A dispetto delle conseguenze negative? Aspetti problematici del concetto di uso compulsivo nella dipendenza

Il concetto biomedico di dipendenza descrive questa condizione come una patologia cronica ad andamento recidivante il cui tratto caratterizzante è l’uso compulsivo di una sostanza, ovvero anche la ripetizione di un determinato comportamento – come nel caso del disturbo da gioco d’azzardo -, a dispetto delle conseguenze negative. Questa idea si riflette ampiamente nei criteri diagnostici dell’ICD-10 e del DSM-5, i due principali strumenti per le diagnosi psichiatriche.

L’affermazione di questa concezione forse è dovuta, oltre che al primato che si tende ormai ad assegnare alle spiegazioni biologiche del comportamento (anche quando queste spiegazioni presentano incongruenze teoriche o evidenti lacune empiriche), al fatto che essa sembra risolvere una anomalia tutta specifica del comportamento dei soggetti con dipendenza. Questi infatti continuano a reiterare il comportamento da cui dipendono nonostante sappiano o possano constatare sulla loro pelle che questo stesso comportamento comporta una serie di manifesti effetti dannosi. I soggetti dipendenti sembrano così agire contro il loro interesse, in stridente contraddizione con il principio di razionalità che, si ritiene comunemente, guida il normale comportamento umano.

Ma la concezione biomedica della dipendenza dà conto della apparente irrazionalità dei soggetti dipendenti. Chi soffre questa condizione non sarebbe in grado di scegliere il comportamento rispetto all’oggetto della sua dipendenza, agirebbe in modo compulsivo, costretto da una malattia del cervello che abolisce la sua capacità decisionale. L’assenza di questa capacità porrebbe fuori gioco il controllo volontario del comportamento e conseguentemente la razionalità, quale attributo di una scelta volontaria. In questo modo verrebbe dissipato il carattere anomalo del comportamento dei soggetti dipendenti: la reiterazione del comportamento oggetto della dipendenza a dispetto delle conseguenze negative. Se queste persone fossero in grado di inibire tale comportamento verosimilmente lo farebbero, ma in effetti non possono per una patologia del controllo cognitivo del comportamento e per questo continuano a comportarsi così.

William Hogarth, The Bathos, or Manner of Sinking in Sublime Paintings.
London. Printed for Baldwin, Cradock & Joy, Paternoster Row
by Nichols and Son, Parliament Street —1822—
25¼ x 19¼ inches, thick woven paper.

Esistono ormai tuttavia numerosissimi studi che dimostrano la presenza e la persistenza della capacità di modulare il comportamento oggetto della dipendenza nei soggetti che soffrono questa condizione. Ad esempio è noto che i tossicodipendenti regolano il consumo in funzione del prezzo della sostanza[1]. Come dimostrato dagli imponenti e ormai classici studi di Lee Robins sui reduci americani della guerra in Vietnam, l’abuso di una sostanza psicoattiva è fortemente determinato dal set e dal setting, dall’ambiente in cui si sviluppa l’uso abituale al consumo, dalle aspettative che si hanno rispetto al consumo e dalle finalità più o meno consapevoli di questo particolare comportamento in un dato ambiente e un preciso contesto di valori riguardo la sostanza e il suo uso[2]. Alcuni soggetti dipendenti scelgono di astenersi al fine di ridurre la tolleranza e quindi le dosi necessarie per produrre gli effetti ricercati, ottenendo così un risparmio economico[3]. Assai abbondante è anche la letteratura sugli effetti della contingenza di rinforzo nella modulazione del consumo o nell’aderenza al trattamento dei soggetti dipendenti[4]. Questa tecnica comportamentale prevede la somministrazione di ricompense, come piccole somme di denaro, premi o benefit vari, ai soggetti in cura che risultano puliti ai test per le sostanze. I pazienti che seguono questo percorso tendono più frequentemente a scegliere i soldi o i premi rispetto alla sostanza.

