Gestione della contingenza nel trattamento delle dipendenze

La gestione della contingenza è un modello di terapia comportamentale in cui un individuo viene rinforzato o ricompensato per l’evidenza di un cambiamento comportamentale nella direzione dell’obiettivo di cura, nel caso delle dipendenze l’astinenza.

Allegoria della ricompensa per la virtù.
L’uomo abbraccia due donne;la personificazione dell’immortalità, chinata da una nuvola gli rivolge un gesto di accoglimento, mentre la personificazione della gloria, seduta dietro di lui su un globo sostiene uno scettro sopra la sua testa.
Jacob Floris, 1564

Questo approccio è fondamentalmente basato sui principi del condizionamento operante o apprendimento strumentale definiti per la prima volta in modo sistematico da Burrhus Skinner[1], secondo cui un comportamento viene appreso o modificato in funzione delle sue conseguenze. Vale a dire, ciò che un individuo fa o impara a fare dipende dalle conseguenze del suo comportamento stesso. Schematicamente si può dire che se un determinato comportamento è seguito da una conseguenza positiva, una ricompensa, allora l’individuo tenderà a ripetere quel comportamento. Al contrario se una data azione è seguita da una conseguenza negativa, una punizione o un danno, allora l’individuo tenderà ad evitare quell’azione stessa.

In realtà questo schema di apprendimento e di modificazione del comportamento è più complesso, perché un ruolo importante è giocato dagli stimoli che evocano la risposta comportamentale. La cosiddetta contingenza di rinforzo, concetto che dà il nome alla strategia terapeutica di gestione della contingenza, è l’insieme funzionale comprendente: (1) gli stimoli (l’ambiente, il contesto) che evocano (2) una determinata risposta comportamentale e (3) lo stimolo conseguente alla risposta, il rinforzo (positivo o negativo).

Gli stimoli che precedono la risposta, il contesto, l’ambiente sono una variabile fondamentale nell’apprendimento operante perché le risposte funzionali o disfunzionali, adattative o disadattative, e il loro apprendimento, sono chiaramente una funzione degli stimoli e dei contesti che le hanno suscitate. Ad apprendimento stabilito gli stimoli e i contesti diventeranno quindi inneschi per la riattivazione del comportamento rinforzato. Questo è ben esemplificato dal comportamento nelle dipendenze, che appare fortemente diretto dalla presenza di inneschi ambientali.

Dunque, detto in termini più formali, in una data contingenza di rinforzo positivo si osserva che quando in presenza di certi stimoli, in un dato contesto, la risposta comportamentale è seguita da uno stimolo gratificante, cioè una conseguenza positiva, si ottiene un aumento della probabilità che venga emessa la stessa risposta in presenza dello stesso contesto.

La gestione della contingenza è ampiamente usata, con importanti evidenze di efficacia, nell’addestramento degli animali, in ambito educativo, per il trattamento di disturbi della condotta o dei disturbi fobici negli adolescenti. L’utilizzo più esteso di questo approccio si ha però nel trattamento delle dipendenze.

In effetti, l’uso delle sostanze e anche le dipendenze, comprese quelle comportamentali, possono essere viste come una forma di un condizionamento operante, in cui la ripetuta associazione tra stimoli di contesto, assunzione di sostanze (risposta comportamentale), attivazione del sistema della ricompensa (rinforzo positivo) può portare prima all’aumento della risposta comportamentale, cioè l’uso di sostanza e poi alla sua fissazione.

Come terapia comportamentale, la gestione della contingenza mira a cambiare la struttura di rinforzo che opera nel comportamento dei soggetti dipendenti, in cui il rinforzo delle sostanze o del comportamento oggetto della dipendenza è dominante. Ciò è possibile erogando rinforzi positivi come conseguenza dell’astinenza o di comportamenti che possono competere con l’uso della sostanza e la dipendenza.

In concreto un intervento di gestione della contingenza nelle dipendenze può prevedere un controllo frequente delle urine, per verificare l’astinenza, e l’immediato rinforzo contingente per ogni campione negativo, pulito. Il rinforzo può essere monetario, ad esempio voucher o premi, oppure in benefits, come abbonamenti per palestre, biglietti del cinema, concerti, piscina e così via.

