A principal components analysis of the Narcissistic Personality Inventory and further evidence of its construct validity. Journal of Personality and Social Psychology, 54, 890–902
18. Rosenberg, M. (1965). Society and the adolescent self-image. Princeton, NJ: Princeton University Press.

 

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