Ora tutte queste evidenze sopra riportate e diverse altre la cui discussione richiederebbe uno spazio qui impossibile da ricavare, indicano chiaramente che la dipendenza non può essere considerata una malattia del cervello allo stesso modo con cui consideriamo tali, ad esempio, il morbo di Alzheimer, La còrea di Sydenham, il morbo di Parkinson, l’epilessia. In questi casi, i sintomi si manifestano prescindendo la volontà del paziente, che non ha modo di controllarne l’insorgenza, e indipendentemente da stimoli cognitivi e motivazionali finalizzati a inibirne o regolarne l’espressione e il decorso, al contrario di quanto effettivamente succede alle persone che soffrono una condizione di dipendenza.

Ma se l’uso di sostanze e anche le dipendenze sono cosi legate ad aspetti di tipo motivazionale, culturale, etico e quindi cognitivo, allora questi comportamenti non sono azioni coatte ma somigliano piuttosto a scelte. Torniamo così di nuovo alla necessità di dover spiegare l’apparente irrazionalità dei comportamenti delle persone con dipendenza. Come può un soggetto che mantiene, sia pure residue, capacità di valutazione e di controllo del proprio comportamento decidere di persistere in un comportamento con costi personali così alti?

È possibile immaginare una serie di coerenti risposte a questa domanda, ne esamineremo tre in specifici post futuri:

1) Una persona, per una sua storia particolare e per una determinata condizione sociale ed ambientale può, più o meno consapevolmente, desiderare e scegliere gli effetti negativi legati all’uso delle sostanze o a una dipendenza comportamentale. È il caso ad esempio di persone con grande comorbidità psichiatrica, persone che hanno subito un grave trauma, con un passato di abusi e violenze subite e agite, o che vivono in teatri di guerra, in condizioni di grave sofferenza psichica e materiale e che per questo manifestano pensieri e comportamenti autodistruttivi, trovando così razionali o desiderabili gli effetti avversi e le conseguenze dell’uso delle sostanze o del comportamento da cui dipendono.

2) Al momento di decidere se reiterare il comportamento da cui dipende, una persona potrebbe assegnare al comportamento in questione un valore tutto sommato più alto rispetto a quello delle possibili conseguenze future dell’astinenza. Lo sconto intertemporale è una caratteristica normale dei processi decisionali umani, che tendono ad assegnare una valenza motivazionale più alta alle ricompense prossime rispetto a quelle future. In talune persone essa può risultare accentuata e per questo rendere vulnerabili alle diverse forme della dipendenza. Ma in determinate circostanze e in particolari ambienti, caratterizzati ad esempio da forte incertezza o instabilità, anche la tendenza a scontare fortemente il futuro potrebbe essere una scelta razionale.

3) La risposta più ovvia e banale alla domanda come può un soggetto reiterare il comportamento da cui dipende a dispetto dei suoi effetti negativi è tuttavia che questo individuo potrebbe semplicemente non avere una cognizione adeguata degli effetti negativi. Sembra una risposta paradossale e inverosimile ma tenteremo di dimostrare che molto spesso il problema è proprio questo e che quindi lavorare sulle funzioni cognitive potrebbe costituire un importante strumento per il trattamento e la prevenzione delle dipendenze.