La letteratura sull’efficacia della gestione della contingenza nel trattamento delle dipendenze è molto vasta. Ad esempio uno studio multicentrico in 14 centri condotto su più di 800 soggetti in cura per abuso di stimolanti ha misurato l’effetto differenziale della gestione della contingenza rispetto al trattamento standard per 12 settimane. In entrambi i gruppi studiati era prevista la raccolta delle urine due volte a settimana. Nel gruppo arruolato nella gestione della contingenza i soggetti ottenevano una estrazione per un premio compreso tra 1 e 100 dollari ad ogni riscontro negativo, cioè ad ogni prova di astinenza. Nel corso del trattamento, il numero di estrazioni aumentava in relazione al numero di prove consecutive di astinenza. Una metà del campione era stata reclutata in gruppi trattati con interventi psicosociali, l’altra metà in gruppi trattati con farmaci. Tra i gruppi trattati con interventi psicosociali[2] la gestione della contingenza ha aumentato la ritenzione in trattamento, con il 49% dei soggetti che ha completato le 12 settimane rispetto al 35% trovato nei gruppi senza ricompense. La media delle settimane consecutive di astinenza nel gruppo con gestione della contingenza è stata di 4,4 contro le 2,6 del gruppo senza ricompense. La percentuale di individui in astinenza per tutte le 12 settimane è stata circa 4 volte maggiore nei gruppi con gestione della continenza (18,7% contro 4,9%).

Tra i gruppi trattati con farmaci[3], l’astinenza da cocaina è stata significativamente aumentata con la gestione della contingenza con una media di 2,8 settimane rispetto a 1,2 settimane nei gruppi senza ricompensa. Allo stesso modo i gruppi con gestione della contingenza hanno visto aumentare la numerosità dei soggetti in astinenza per tutte le 12 settimane di studio rispetto ai gruppi senza rinforzo: 5,6% contro il solo 0,5%.

Analoghi effetti positivi di questa strategia di intervento sono stati riportati per altre forme di dipendenza come ad esempio per gli oppioidi[4], per la cocaina[5], per alcol, cannabis, benzodiazepine, tabacco[6] e altre sostanze[7]. Una metanalisi della letteratura su 34 studi di efficacia di interventi psicosociali per il trattamento delle dipendenze, come terapie cognitivo-comportamentali, prevenzione delle ricadute, gestione della contingenza e altre, ha dimostrato che la gestione della contingenza ha il più elevato tasso di efficacia per la ritenzione in trattamento e l’ottenimento dell’astinenza quando somministrata da sola e erogata in associazione alle altre terapie psicosociali ne raddoppia il tasso di efficacia[8].

A dispetto dell’efficacia così chiaramente attestata, la gestione della contingenza continua a restare una delle forme di trattamento sperimentalmente validate meno conosciute e usate in clinica[9]. A livello internazionale sono pochi gli operatori del settore che conoscono questa strategia di intervento e ancora meno sono quelli che effettivamente la usano in clinica. In Italia, verosimilmente la situazione è ancora peggiore, per tutta una serie di ragioni culturali, forse sarebbe meglio dire ideologiche, e organizzative che rendono difficile accettare questo approccio e innestarlo nella pratica.

Questa scarsa considerazione potrebbe dipendere in primo luogo dalle permanenti lacune formative del personale rispetto alle scienze del comportamento in generale e all’analisi comportamentale applicata e dunque alla gestione della contingenza in particolare. Sembra esistere, tuttavia, da parte del personale che opera nel settore un forte pregiudizio verso un approccio comportamentista e la cosiddetta token economy, i sistemi di rinforzo a gettoni, ancor di più per i rinforzi monetari, non solo per gli ipotetici costi della loro implementazione in clinica (che tra l’altro in rapporto all’efficacia sono generalmente minori di quelli propri di altri approcci terapeutici[10]). Questo pregiudizio è inoltre mantenuto e alimentato dalla profonda disconnessione tra ricerca e pratica clinica, che continua a rendere scarsamente diffuse la scelta e l’adozione di interventi terapeutici basandosi su evidenze, su prove empiriche di efficacia.

Fortunatamente alcuni di questi ostacoli sembrano superabili con aggiustamenti nei percorsi di istruzione degli operatori[11] e con una adeguata formazione alla gestione della contingenza[12] e anche dalla familiarità con altri operatori che usano la gestione della contingenza[13]. Come sostengono Carla J. Rash, Maxine Stitzer e Jeremiah Weinstock nell’articolo che introduce il numero monografico del gennaio scorso della rivista Journal of Substance Abuse Treatment dedicato alla gestione della contingenza, la prospettiva dei costi sembra quella più convincente per gli amministratori dei servizi per il trattamento[14]. Esistono esempi di protocolli di sostenibilità economica e facilità di implementazione molto elevate della gestione della contingenza, come l’approcio ultra-low cost proposto da Kropp e collaboratori[15] e le strategie di housing e rinforzi non monetari suggeriti e discussi da Tuten[16]. Ma alcuni studi hanno addirittura rilevato un aumento dei ricavi possibili derivanti dall’aumento dei rimborsi per l’incremento dell’aderenza al trattamento anche solo dopo una settimana di gestione della contingenza con un costo settimanale per paziente di soli 25 dollari[17].

È dunque auspicabile una operazione culturale finalizzata a sensibilizzare gli operatori italiani sull’opportunità e l’utilità dell’impiego di questo strumento di intervento, almeno in associazione e per il rafforzamento delle strategie terapeutiche già utilizzate all’interno del contesto terapeutico dato.

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

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