La Coca divina pianta degli Inca

La cocaina è il principale alcaloide della foglia di coca, Erytroxylon coca, una pianta, della famiglia delle linacee che cresce oltre i 2 mila metri nell’America latina. Reperti archeologici scoperti nelle Ande centrali testimoniano come l’essere umano abbia cominciato a masticare le foglie di questa pianta in epoche precedenti al 2500 a.C. Ceramiche e graffiti, invece, ne documentano l’uso a scopo anestetico nel 1500. La miscela di succo e saliva ottenuta dalla masticazione delle foglie veniva applicata sulle zone da operare chirurgicamente. Alcuni paleopatologi suggeriscono che le operazioni di trapanazione del cranio, attestate da moltissimi reperti antropologici, fossero eseguite in anestesia locale attraverso questa singolare miscela.

La pianta della coca ha avuto un’importanza enorme per tutte le civiltà andine. Lo aveva già compreso un amministratore spagnolo dell’impero Inca, che nel 1600 era giunto ad affermare che senza questa pianta non sarebbe esistito il Perù. La coca è senza dubbio uno degli elementi più rappresentati nell’arte e nella manifattura andina precolombiane. Protagonista principale di tutti i numerosissimi miti d’origine con i quali si raccontavano le vicende leggendarie della fondazione delle varie civiltà andine, la coca costituiva la pianta per eccellenza, la classe paradigmatica dell’intero regno vegetale, come attestavano i significati stessi della parola. Nel linguaggio della civiltà Tiahuanaca, ad esempio, la parola coca significava semplicemente pianta o albero.

La coca aveva un posto particolare nell’olimpo Incaico. Essa era il dono che il dio Sole aveva fatto a suo figlio, Manco Capac, mitico fondatore dell’impero Inca per alleviare le sofferenze umane ed infondere vigore alla nuova civiltà. Un mito narrava che il primo Inca, una volta riassunto in cielo, aveva voluto ribadire al suo successore al trono, Sinchiroca, l’importanza della coca per la completa fioritura della civiltà peruviana, facendo apparire il suo volto su un arbusto in fiamme. La coca aveva quindi natura divina e rappresentava lo strumento per ottenere forza, resistenza, felicità e stimolo alla riproduzione. La Venere Incaica veniva infatti riprodotta con un ramoscello della pianta tra le braccia, a testimonianza del fatto che gli Incas conoscevano bene le proprietà afrodisiache della “pianta delle piante”. La sacralità del vegetale, elemento essenziale di ogni amuleto, era ribadita addirittura dall’abbigliamento del figlio del sole, l’imperatore. Esso portava a tracolla, sulla spalla sinistra, la chuspa, una borsa che veniva usata per conservare e trasportare le foglie di coca, offerte al dio sole nelle cerimonie propiziatorie. Il rituale prevedeva inoltre che l’offerente doveva avvicinarsi all’altare tenendo foglie in bocca. Queste erano poste sulla bocca dei morti prima della sepoltura e una chuspa piena accompagnava immancabilmente i defunti nel faticoso viaggio verso l’aldilà.

Manco Capac, First Inca, 1 of 14 Portraits of Inca Kings, Probably mid-18th century. Oil on canvas. Brooklyn Museum

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Stefano Canali

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One Comment

  • Fate conoscere.
    Le mafie vanno abbassate!

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