4) Vorremmo chiudere il post con una ulteriore breve risposta alla domanda sulla natura apparentemente irrazionale dei soggetti dipendenti. Una risposta che rappresenta piuttosto un’obiezione, perché questa domanda è probabilmente mal posta. È infatti possibile in linea di principio che, in certe precise condizioni ambientali, per determinate persone e in taluni periodi della vita, l’uso delle sostanze e anche le dipendenze[5] possano dare qualche tipo di beneficio tale da controbilanciare i loro effetti negativi. Esistono numerosi studi che dimostrano i possibili vantaggi adattativi dell’uso di sostanze anche in prospettiva evoluzionistica[6]. In modo analogo, la nota e assai diffusa teoria dell’automedicazione di Edward Khantzian postula che l’assunzione di sostanze costituisca una strategia finalizzata alla riduzione di stati affettivi penosi[7]. La sostanza che un individuo abusa, sino talora a diventarne dipendente, non si impone a caso. Essa viene piuttosto scelta attraverso successivi esperimenti con diverse sostanze attraverso i quali – più o meno consapevolmente – viene saggiato l’effetto farmacologico sui sintomi psichiatrici che il soggetto in questione cerca di alleviare. Per questa ragione, sostiene Khantzian, chi abusa di eroina lo fa a causa della sua capacità di inibire gli effetti disorganizzanti e minacciosi della rabbia e dell’aggressività; mentre chi consuma cocaina cerca i suoi effetti sullo stress associato alla depressione, all’ipomania e all’iperattività[8].

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

[1] Si veda ad esempio: Ross H, Blecher E, Yan L, Hyland A. (2011) Do cigarette prices motivate smokers to quit? New evidence from the ITC survey. Addiction. 2011 Mar;106(3):609-19; Xu X, Chaloupka FJ, (2011) The Effects of Prices on Alcohol Use and Its Consequences. Alcohol Research & Health, 2011, 34, 2, pp. 236-245; Chandra S. (2007) Economic manifestations of opiate addiction: evidence from historical data from colonial Indonesia. Drug Alcohol Depend. 2007 Sep;90 Suppl 1:S69-84. Epub 2006 Sep 18; Österberg EL. (2011) Alcohol tax changes and the use of alcohol in Europe. Drug Alcohol Rev. 2011 Mar;30(2):124-9; Bickel WK, Yi R, Mueller ET, Jones BA, Christensen DR. (2010) The behavioral economics of drug dependence: towards the consilience of economics and behavioral neuroscience. Curr Top Behav Neurosci. 2010;3:319-41.

[2] Robins L. N. The Vietnam drug user returns: final report,September 1973. For sale by the Superintendant of Documents.Washington, DC: US Government Printing Office; 1974; Robins L. N., Davis D. H., Goodwin D. W. Drug use by US Army enlisted men in Vietnam: a follow-up on their return home.Am J Epidemiol 1974; 99:235–49; Robins L. N., Helzer J. E., Davis D. H. Narcotic use in South-east Asia and afterward: an interview study of 898Vietnam returnees. Arc h Gen Psychiatry 1975; 32:955–61; Robins L. N. Vietnam veterans’ rapid recovery from heroin ad-diction: a fluke or normal expectation? Addiction 1993; 88:1041–54.19; Robins L. N., Helzer J. E., Hesselbrock M., Wish E. Vietnam veterans three years after Vietnam: how our study changed our view of heroin. Am J Addict 2010; 19:203–11.20; Robins L. N. Estimating addiction rates and locating target populations: how decomposition into stages helps. In:Rittenhouse J. D., editor. The Epidemiology of Heroin and Other Narcotics: NIDA Research Monograph Series 16.Rockville,MD: NIDA; 1977, pp. 578–99; Robins L. N., Hesselbrock M., Wish E., Helzer J., Smith D.Polydrug and Alcohol Use By Veterans and Nonveterans. A Multi-cultural View of Drug Abuse: Proceedings of the National DrugAbuse Conference. Cambridge, MA: Schenkman Publishing,Company, Inc.; 1978; Zinberg N. E. Heroin use in Vietnam and the United States: acontrast and a critique. Arch Gen Psychiatry 1972; 26:486–8.

[3] Ainslie G (2000) A research-based theory of addictive motivation. Law and Philosophy 19 (1):77-115.

