Sul finire degli anni Cinquanta Henry Michaux, scrittore, poeta e pittore belga naturalizzato francese, sviluppò un’analisi dell’azione delle droghe sull’essere umano a partire dalla sua esperienza con le droghe allucinogene. Secondo Michaux, il rapporto che il drogato instaura con le sostanze psicotrope di cui fa abuso riproduce uno stato paradigmatico dell’esistenza umana: la subordinazione ad una autorità che intende controllare e manipolare la coscienza e il comportamento. Lo psicotropismo il fenomeno più caratterizzante della vita umana: dall’autorità paterna a quella degli educatori scolastici e dello stato, l’individuo, sostiene Micahux, vive costantemente sotto il giogo di vincoli e restrizioni all’indipendenza della soggettività, permanentemente impossibilitato ad esprimere la sua libertà individuale. La violenza della droga, pertanto, si compirebbe sul modello di quella delle altre autorità, e in maniera ancora più fredda e cieca. Ma proprio questa violenza è rivelatrice, facendo scoprire a chi la sperimenta la tragica ineluttabilità dello spossessamento dell’io. E, ancora più pessimisticamente, la droga e la dipendenza alle sostanze psicotrope dimostrerebbero che l’unica quiete esistenziale raggiungibile si dà nella sconfitta, nella totale abdicazione della coscienza in favore di un’autorità, sia essa chimica o sociale.
Al di là di questa fosca filosofia dell’esistenza, le riflessioni di Michaux sono interessanti in quanto pongono al centro il processo di smembramento della coscienza prodotto dagli allucinogeni e criticano duramente l’idea, allora piuttosto diffusa, che tali sostanze potessero essere utili nelle indagini sui meccanismi più profondi della psiche e nel processo creativo.
Usando gli allucinogeni, infatti, Michaux aveva osservato la straordinaria moltiplicazione delle immagini e dei pensieri alla coscienza, ma aveva anche lucidamente notato la loro irrimediabile frammentarietà, unicità, nettezza. Tali qualità, secondo Michaux, rendevano assolutamente inutilizzabili i dati dell’esperienza allucinata da parte della coscienza, in quanto essa è in grado di lavorare soltanto sui legami, sulle tracce più o meno durature, sulle associazioni tra i vari contenuti dell’esperienza. L’assoluta parcellizzazione drogata dei fenomeni psichici corrispondeva alla completa paralisi della coscienza, rappresentava, secondo Michaux, un’esperienza della follia.
Michaux quindi tornò a confrontarsi con uno dei sogni più ambiziosi della psichiatria, quello di indagare la follia dall’interno, imitandone, attraverso le droghe, la patologica fenomenologia.
Stefano Canali