Come si costruisce una dipendenza patologica. Determinanti nella vulnerabilità al disturbo da uso di sostanze in età evolutiva

La conoscenza dei fattori che concorrono a determinare la vulnerabilità, il rischio di sviluppare un rapporto problematico con sostanze psicoattive legali e droghe illecite è un elemento fondamentale nella clinica e soprattutto nella prevenzione dei comportamenti d’abuso e delle dipendenze.

Come per ogni altri disturbo somatico e comportamentale i determinati della vulnerabilità e del rischio di ammalarsi sono fattori complessi, che dipendono da insiemi di processi situati su diversi ma interagenti piani causali. Sono peraltro insiemi di processi di carattere storico in quanto costantemente sottoposti all’azione di cause che cambiano nel tempo su un substrato biologico e psicologico in divenire, e in certe fasi, come l’età evolutiva, attraversato da drammatiche e delicate ristrutturazioni.

Di conseguenza, per poter dar conto delle traiettoria di sviluppo che possono contribuire all’insorgenza del disturbo da uso di sostanze o alla dipendenza, e riuscire quindi a indirizzare al meglio misure terapeutiche e di prevenzione, è importante adottare un approccio esplicativo articolato e integrato, dai geni, al comportamento, all’ambiente[1].

 

Dalla genetica all’epigenetica

Il primo livello di vulnerabilità è inscritto ovviamente sul piano genetico. Gli studi sui gemelli indicano che il carico genetico di ereditarietà della dipendenza va da 30 al 70%, dipendentemente dalle diverse sostanze[2], anche se la gran parte delle influenze genetiche sull’abuso di sostanze sembra essere condiviso dai vari tipi di agenti psicotropi[3]. In questo post tuttavia affronteremo gli aspetti legati allo sviluppo, i quali, sebbene guidati dalle istruzioni del patrimonio genetico sono largamente modulati dai fattori ambientali, dalle esperienze, dagli stessi comportamenti di un individuo. La rivoluzione epigenetica degli ultimi decenni ha infatti messo in luce il complesso straordinariamente vasto dei fattori e dei processi attraverso cui l’informazione genetica viene, decodificata, tradotta e usata per costruire un organismo e le sue funzioni, compreso il comportamento e il modo in cui l’ambiente e la stessa storia dell’organismo influenzano l’effettiva espressione dei geni. Inoltre, le dinamiche epigenetiche, le esperienze in età evolutiva, i fattori ambientali e anche le relazioni sociali convergendo nella modulazione dei complessi genici associati al fenotipo delle dipendenze possono addirittura funzionare come mediatori della trasmissione ereditaria del tratto comportamentale attraverso le generazioni[4].

 

Stress in età evolutiva e vulnerabilità per le dipendenze in età adulta

Joseph Raphael, Due ragazzi belgi, 1920 ca.

Ormai da oltre due decenni è noto, ad esempio, che l’esposizione allo stress nel periodo prenatale o in quello della prima infanzia aumenta il rischio di dipendenza negli animali[5]. Studi su animali e soggetti umani hanno dimostrato che l’esposizione allo stress nelle prime fasi della vita sensibilizza l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene[6], il sistema che media la risposta neuroendrocrina nello stress e nelle emozioni intense. La sensibilizzazione rende questo asse funzionale più reattivo agli stimoli ambientali, abbassando così la soglia di attivazione e il carico di stress vissuto. L’associazione tra carico di stress e uso problematico di sostanze è una delle correlazioni più evidenti e studiate tra i fattori dello sviluppo e la vulnerabilità alle dipendenze[7].

Lo stress nelle prime fasi della vita, inoltre, aumenta l’attività della dopamina nello striato e la diminuisce sulla corteccia cerebrale[8]. Sono alterazioni funzionali che favoriscono lo stabilirsi delle dipendenze, in quanto l’attività dopaminergica nello striato è uno degli elementi determinanti nella costruzione di comportamenti compulsivi inizialmente associati a ricompensa. Mentre al contrario l’attività corticale attenuata diminuisce la naturale azione di freno sui centri sottocorticale, tra cui appunto lo striato, da cui erompe il desiderio dell’uso e l’effettivo consumo compulsivo.

La plasticità del cervello e del fenotipo comportamentale resa possibile dai processi epigenetici è tuttavia anche in grado di mitigare gli effetti patogeni dello stress in età evolutiva. Studi indicano che ambienti arricchiti, socialmente e cognitivamente stimolanti, e le cure materne riducono i rischi di abuso di sostanze in animali esposti allo stress[9].

L’ambiente e le esperienze in età infantile, come dimostrato dagli studi su gemelli, sembrano mitigare anche l’espressione dei geni associati all’abuso di droghe e sostanze psicoattive nell’uomo, come certi polimorfismi dei recettori della dopamina, dei trasportatori della serotonina e delle monoaminossidasi (gli enzimi che degradano neurotrasmettitori aminergici come la dopamina e la serotonina) e dei recettori per la corticotropina[10].

 

La modulazione ambientale protettiva dei carichi genetici per le dipendenze

Dunque I fattori di rischio genetico per le dipendenze tendono a manifestarsi laddove, in età evolutiva, si presentano condizioni ed esperienze associate a stress, come traumi, separazione dei genitori, abusi, comorbidità psichiatrica e così via. Ma al contrario, un carico genetico per il disturbo da uso di sostanze può essere alleviato da fattori ambientali ed esperienze che sembrano avere una funzione protettiva, come il matrimonio, la nascita di un figlio, la spiritualità, il coinvolgimento in attività prosociali[11].