[4] Dempsey JP, Back SE, Waldrop AE, et al. The influence of monetary compensation on relapse among addicted participants: empirical vs. anecdotal evidence. Am J Addict 2008; 17:488; Higgins ST, Heil SH, Dantona R, et al. Effects of varying the monetary value of voucher-based incentives on abstinence achieved during and following treatment among cocaine-dependent outpatients. Addiction 2007; 102:271; Lussier JP, Heil SH, Mongeon JA, et al. A meta-analysis of voucher-based reinforcement therapy for substance use disorders. Addiction 2006; 101:192; Petry NM, Tedford J, Austin M, et al. Prize reinforcement contingency management for treating cocaine users: how low can we go, and with whom? Addiction 2004; 99:349; Petry NM, Barry D, Alessi SM, et al. A randomized trial adapting contingency management targets based on initial abstinence status of cocaine-dependent patients. J Consult Clin Psychol 2012; 80:276; Petry NM, Alessi SM, Barry D, Carroll KM. Standard magnitude prize reinforcers can be as efficacious as larger magnitude reinforcers in cocaine-dependent methadone patients. J Consult Clin Psychol 2015; 83:464; Petry NM, Alessi SM, Carroll KM, et al. Contingency management treatments: Reinforcing abstinence versus adherence with goal-related activities. J Consult Clin Psychol 2006; 74:592; McDonell MG, Howell DN, McPherson S, et al. Voucher-based reinforcement for alcohol abstinence using the ethyl-glucuronide alcohol biomarker. J Appl Behav Anal 2012; 45:161; Higgins ST, Budney AJ, Bickel WK, et al. Incentives improve outcome in outpatient behavioral treatment of cocaine dependence. Arch Gen Psychiatry 1994; 51:568; Petry NM, Martin B. Low-cost contingency management for treating cocaine- and opioid-abusing methadone patients. J Consult Clin Psychol 2002; 70:398; Petry NM, Martin B, Cooney JL, Kranzler HR. Give them prizes, and they will come: contingency management for treatment of alcohol dependence. J Consult Clin Psychol 2000; 68:250; Peirce JM, Petry NM, Stitzer ML, et al. Effects of lower-cost incentives on stimulant abstinence in methadone maintenance treatment: a National Drug Abuse Treatment Clinical Trials Network study. Arch Gen Psychiatry 2006; 63:201; Prendergast M, Podus D, Finney J, Greenwell L, Roll J. (2006) Contingency management for treatment of substance use disorders: a meta-analysis. Addiction. 2006 Nov;101(11):1546-60.

[5] Pickard H. The instrumental rationality of addiction. Behav Brain Sci. 2011 Dec;34(6):320-1.

[6] Müller CP1, Schumann G. Drugs as instruments: a new framework for non-addictive psychoactive drug use. Behav Brain Sci. 2011 Dec;34(6):293-310; Brand R, Wolff W, Ziegler M.Drugs As Instruments: Describing and Testing a Behavioral Approach to the Study of Neuroenhancement. Front Psychol. 2016 Aug 17;7:1226; Lende DH, Smith EO.Evolution meets biopsychosociality: an analysis of addictive behavior. Addiction. 2002 Apr;97(4):447-58; Sullivan RJ, Hagen EH. Psychotropic substance-seeking: evolutionary pathology or adaptation? Addiction. 2002 Apr;97(4):389-400.

[7] Khantzian EJ. Psychological (structural) vulnerabilities and the specific appeal of narcotics. Ann N Y Acad Sci. 1982;398:24-32; Khantzian EJ. The self-medication hypothesis of substance use disorders: a reconsideration and recent applications. Harv Rev Psychiatry. 1997 Jan-Feb;4(5):231-44¸

[8] Khantzian EJ. The self-medication hypothesis of addictive disorders: focus on heroin and cocaine dependence. Am J Psychiatry. 1985 Nov;142(11):1259-64.

User Avatar

Stefano Canali

Read Previous

Mindfulness, regolazione delle emozioni e dipendenze

Read Next

Ristrutturare l’elaborazione della ricompensa con tecniche mindfulness nelle dipendenze

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *