Abitudini e dipendenze. Esiste un’associazione?

Mykhailo Andriienko-Nechytailo, Una persona, 1971

Sebbene spesso vituperate e talora giustamente considerate ostacolo al cambiamento, le abitudini sono in realtà un formidabile strumento di adattamento. Le abitudini sono schemi appresi di risposta a stimoli o situazioni ambientali che si presentano frequentemente, ovvero anche azioni strumentali deliberate che diventano automatiche e talora inconsapevoli in virtù di un numero sufficiente di ripetizioni.

In entrambi i casi abbiamo a che fare con comportamenti che tendenzialmente si realizzano senza una consapevole decisione e in larga parte dei casi per effetto di stimoli innesco a loro associati durante l’apprendimento. Per questa ragione, uno dei vantaggi delle abitudini è il fatto che liberano risorse cognitive per compiti più impegnativi o più importanti per il soggetto, come confrontarsi con una nuova cosa, affrontare un imprevisto, gestire un’emozione insorgente e così via. Ed è noto che le risorse cognitive che sostengono i processi computazionali con cui codifichiamo/decodifichiamo l’ambiente, controlliamo e riadattiamo costantemente il comportamento, con cui prendiamo decisioni o inibiamo le spinte impulsive e le reazioni emotive, sono limitate, soggette a un elevato consumo e tendenti a scaricarsi con l’uso[1].

Tuttavia, quando il risultato delle risposte abituali apprese non è più un obiettivo desiderato, l’associazione stimolo-risposta appresa, l’abitudine, dovrebbe poter cadere, estinguersi, dovrebbe poter essere disimparata. Purtroppo questi tipi di comportamenti appresi sono molto forti, Si tratta di memorie implicite e procedurali estremamente persistenti perché fissate nei centri profondi del cervello, come lo striato. E l’attività di questi centri è correlata agli automatismi, alle sequenze comportamentali che si attivano e si svolgono senza il diretto intervento della volontà e della coscienza, come ad esempio le azioni con cui guidiamo l’automobile o eseguiamo un gesto sportivo complesso.

Dipendenze come abitudini estreme?

Le dipendenze rappresentano una delle molte forme, certamente tra quelle più problematiche, che possono assumere le risposte abituali apprese. Si potrebbe per molti versi dire che queste condizioni costituiscono il paradigma estremo delle abitudini. E le dipendenze sono peraltro abitudini in cui entra in gioco l’alterazione del sistema della ricompensa, sono risposte abituali apprese perché collegate all’ottenimento di una ricompensa, di un piacere, in virtù cioè dell’azione di un rinforzo, in questo caso l’azione gratificante delle droghe e delle sostanze psicoattive. Tutte queste sostanze infatti, dal tabacco, all’alcol, dalla morfina all’eroina, causano un rilascio forzato di dopamina nel nucleus accumbens, un centro profondo del cervello affettivo. E la dopamina è il neurotrasmettitore che media due aspetti fondamentali nei comportamenti finalizzati i quali si trasformano in azioni abituali e anche automatiche. Durante l’apprendimento di un comportamento strumentale, ad esempio fumare le prime volte e imparare come accendersi una sigaretta, tirare, aspirare e assaporare il fumo, la dopamina sembra mediare la gratificazione, la ricompensa, l’esperienza del piacere. In questo modo motiva l’individuo a ripetere l’azione per riattivare l’esperienza del piacere. Ma la dopamina sembra sostenere anche i processi neurobiologici che permettono la costruzione dell’apprendimento, delle associazioni alla base dell’abitudine al fumo. La sua azione favorisce la fissazione dei circuiti che codificano le associazioni tra l’esperienza gratificante, i gesti necessari a consumare la sostanza, gli altri stimoli concomitanti o contingenti, ad esempio la fine di un pasto, il caffè, l’odore del fumo, una certa ora, una certa azione (per esempio accingersi a un compito complicato), un certo stato emotivo o fisiologico. In questo apprendimento viene costruito un circuito complesso che tiene uniti tutti questi circuiti neurali reclutati. Per questo, poi, quando una qualunque parte di questo circuito viene attivato (da uno stimolo percettivo, da uno stato affettivo, da una memoria, ecc.) tende a partire automaticamente la sequenza comportamentale appresa e ci si può ritrovare ad accendersi una sigaretta senza aver realmente deciso. Ciò spiega come ma le dipendenze possono essere abitudini ancora più difficili da disimparare delle altre risposte abituali apprese, anche se è vero che gran parte delle nostre abitudini hanno anche a che fare con una qualche forma di ricompensa (che ad esempio può essere anche solo attenuazione di un’ansia), soprattutto nella fase più o meno lunga in cui vengono apprese e fissate.

Per le persone con disturbi da uso di sostanze la difficoltà a superare o inibire le risposte abituali a stimoli associati con la loro dipendenza rappresenta il determinante centrale dei rischi di ricaduta.

I soggetti con dipendenza imparano più velocemente le abitudini e ne hanno di più numerose e persistenti

Gli studi su centri profondi delle abitudini negli animali dimostrano che l’ auto-somministrazione cronica di sostanze psicoattive, cioè il modello sperimentale di tossicodipendenza, correla con una maggiore capacità di apprendimento di risposte abituali apprese indipendenti dai comportamenti associati alla ricerca della sostanza.

Theresa McKim, Daniel Bauer, e Charlotte Boettiger della University of North Carolina hanno provato a verificare se questa correlazione tra dipendenze e propensione a fissare abitudini esiste anche per gli uomini[2]. Per rispondere a questa domanda, hanno utilizzato un particolare compito visuomotorio di apprendimento e riapprendimento stimolo-risposta che permetteva di misurare il grado di abitualità della risposta. I risultati ottenuti con questo test sembrano suggerire che i soggetti con storia di dipendenza imparano nuove associazioni stimolo risposta allo stesso modo di un gruppo di soggetti di controllo. La dipendenza sembra inoltre essere associata a una tendenza a rispondere meglio, con meno errori e con maggiore velocità, al compito stimolo-risposta. Infine i soggetti con storia di dipendenza presentano un maggior numero di errori quando sottoposti a un compito di riapprendimento dell’associazione. Quando cioè gli sperimentatori modificavano le associazioni stimolo-risposta, proponendo così un nuovo schema di comportamento rispetto a certi stimoli, i soggetti con dipendenza tendevano a rispondere secondo quanto imparato con il vecchio compito associativo, tendevano cioè a mantenere la vecchia risposta abituale.

Questo studio, quindi, suggerisce di indagare in modo più sistematico di quanto fatto sinora sul possibile legame tra uso problematico di sostanze, dipendenza e fattori di personalità, esperienze o elementi ambientali che predispongono gli individui a sviluppare più facilmente e più fortemente risposte abituali apprese. Comprendere come ridurre la quota di abitudini che apprendiamo anche inconsapevolmente, oppure come renderle meno forti e superarle garantirebbe la possibilità di margini di libertà più ampi per tutti, considerato che in generale ogni abitudine può trasformarsi in una limitazione di libertà, in un comportamento più rigido o anche in una forma di dipendenza, talora distruttiva e disturbante come quelle causate dalle sostanze.

Stefano Canali

Riferimenti bibliografici

[1] Baumeister RF, Bratslavsky E, Muraven M, Tice DM. Ego depletion: is the active self a limited resource? J Pers Soc Psychol. 1998;74(5):1252-65.

[2] McKim TH, Bauer DJ, Boettiger CA. Addiction History Associates with the Propensity to Form Habits. J Cogn Neurosci. 2016 Mar 11:1-15.

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