 

L’influenza dei fattori genetici e ambientali di rischio varia nel corso dello sviluppo. Un fatto ormai definitvamente acclarato sembra essere il peso dell’età della prima esposizione alle sostanze. Il rischio di sviluppare in seguito un disturbo da uso di sostanze e una dipendenza è tanto più elevato quando più precoce è stata l’esposizione alle droghe[12].

Allo stesso modo, scientificamente evidente, è il fatto che l’adolescenza sia la fase più critica per lo sviluppo e l’esordio del disturbo da uso di sostanze[13].

 

L’adolescenza come periodo critico nello sviluppo di disturbi legati all’uso di sostanze

Nel corso dell’adolescenza gli individui si trovano a dover fronteggiare una lunga serie di trasformazioni, sfide e stimolazioni associate alla pubertà, al cambiamento dei contesti sociali e ambientali di riferimento e all’acquisizione di quelle abilità necessarie per la graduale conquista dell’autonomia. Purtroppo questa delicata fase si realizza in un momento della storia ontogenetica assai problematico, caratterizzato da improvvise e radicali trasformazioni fisiologiche e anatomiche che rendono gli adolescenti degli organismi in un «cronico stato di rottura dell’omeostasi»[14]. L’incompiutezza strutturale e funzionale, il riassetto costante di equilibri biologici riformulati e per questo intrinsecamente fragili sono alla base dei profili comportamentali tipici degli adolescenti.

Il cervello adolescente è un sistema estremamente dinamico e plastico. Teatro e allo stesso tempo attore di imponenti e rapidi cambiamenti strutturali e funzionali, il cervello adolescente vive questa accelerazione neuroplastica, il percorso di maturazione cerebrale, fino, circa, a oltre i venti anni di età[15].

Per quanto riguarda la vulnerabilità verso le dipendenze l’aspetto più problematico della maturazione del cervello è la disparità tra i ritmi di sviluppo delle aree cerebrali più coinvolte dal rapporto con le sostanze.

Durante l’adolescenza le aree responsabili delle attività inibitorie e dell’autocontrollo, tra cui la corteccia prefrontale, devono ancora completare lo sviluppo e la loro capacità funzionale è quindi relativa[16]. Nella stessa fase tuttavia tra cui la corteccia prefrontale risultano pienamente formate e anche particolarmente eccitabili centri e vie profonde, come il sistema limbico, perno funzionale dell’affettività, dei comportamenti impulsivi e consumatori, della mediazione del piacere, della ricompensa e quindi dei processi motivazionali[17].

In aggiunta, e più specificamente, l’attività dopaminergica (che sostiene le motivazioni e i comportamenti associati alle ricompense e che è il bersaglio delle sostanze d’abuso) è più elevata in adolescenza, rispetto all’infanzia e all’età adulta[18], rendendo così gli individui che attraversano questa fase molto sensibili alle ricompense immediate. Allo stesso tempo, nell’adolescenza risultano ridotte le connessioni glutammergiche dalla corteccia alle strutture del cervello emotivo/appetitivo/consumatorio (amigdala,accumbens, striato), le vie che dovrebbero agire da freno e inibire i comportamenti di consumo compulsivo, come quelli implicati nelle dipendenze[19].

Per queste ragioni è possibile descrivere gli adolescenti come macchine sportive con un difetto ai freni[20]. Così, nell’adolescenza, il comportamento degli individui risulta segnato da elevata reattività emotiva, grande impulsività, ricerca del rischio, elevata sensibilità verso le ricompense, difficoltà a inibire i comportamenti appetitivi e consumatori. Questi tratti comportamentali sono evidentemente fattori di rischio per l’abuso di sostanze psicoattive e droghe illegali e per questo l’adolescenza è un periodo cruciale per lo sviluppo di disturbi legati all’uso di sostanze.

 

L’impulsività e la ricerca del rischio come possibili tratti adattativi

Se tuttavia guardiamo a questi tratti comportamentali in una prospettiva più ampia ed evoluzionistica, è tuttavia possibile immaginarne anche alcune valenze adattative. Sarebbe altrimenti impossibile spiegare come mai la selezione naturale che vaglia strutture e funzioni in grado di contribuire alla sopravvivenza dell’individuo e della specie non abbia eliminato questi tratti potenzialmente patogeni o mortali nel corso della storia della nostra specie.

Nella storia della specie umana, l’adolescenza è la fase che porta alla maturazione sessuale, all’indipendenza, al distacco dai genitori, dalla famiglia, alla ricerca di un partner e alla riproduzione, impegni associati a rischi e ricompense e legati alla ricerca della novità, a una certa dose di impulsività e irrazionalità. Dal punto di vista evolutivo, dunque la ricerca del rischio, l’impulsività degli adolescenti ha giocato un ruolo adattativo. Oggi, però, i cambiamenti culturali e sociali intervenuti negli ultimi secoli, nonché la moltiplicazione delle ricompense potenziali e dei possibili rischi, come quelle associati al consumo delle molte e diverse sostanze psicoattive, rendono problematiche queste propensioni codificate nel repertorio comportamentale della nostra specie.

A complicare il quadro della vulnerabilità degli adolescenti al disturbo da uso di sostanze c’è inoltre la loro più elevata reattività agli stimoli stressanti, dimostrata da vari studi di brain imaging[21] e l’intervento dei radicali cambiamenti ormonali che si riflette direttamente sui processi di potatura delle sinapsi con cui viene modellato in queste fase di intensa maturazione nervosa[22].

Stefano Canali

 

Riferimenti bibliografici

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